qualcosa che atterrisce, paura, sorpresa non piacevole, un grosso problema, un momento difficile da superare, una forte umiliazione; soprattuto nella locuzione «vedere / far vedere i sorci verdi» che significa rispettivamente subire o causare a qualcuno una situazione estremamente spiacevole; meno diffusamente, qualcosa che desta meraviglia.
Se siamo un Paese unito possiamo fare vedere i sorci verdi anche agli altri.
Romano Prodi, 1996
Sembra derivi da un antico modo di dire romanesco, «far vedere i sorci verdi», nel senso di stupire, far vedere qualcosa di eccezionale[1] (chi ha mai visto, infatti, dei sorci di colore verde?) A rendere celebre questo detto fu la 205ª Squadriglia da bombardamento della Regia Aeronautica italiana, denominata appunto “Sorci Verdi” e che nel 1936 adottò come effigie appunto tre topini verdi dall’aria allegra, ritti sulle zampe posteriori, due dei quali apparentemente intenti a conversare:
Il nome dei “Sorci Verdi” e il relativo distintivo, disegnato dal sottotenente Aurelio Pozzi nel marzo del 1937, furono scelti appunto a sottolineare l’eccezionalità delle imprese della squadriglia:[1]
Sorci verdi! Chi ha mai visto sorci di questo colore? Sono cose straordinarie, cose meravigliose quelle che vogliono mostrarci. I portentosi apparecchi scivoleranno come saette sulle vie dei cieli, divoreranno le distanze, mordendo l’aria con i denti aguzzi dei loro motori e giungeranno alla mèta, oh, sì, vi giungeranno senza ombra di stanchezza…[2]
A suggerirlo fu una battuta attribuita al capitano Bruno Mussolini (pilota del velivolo S.79CS I-BIMU) in risposta a coloro che criticavano i velivoli Savoia-Marchetti S.79 “Sparviero”:
Storcete pure il naso. Quando gli S.79 cominceranno a volare, vi faremo vedere i sorci verdi».[3]
Un articolo della Rivista di Monza de 1938 attribuisce invece la battuta al colonnello Attilio Biseo, copilota con Mussolini del S.79 I-BIMU:
Si era all’epoca della guerra d’Etiopia, e si attendevano le consegne dei nuovi trimotori da bombardamento. Alcuni aviatori erano perplessi, discutevano le caratteristiche dall’apparecchio e il possibile rendimento. Biseo allora uscì a dire vedrete i «sorci verdi ». E a quelli che non capiva — spiegò: Avete mai visto i «sorci verdi»?
Comunque sia, entrambe le versioni confermano l’accezione di “meraviglia”, più che di minaccia o terrore, dell’espressione “sorci verdi”. In effetti la squadriglia, composta di sei S.M.79 e due Fiat BR.20A, si distinse subito in una competizione internazionale, la corsa aerea Istres – Damasco – Le Bourget dell’agosto 1937 nella quale tutti gli otto aerei italiani si aggiudicarono gli otto primi posti. Sulla scorta di questo successo 7 settembre 1937 il generale Valle dispose che il simbolo dei “Sorci Verdi”, «contrassegnante i velivoli che parteciparono alla gara aerea internazionale Istres-Damasco-Parigi» fosse esteso a tutto il 12º Stormo Bombardamento Terrestre della III Squadra aerea, del quale la 205ª squadriglia faceva parte. Un’altra tesi fa risalire il nome alla guerra civile spagnola, durante la quale l’Italia offrì supporto logistico e tattico alle truppe guidate da Franco. Aurelio Pozzi avrebbe disegnato i tre topi dopo aver udito un sottufficiale della Regia Aeronautica esclamare in dialetto romano: «Domani annamo su Barcellona e je famo vede li sorci verdi!» Tuttavia ciò è improbabile, in quanto i bombardamenti italiani su Barcellona avvennero tra il 16 ed il 18 marzo del 1938, mentre è documentato che il logo dei tre topi verdi era utilizzato già almeno dal marzo 1937.
Nel gennaio 1938 tre degli degli S.M.79CS “Sorci Verdi” opportunamente modificati presero parte ad una nuova impresa, la trasvolata atlantica Guidonia – Dakar – Rio de Janeiro, registrando una velocità media poco superiore ai 400 km/h. L’eco di questi successi ebbe risonanza mondiale e la propaganda fascista diede molto risalto alle imprese dei “Sorci Verdi” (anche perché il pilota Bruno Mussolini era figlio del dittatore Benito), tanto che fu loro dedicata persino una canzone, pubblicata su disco 78 giri da La Voce del Padrone:[4]
O gente che venite da lontano
e state i nostri cieli ad ammirare
vi sembrerà di certo molto strano
vedere per l’aria i Sorci Verdi andare a passeggiare!!!
I Sorci Verdi, sanno volare,
pel cielo azzurro sopra i monti e sopra il mare
vanno pel mondo che confini più non ha
i Sorci Verdi mai nessun li fermerà…
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale il XII Stormo “Sorci Verdi” fu impiegato in vari teatri di guerra nei quali confermò la propria efficienza: il simbolo dei “Sorci Verdi” fu quindi in seguito associato (complice certamente la propaganda) alla vittoria schiacciante, alla sopraffazione del nemico. Nacquero così i modi di dire «far vedere i sorci verdi», con il significato figurato di far passare un “brutto quarto d’ora” a qualcuno, e «vedere i sorci verdi» ossia essere sul punto di subire qualcosa di veramente spiacevole, richiamando l’idea di chi, vedendo sopraggiungere il famigerato simbolo sulla fusoliera dei bombardieri, capisce che la situazione si sta facendo difficile.
Foto in alto: il Savoia Marchetti SM.79 I-BRUN che nel 1938 effettuò la trasvolata atlantica pilotato da Bruno Mussolini e da Mancinelli. Sopra l’equipaggio in posa si vede lo stemma dei tre “sorci verdi”.
- [1]Spinosa, Antonio I figli del Duce. Rizzoli, 1983. Pag. 124.↩
- [2]Il Ponte:rivista mensile di politica e letteratura. La Nuova Italia, 1952. Volume 8, pag. 1432.↩
- [3]Mussolini, Romano Il Duce mio padre. Rizzoli, 2004. Pag. 117.↩
- [4]Ceccato, Arnaldo Trucioli della memoria. Ministorie del novecento SBC Edizioni, 2011. Pag. 44.↩
- Castoldi, Massimo e Ugo Salvi Parole per ricordare — Dizionario della memoria collettiva. Bologna: Zanichelli, 2003. Pag. 366. ISBN 88–08–08878–2
- Keranenb, J., A. Brioschi, P. Miana SIAI Lost archives Vol. I : “Sorci Verdi” (2014)
- Lingua Contemporanea, Sansoni, 1943. Pag. 108.