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xerocopia

In dizionario di Silvio DellʼAcqua

copia xerografica, fotocopia (1963): copia ottenuta mediante xerografia, procedimento elettrostatico di stampa a secco utilizzato nella riproduzione (fotocopiatura) dei documenti, alla base del funzionamento delle fotocopiatrici elettrofotografiche.

I discorsi, le relazioni, i rapporti del Concilio Ecumenico in Vaticano vengono riprodotti in xerocopia.

da Epoca,  Milano 1 Marzo 1964 (Vol LIV) pag. 20.

Deriva dall’abbreviazione di “copia xerografica”, da xerografia (nome della tecnica di riproduzione, in inglese xerography),  a sua volta dal greco Xeròs (ξερος), “secco”, per distinguerla dai processi precedentemente utilizzati come la mimeografia o ciclostile che richiedevano soluzioni acquose. Il termine xerography fu coniato dalla Haloid Photographic Company di Rochester (New York), che nel 1947 aveva ottenuto la licenza per produrre macchine riproduttrici basate sul metodo elettrofotografico inventato e brevettato dal fisico ameriano Chester Floyd Carlson (1906 – 1968). Tale processo era stato inizialmente chiamato electrophotography ma l’azienda ritenne che fosse troppo complesso e di scarso appeal commerciale; così – consultato un professore di lingue classiche all’università statale dell’Ohio che suggerì il greco Xeròs – la Haloid, d’accordo con Carlson, decise di chiamare il processo xerography, da cui xerocopy. Nel 1948 la Haloid registrò il nome Xerox come marchio commerciale (che deriva quindi dal nome comune, e non viceversa) per le proprie macchine copiatrici, nome ispirato a quello della Kodak che termina anch’esso con la stessa lettera con cui inizia. Nel 1951, poi, l’azienda stessa cambiò il nome in Haloid Xerox e nel 1961 definitivamente in Xerox.

Xerox 914

La Xerox 914, nota come “Ox Box”, fu la prima copiatrice xerografica di grande successo.

L’avvento della xerografia cambiò radicalmente le abitudini di lavoro di moltissime persone, in quanto per la prima volta era possibile ottenere una copia da qualunque documento e non più solo da un originale appositamente preparato come nel caso del ciclostile. La diffusione delle macchine Xerox, in particolare della 914 del 1959 che fu definita dalla rivista Fortune il «il singolo prodotto di maggior successo di tutti i tempi», fu tale che lo stesso nome xerox divenne, per antonomasia, comune (anche in italiano) per le copie ottenute con il procedimento xerografico, allo stesso modo di kleenex per “fazzoletto di carta”:


Da un tavolo ha sottratto, per il tempo necessario a farne una xerox, l’articolo […] attorno a cui il comitato aveva discusso accesamente per ore.

in Belfagor – rassegna di varia umanità (rivista letteraria), 1989 (vol. 44). Pag. 346.

In italiano il vocabolo xerocopia arrivò nei primi anni ’60[1] con la diffusione delle prime fotocopiatrici commerciali e venne comunemente utilizzato per tutti gli anni 70 e ’80; fu poi gradualmente abbandonato per effetto della sostituzione con il più generico fotocopia, che aveva il vantaggio di non evocare un marchio registrato (Xerox®) ed essere quindi più liberamente utilizzabile, anche da altri produttori. Il termine fotocopia in realtà esisteva sin dal XIX secolo e, prima di divenire «correntemente, sinonimo improprio di xerocopia» (Zingarelli, 1983), indicava la copia in positivo ottenuta da un negativo fotografico: già nel 1895 si legge infatti sulla rivista Progresso fotografico che «Sinora non si conosce nessuna sostanza pel fissaggio delle fotocopie che tolga completamente il sale d’argento.»[2] Nelle moderne fotocopiatrici digitali il procedimento xerografico è sostituito da una combinazione di scansione e stampa laser o a “getto d’inchiostro”.
Pubblicità Xerox su La Stampa, 19 settembre 1963.

«È possibile sveltire l’ufficio? Basta la xerocopia»: pubblicità Xerox su La Stampa del 19 settembre 1963. È la prima volta che il termine xerocopia compare sul quotidiano.



  1. [1]Sul quotidiano La Stampa compare per la prima volta in un’inserzione pubblicitaria nel 1963.
  2. [2]Progresso Fotografico, 1895. (Anno II) Pag. 44