(neologismo) la fortuna, la sensazione, la capacità di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra. Deriva dalla italianizzazione del termine inglese serendipity, “parola d’autore” coniata nel XVIII secolo dallo scrittore inglese Horace Walpole, 4º Conte di Orford (1717 – 1797) e usata la prima volta in una lettera scritta il 28 gennaio 1754 a Horace Mann, un amico inglese che viveva a Firenze. La parola fu ispirata a Walpole dalla lettura della fiaba The Three Princes of Serendip nella quale i tre protagonisti, figli del re Giaffar di Serendip, trovano una serie di indizi che sono loro d’aiuto durante il cammino: scoperte descritte come intuizioni dovute sì al caso, ma anche all’acume e alla capacità di osservazione dei tre Prìncipi.
La fiaba citata da Walpole era la traduzione in inglese (attraverso una edizione francese) di un racconto italiano: Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo, scritto da Cristoforo Armeno e pubblicato a Venezia nel 1537 dall’editore Michele Tramezzino. Il libro di Cristoforo Armeno era a sua volta la traduzione dal persiano del primo capitolo, il “padiglione nero”, del Hasht-Bihisht (Gli Otto Paradisi), poema di Amir Khusrow (vero nome: Ab’ul Hasan Yamīn ud-Dīn Khusrau, 1253–1325 CE) scritto intorno al 1302. La parola serendipità deriva quindi dal paese di “Serendip” (Serendippo, in arabo Sarandīb) che è l’antico nome persiano dell’attuale Sri Lanka, a sua volta (attraverso il latino Serendivis) dall’antico nome tamil Cerentivu, isola dei Cheras (una tribù locale).[1]
Nella scienza si intende per serendipità il misto di casualità ed intuizione che porta il ricercatore a fare scoperte importanti mentre stava cercando altro. In economia la serendipità è una qualità riconosciuta, definita da Ikujiro Nonaka (professore emerito della Hitotsubashi University) come la capacità di «intercettare le riflessioni, intuizioni, impressioni personali dei singoli lavoratori e metterle al servizio dell’intera società, provandone l’efficacia nel contesto d’impresa» (“The Knowlege–Creating Company“, Harvard Businness Review (HBR), Nov.–Dic. 1991, p. 94).
- [1]Parameswaran, M. Early Tamils of Lanka — Ilankai Kuala Lumpur, 2000. P. 16. (Scribd)↩
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