nelle lingue amarico e tigrè significa “capo”, sia nel senso di “testa”, “sommità” o “promontorio”, che in quello di “comandante”, “capitano”; dalla medesima radice semitica di rais che in arabo e urdu significa “capo”. In Etiopia ras era il titolo più nobile della corte imperiale etiope, riservato dapprima ai capi feudali delle maggiori provincie e in seguito ai più alti dignitari dello stato, di rango inferiore solo al negus (il re) ed eventualmente al negus neghesti (“re dei re”, l’imperatore). Fu “importato” in Italia dall’Etiopia durante il periodo coloniale e diffuso sia nel significato originario (soprattutto nella cronaca, es. «I sentimenti dei ras abissini», Corriere della sera, 23 febbraio 1888, pag. 1) che in quello traslato ed in uso ancor oggi di “piccola autorità” (vera o sedicente) che si comporta in modo dispotico, esercitando il proprio potere a livello locale o all’interno di uno specifico ambiente: già il 10 gennaio 1897 la Rivista parlava di «ras della magna letteratura contemporanea» in una polemica con il Carducci.
L’«agente segreto» faceva il ras in un night (Corriere della Sera, 16 aprile 1966, pag. 8)
- Castoldi, Massimo e Ugo Salvi Parole per ricordare — Dizionario della memoria collettiva. Bologna: Zanichelli, 2003. Pag. 322. ISBN 88–08–08878–2
- “ras” in Vocabolario online, Treccani. Web.
- “ras” in Dizionario Sabatini–Coletti, Corriere Della Sera, Web.