Alba in Corea

Corea, il paese del calmo mattino

In Confini, Geografia insolita, Geopolitica, Storia di Alessio Lisi

Alba in Corea


1 – Alba in Corea

Rigogoli che a coppie svolazzate
Festosi, riconcorrendovi a vicenda,
Considerate me che sono solo.
Insieme a chi rifarò il mio cammino?

Antica poesia coreana[1]

Il mito vuole che Hwanung, figlio di Hwanim dio del Cielo, volesse vivere sulla Terra e insegnare la civiltà agli uomini. Scese quindi tra gli esseri umani con tremila seguaci e su consiglio del padre prese dimora sul monte T’aebaek, nel nord della penisola coreana, in un luogo dominato da un albero cresciuto su un altare sacro. Un’orsa e una tigre pregarono Hwanung affinché le trasformasse in umane, ma la divinità volle prima metterle alla prova: diede loro da mangiare un fascio d’assenzio incantato e venti spicchi d’aglio con l’obbligo di stare chiuse cento giorni in una caverna senza mai poter uscire. Solo l’orsa vinse la prova e fu trasformata in donna; ella non avendo un marito pregò sotto l’albero dell’altare sacro di avere un figlio. Hwanung cambiò quindi le proprie sembianze e si unì alla donna-orso che diede alla luce un figlio chiamato Tan’gun Wanggŏm. Nel 2333 a.c. Tan’gun fondò la città di P’yŏngyang, e chiamò il suo paese Choson ossia “calmo mattino”. Il mito trasmesso dal monaco buddista Iryon (1206 – 1289) affonda le sue radici molto indietro nel tempo: l’orsa e la tigre infatti ricoprono un ruolo importante nelle tribù siberiane e dell’estremo oriente; il nome Tan’gun potrebbe essere connesso al termine Tangri (cielo) presente nelle lingue turche, mentre il carattere ung del nome Hwanung (sta sia per “maschio”, sia per “maestoso”) è omofono della parola kom che significa “orso”. Il termine Choson identifica tuttora la Corea per la popolazione del Nord, mentre quella del sud adotta il termine Han’guk (“Paese Han”): quando i coreani dei due Stati si incrociano utilizzano il termine uri nara,  ossia “il nostro paese”.

La penisola coreana e i due stati: la Corea del Nord o Repubblica Democratica di Corea (DPRK) e la Corea del Sud o Repubblica di Corea.

Corea deriva invece da Koryo che fu il nome della civiltà durante la dinastia Wang che va dal 918 al 1392. Questo periodo conosciuto come “Medioevo coreano” vide l’unificazione dei 2/3 della penisola sotto un’unica dinastia, dopo secoli di spartizione tra tre regni, e proprio come il Medioevo europeo fu tutt’altro che una semplice era di secoli bui. Il nome Koryo deriva però a sua volta da Koguryŏ, storico regno del nord della penisola che molto ha contribuito alla cultura coreana ed è tuttora ricordato con orgoglio per via della sua fiera opposizione alle ingerenze straniere. Al periodo Koryo seguì il periodo Choson (1392 – 1910) considerato il “Rinascimento coreano”. La nuova dinastia regnante degli Yi spostò la capitale a Seoul e lanciò un grandioso progetto di riscatto politico–culturale. Sotto il re Sejong (1418 – 1450), il sovrano più amato dai coreani, fu approntato il nuovo alfabeto han gul, che liberava i coreani dal secolare problema di adattare i caratteri cinesi alla propria lingua così diversa da quella del gigantesco vicino. Nel 1592 i coreani riuscirono a sconfiggere a caro prezzo un tentativo di invasione giapponese, ma pochi anni dopo finirono invischiati nella lotta cinese tra Ming e Qing: parteggiarono per la parte sbagliata e nel 1636, anche se non persero l’indipendenza, di fatto furono ridotti a stato vassallo dei Qing.[2] Mentre il mondo si apriva agli scambi commerciali internazionali la Corea si rinchiuse in se stessa, tanto da essere conosciuta in Europa come il “Regno Eremita”.

2 – Porta centrale del palazzo “Gyeongbokgung” a Seoul (XIV secolo), il più grande dei cinque grandi palazzi costruiti dalla Dinastia Chosun.

Re Sunjong di Corea indossa l'abito l'abito di corte dell'Impero Giapponese, 1910 c.a

3 – Re Sunjong di Corea con l’abito di corte (in stile europeo) dell’Impero Giapponese, 1910 c.a

Sul finire dell’Ottocento le tensioni politiche tra nazioni nella regione aumentarono: la rivolta religiosa del “tonghak” (scienza orientale) in Corea diede il là all’intervento militare cinese che fu annientato da quello giapponese. Sconfitti anche i russi nella famosa battaglia di Tsushima (con relativo shock dell’opinione pubblica occidentale per una nazione europea sconfitta per mano di una asiatica) i giapponesi proclamarono un protettorato sulla Corea. Il 22 agosto 1910 l’annessione diventò definitiva e il 29 agosto il re Sunjong abbandonò il trono: quel giorno è ricordato ancora oggi come “il giorno in cui scomparve la patria”. I coreani intrapresero una resistenza brutalmente soffocata dai giapponesi e costituirono un governo in esilio a Shangai; quando i nipponici invasero la Cina anche la lotta partigiana si spostò in Manciuria. A causa dei continui sconfinamenti in territorio sovietico e incidenti alla frontiera tra URSS, Cina e Corea, Stalin optò per una soluzione delle sue: nel 1937 migliaia di coreani furono trasferiti su ordine delle autorità in Kazakistan e altre limitrofe repubbliche sovietiche dove i loro discendenti tuttora risiedono. Nel mentre l’occupazione giapponese diventava sempre più feroce rasentando la pulizia etnica e imprimendo una ferita profonda alla popolazione coreana che non si è ancora rimarginata.

4 – Monumento alle “comfort woman” a Pusan, Corea del Sud (Getty).

Se nel 2016 il premier giapponese Shinzō Abe ha per la prima volta offerto scuse pubbliche per il periodo dell’occupazione, istituendo anche un fondo per le vittime, nel febbraio 2017 è bastata l’installazione a Pusan (in Corea del Sud) di una statua di bronzo raffigurante una comfort woman vicino al consolato giapponese per riaccendere le polemiche tra Giappone e Corea del Sud: per “comfort woman”, in coreano wianbu, si intendono infatti le duecentomila donne costrette a prostituirsi per l’esercito giapponese durante l’occupazione. A dir poco beffarda la storia delle relazioni tra i due paesi se si pensa che durante il periodo dei Tre Regni (300 circa – 668)[3] furono proprio gli intellettuali coreani a dare un contributo importante e decisivo allo sviluppo della civiltà giapponese. Finito il grande conflitto mondiale e iniziato lo sgombero delle truppe giapponesi, anziché un’amministrazione congiunta della penisola da parte di americani e sovietici si materializzò una divisione in due del paese: a nord Kim Il–sung, addestrato negli ambienti comunisti cinesi, organizzava un’amministrazione ispirata ai principi confuciani e socialisti, ben addestrata militarmente e con l’obiettivo di riunificare la penisola e recuperare la piena indipendenza (il che gli valse una vasta adesione popolare); a sud il potere ruotava intorno a Synghman Rhee, nettamente anticomunista tanto da non aver esitato a eliminare, anche fisicamente, i colleghi di fazione disponibili al dialogo con Kim Il sung. La situazione in Corea catturò subito l’attenzione americana, mentre l’URSS era distratta dal teatro europeo. Gli Stati Uniti ne approfittarono facendo approvare dall’ONU, nel 1948, una risoluzione che prevedeva elezioni nel Nord e nel Sud finalizzate alla costituzione di un’Assemblea nazionale. Kim Il–sung si rifiutò di accogliere i membri della commissione internazionale arrivata a P’yŏngyang per definire i dettagli delle operazioni di voto; le elezioni si tennero quindi solo al Sud nonostante imponenti manifestazioni di protesta. Il 15 agosto 1948 fu proclamata la Repubblica di Corea (RoK) a cui seguì il 9 settembre la nascita della Repubblica Democratica Popolare di Corea (DPRK).[4] La penisola coreana era ufficialmente divisa in due, separata da una linea di confine che correva grosso modo lungo la linea del 38° parallelo. Dopo un anno di piccoli scontri alla frontiera la guerra tra le due Coree scoppiò il 25 giugno 1950, e ancora oggi si discute su chi abbia aperto per primo le ostilità. L’avanzata nord–coreana fu netta, tanto che al 15 luglio solo una piccola porzione della penisola intorno alle città di Taegu e Pusan era ancora controllata dalla Corea del Sud. Con l’Unione Sovietica distratta, gli Stati Uniti fecero approvare dall’ONU un intervento militare da parte di una coalizione di 17 paesi in favore della Repubblica di Corea. Per scherzo della Storia gli Stati Uniti erano sicuri che dietro l’attacco del Nord ci fosse Stalin intento a fare le prove generali dell’attacco all’Europa; era vero il contrario ma l’hanno scoperto solo dopo la fine della Guerra Fredda.

Sbarco di Inchon, 15 settembre 1950

5 – Forze americane sbarcano a Inch’ŏn, 15 settembre 1950.

A settembre gli alleati sbarcarono a Inch’ŏn[5] e a Riwŏn,[6] oltre all’invio di paracadutisti a nord di P’yŏngyang, e respinsero i nordcoreani a ridosso del fiume Yalu al confine con la Cina. Le parti si erano rovesciate e ora erano i nordcoreani a essere in estrema difficoltà e costretti alla difensiva. A Novembre preoccupato dalla situazione Mao Tse tung intervenne nella disputa,[7] rovesciando sulla penisola un’immensa ondata di volontari a sostegno delle truppe nordcoreane[8] e mettendo in secondo piano la lotta contro i nazionalisti cinesi rifugiatisi su Formosa;[9] gli studiosi della Repubblica Popolare a oggi continuano a chiedersi se la mossa del “Grande Timoniere” sia stata o meno azzeccata. La Corea del Nord recuperò così il terreno perduto e si spinse nuovamente in avanti, occupando Seoul e arrivando fino a Wŏnju nel gennaio del 1951. Fu a questo punto che il generale MacArthur, l’eroe della vittoria sul Giappone, di fronte all’arretramento di 500 kilometri delle proprie armate iniziò a ipotizzare l’uso dell’arma atomica. Per il generale americano occorreva allargare il teatro di guerra alla Cina popolare, coinvolgere nella mischia anche i nazionalisti di Formosa e incidentalmente lanciare un bel po’ di testate atomiche sui nemici. C’è chi sostiene che questa prospettiva apocalittica fosse adottata da MacArthur con il solo fine di “tutelare” la propria immagine di generale vittorioso e non perchè la situazione lo richiedesse. A conferma di ciò il generale Matthew Ridgway, a comando dell’Ottava Armata, riprese l’iniziativa e respinse i cinesi fino a riconquistare Seoul. MacArthur dinanzi ai successi del collega diventò ancora più nervoso e continuò a minacciare la Cina insistendo per l’allargamento del conflitto; alla fine il presidente Truman decise di esonerarlo dall’incarico l’undici aprile del 1951.  Il fronte di guerra ritornò sulla linea di confine del 38° parallelo, dove è più o meno rimasto anche nei successivi due anni di guerra. L’armistizio giunse il 27 luglio 1953 a P’anmunjŏm, ristabilendo lo status quo pre–conflitto e lasciando la penisola in macerie e divisa. L’armistizio è tuttora in vigore perché non è mai stato firmato un trattato di pace; la zona di confine chiamata “zona smilitarizzata” è in realtà la striscia di terra con la massima densità militare al mondo.

Zona demilitarizzata della Corea, mappa della CIA del 1969.

6 – La “Zona Demilitarizzata” (DMZ) della Corea, in una mappa della CIA del 1969 (→alta risoluzione).

7 – Joint Security Area (JSA) a P’anmunjŏm, sul confine tra Corea del Nord e Corea del Sud, guardando verso nord. I padiglioni azzurri dell’ONU ospitano sale per riunioni congiunte e si trovano sulla linea di confine tra i due paesi, marcata da un cordolo in cemento. Si vede personale militare nordcoreano, sudcoreano e un singolo militare USA (di schiena, in primo piano). Sullo sfondo l’edificio nordocoreano noto come “Panmun–gak” (palazzo P’anmun).

Dopo l’armistizio la Corea del Nord conobbe un periodo di prosperità fino agli inizi degli anni Settanta. A poco a poco però emerse il fallimento della politica di non–allineamento e la stagnazione economica ha sprofondato il paese nel baratro. Nel 1994 alla morte del “Grande Leader” Kim Il–sung è succeduto il figlio Kim Jong–il; il regime dovette fare i conti con terribili carestie che causarono 2 milioni di morti e avviò il progetto nucleare come moneta di scambio per gli aiuti internazionali e come “polizza sulla vita”.[10] Con il nuovo secolo vi fu un timido avvicinamento a Seoul grazie alla Sunshine Policy del presidente sudcoreano Kim Dae–jung, che portò allo storico primo e finora unico incontro tra le due Coree nel giugno del 2000. La Sunshine Policy sudcoreana diede vita a delle iniziative economiche e progetti a gestione mista[11] e alla sfilata sotto un’unica bandiera da parte delle due Coree alle Olimpiadi di Sydney 2000 e Atene 2004.[12] Una volta insediatosi George W. Bush però la Corea del Nord fu etichettata come “stato canaglia” e membro dell’Asse del “Male” da parte della nuova amministrazione americana; i rapporti con la Corea del Sud si raffreddarono a seguito dell’elezione nel 2008 del conservatore Lee Myung bak e alla fine della Sunshine Policy. Nel 2011 alla morte del “Caro Leader” Kim Jong–il la gestione del regime è passata nelle mani del figlio Kim Jong–un, da molti dipinto come un “sempliciotto” destinato a essere una  marionetta dei militari e che invece ha saputo accentrare un potere ben maggiore di quanto ipotizzato.

Veduta di Pyongyang, Corea del Nord.

8 – P’yŏngyang, capitale della Corea del Nord. Sullo sfondo il monumento al partito dei lavoratori (Uwe Bodrecht).

Il paese vive tuttavia una situazione drammatica e basti pensare che al confine con la Cina si registrano sempre più casi di sconfinamento da parte dei militari nord coreani che si danno al furto per ragioni di sostentamento. Se infatti P’yŏngyang è la vetrina del regime e mostra una vitalità economica con tanto di caffetterie, il resto del paese è un’altra storia. Come ad Hamhŭng, seconda città per grandezza della DPRK, dove dopo la guerra furono inviati dalla Germania Est uno squadrone di geometri e muratori per ricostruire la città e per questo i suoi abitanti erano stati scherzosamente ribattezzati “hamungers”. Qui i russi costruirono negli anni Settanta un resort con l’intento di trasformare Hamhŭng nella loro “riviera romagnola” nordcoreana. Nel caso vogliate visitare il resort di Majong sappiate che attualmente manca l’acqua corrente e che a disposizione vi è solo una vasca e un secchio dove infilare una resistenza per scaldare l’acqua: non proprio il massimo per attrarre turisti.

9 – Il resort sovietico “Majon” ad Hamhŭng (Uwe Bodrecht),

Nonostante la grave situazione economica Kim Jong–un ha fatto costruire un impianto sciistico e un resort di “lusso” a Masik Ryong con l’intento di attirare turisti stranieri. Masik Ryong offre 120 stanze, ristorante, acqua calda tutto il giorno e diversi intrattenimenti oltre alle nove piste con pendenze fino al 30 per cento.  Kim Jong nam, il fratellastro del leader nordcoreano ucciso a Kuala Lumpur il 13 febbraio 2017, aveva efficacemente sintetizzato il dilemma del suo paese natio: «i dirigenti nordcoreani hanno le mani legate. Senza riforme l’economia nazionale finirà in bancarotta, ma le riforme comportano il pericolo che il sistema collassi». Al momento la Corea del Nord vive principalmente del carbone esportato in maggior parte in Cina e Malesia.

La Corea del Sud rimase sotto dittatura militare, praticamente ininterrottamente, fino al 1987. Paese poverissimo negli anni sessanta, mentre il Nord godeva di una relativa prosperità, si è allineato incondizionatamente agli USA adottando un liberismo sfrenato e in più imponendo un sistema di lavoro quasi schiavistico e militarizzato, sul modello di quello che il giapponese Nobusuke Kishi[13] impose nel Manciukuò. La Corea del Sud è oggi l’undicesima potenza economica mondiale e può vantare imprese di caratura internazionale come Samsung, Hyundai ed LG. Questo autentico miracolo economico però è stato raggiunto al prezzo di forti ricadute sociali: stress da competizione, morti da superlavoro, licenziamenti via SMS, aumento esponenziale di suicidi tanto da avere il triste primato tra i paesi industrializzati, emigrazioni dettate non da necessità ma dal desiderio di vivere in una società più tranquilla; arrivismo senza scrupoli. Se la Corea del Nord muore di fame per assurdo il Sud ha problemi di giustizia sociale e benessere. La Corea del Sud si professa intellettuale e meritocratica ma è invece spesso preda di accordi clientelari. Nel 2015 duecento professori universitari sono stati scoperti ad accumulare titoli accademici pubblicando a nome proprio libri altrui a cui avevano letteralmente cambiato solo la copertina e il tutto con la compiacenza degli editori. Per non parlare dello scandalo della presidente Park. Nel 2016 si è scoperto che Park Geun–hye, figlia del dittatore Park Chung–hee e prima donna a ricoprire il ruolo di presidente della Repubblica di Corea, era totalmente succube della sciamana Choi Soon–sil. A quanto pare la sciamana milionaria avrebbe convinto la Park dell’imminente crollo del regime del Nord e l’avrebbe spinta a riaccendere la rivalità ponendo del tutto fine alla “Sunshine Policy”; tra le altre cose stando all’indagine in corso avrebbe ottenuto tangenti grazie al suo ascendente sulla presidente. Infine le agenzie di stampa che sul vicino del nord alla meglio “gonfiano” le notizie, alla peggio riportano storie senza fonti. Il colmo si è raggiunto quando l’agenzia sudcoreana Yonhap News ha dato per morto il ministro nord coreano Hyon Yong–chol, colpevole a loro dire di essersi addormentato durante una parata militare, riferendo che la sua esecuzione era avvenuta con artiglieria pesante; peccato che dopo qualche giorno Hyon Yong–chol sia riapparso in pubblico vivo e vegeto. A conferma della sua potenza economica la Corea del Sud ha ospitato nel 1988 le Olimpiadi estive di Seoul e nel 2002 in collaborazione con il Giappone i mondiali di calcio, mentre sono in programma nel 2018 i XXIII Giochi Olimpici invernali a Pyeongchang. Il 2  Aprile 2017 a  Seoul è stata inaugurata la Lotte World Tower, che con i suoi 123 piani per 555 metri d’altezza si piazza al quinto posto della classifica mondiale vantando però sia il piano con il pavimento in vetro più alto del mondo sia la piscina più alta del mondo.

veduta di Seoul al tramonto con la Lotte World Tower (Corea)

10 – Seoul al tramonto con la Lotte World Tower (Teddy Cross).

Tutto questo è accaduto nella penisola coreana che occupa una superficie di 219.681 kilometri quadrati, di cui 120.538 amministrati a nord del 38° parallelo e 99.143 a sud. Circa il 70% della penisola è montuosa, mentre le scarse pianure sono concentrate a nord nei dintorni di P’yŏngyang e a sud nella regione del Chŏlla, che è infatti il principale centro di produzione alimentare. La fertilità di questa regione ha portato a un regime alimentare al sud basato su riso e spezie, mentre al nord la scarsità d’acqua costringe a coltivazioni di frumento, legumi e patate. I coreani hanno un legame molto sentito con le loro montagne: i più alti sono all’estremo nord il monte Paektu e all’estremo sud sull’isola di Cheju il monte Halla (entrambi vulcani spenti); al nord si dice che il monte Kumgang non possa essere dimenticato nemmeno in sogno; a sud sono celebri i monti Sŏrak, Ch’iak, Chiri, Songni e i monti T’aebaek. L’estate coreana è particolare. A luglio le correnti umide da levante causano intense piogge pari al 60% delle intere precipitazioni annue, ed è per questo che il periodo è detto changma chŏ’l ossia la stagione delle piogge. Agosto è il mese del gran caldo con punte di 35° ed è conosciuto per i tre picchi di caldo: ch’obok (primo caldo), chungbok (caldo di mezzo) e malpok (caldo finale). Se l’autunno è asciutto e regala colori meravigliosi grazie alle piante di acacia, l’inverno è particolarmente duro: a Seoul, situata alla stessa latitudine di Catania, si raggiungono temperature di -20°.

11 – Il monte Kumgang, parte dei monti T’aebaek, in una mappa turistica giapponese del 1939: mostra i villaggi, le attrazioni, le strade e le linee ferroviarie. Il Kumgangsan è conosciuto per la bellezza naturale e le vedute spettacolari ed è una delle poche aree della Corea del Nord visitabile da turisti stranieri.

Secondo Maurizio Riotto, professore di Lingua e Letteratura della Corea all’Università degli Studi L’Orientale di Napoli, la divisione tra Nord e Sud è sempre esistita, anche se i coreani di entrambe le parti non lo ammetteranno mai pubblicamente. Nella penisola coreana una cultura settentrionale e una meridionale sono distinguibili sin dal primo millennio a.C: dalla sepoltura dei defunti, alla lingua, al percepirsi come comunità nel corso dei secoli i coreani hanno sempre avuto significative divergenze. E se oggi la Corea del Nord continua a sostenere ideologicamente la riunificazione della penisola, al Sud si è sempre più freddi, se non apertamente ostili, sulla prospettiva. Qualcuno si è lanciato in calcoli sul costo della riunificazione affermando che sia materialmente insostenibile per le casse di Seoul. In tutto questo gli esuli nord coreani al Sud vivono di fatto ai margini della società e discriminati, con tanti saluti alla solidarietà nazionale.

"Arco della riunificazione" Pyongyang (Corea del Nord).

12 – “Arco della riunificazione” a P’yŏngyang, monumento alla ipotetica riunificazione della penisola coreana (Kok Leng Yeo)

Una voce enciclopedica dovrebbe terminare qui ma non ci si può non chiedere: «quale futuro attende la Corea?» Difficile dirlo ma di certo è poco plausibile ipotizzare una pacifica riunificazione. La questione coreana però ci riguarda tutti, perchè senza un accordo generale si rischia un nuovo conflitto di proporzioni disastrose. La Corea del Nord sta alzando l’asticella del deterrente nucleare sperando di convincere gli Stati Uniti a riconoscerle uno status che l’amministrazione americana non sembra disposta a concederle. Anzi, gli USA stanno vagliando tutti gli scenari compreso quello militare anche se qui l’affare si complica perché entrerebbero in gioco anche altre potenze come Cina, Russia,[14] Giappone e ovviamente Corea del Sud. Il primo rischio concreto di questa situazione è una corsa al riarmo nucleare. Storicamente i coreani sono stati un popolo pacifico che ha lottato fieramente solo per difendere la propria indipendenza e sarebbe assurdo che pagassero il prezzo più alto per via del grande gioco tra le potenze mondiali. Per il bene dei coreani, e dell’umanità tutta, è il caso che ogni mossa politica su questa penisola sia ben ponderata altrimenti il mattino in Corea potrebbe non essere più così calmo. Ci auguriamo di poter visitare Seoul e P’yŏngyang ancora tutte intere e di poter vagare tra le montagne e i fiumi di cui i coreani sono innamorati senza per questo dover indossare la divisa del “Vault” come nella nota serie di videogiochi Fallout

Uno stagno a Daecheong, Corea

13 – Uno stagno sull’isola di Daecheong, lungo il confine marittimo oggetto di disputa tra le due Coree. L’isola si trova a soli 19 km dalla costa nordcoreana, ma è stata assegnata alla Corea del Sud dall’armistizio del 1953.

Note

  1. [1]Hwangjo–ga (“La canzone dei rigogoli”) è attribuita a re Yuri 19 aC — 18 dC. Se autentica è probabilmente il più antico componimento poetico coreano.
  2. [2]Una dinastia proveniente dalla Manciuria.
  3. [3] I tre regni coreani in questione erano Koguryŏ, Paekche e Silla.
  4. [4]Democratic People’s Republic of Korea.
  5. [5]Città portuale sul Mar Giallo considerato il porto di Seoul.
  6. [6]Situata nella Corea del Nord, affacciata sul Mare dell’Est.
  7. [7]La guerra in Cina è chiamata guerra di resistenza all’America.
  8. [8]Anche se le truppe cinesi furono accolte abbastanza freddamente da quelle coreane.
  9. [9]Taiwan.
  10. [10]Molti analisti concordano che non sia un deterrente nei confronti solo degli Stati Uniti ma anche della Cina, che resta un vicino parecchio ingombrante.
  11. [11]Come per esempio la Kaesong Industrial Region.
  12. [12]C’è chi sostiene che anche dietro la Sunshine Policy ci fosse comunque il tacito fine di minare il regime nordcoreano dall’interno.
  13. [13]Nonno materno dell’attuale premier giapponese Abe.
  14. [14]La Russia condivide appena 17 kilometri di confine con la Corea del Nord.

Bibliografia e fonti

Immagini

  1. Alba in Corea, ottobre 2014 (kkw0812/Pixabay).
  2. Seoul, 2008 [PD] (Iperron/Pixabay).
  3. 1910 c.a. [PD] Commons.
  4. Pusan, 21 Febbraio 2017. © Koki Nagahama/Getty.
  5. Inch’ŏn 15/09/1950, U.S. Navy/Commons.
  6. Central Intelligence Agency, 1969 [PD] Library of Congress.
  7. 2007, [CC BY–SA 2.0] Driedprawns/Commons.
  8. Uwe Bodrecht, P’yŏngyang 10/2015 [CC BY–SA 2.0] Commons.
  9. Uwe Bodrecht, Majon resort 10/2015 [CC BY–SA 2.0] Commons.
  10. Teddy Cross, Seoul 9 agosto 2015 [CC BY–SA 2.0] Commons.
  11. Da un depliant turistico giapponese del 1939.
  12. Kok Leng Yeo, P’yŏngyang 9/2008 [CC BY 2.0]
  13. Stagno a Daecheong, 2010 (USAGI_POST/Pixabay)
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