Herzogenaurach: la “città dei colli piegati”

In Città, Cultura popolare, Ma veramente è successo?, Sport di Alessio Lisi

Herzogenaurach Stadtwappen

1 – Lo stemma araldico della città di Herzogenaurach.

gebruder-dassler

2 – La sede della “Gebrüder Dassler Schuhfabrik”.

Nel 1924 i ventenni fratelli Rudolf e Adolf Dassler [1] decisero di avviare una fabbrica di scarpe, la Gebrüder Dassler Schuhfabrik (fabbrica di scarpe dei fratelli Dassler), nella loro cittadina di Herzogenaurach, non lontano da Norimberga in Baviera, nella stanza che la madre utilizzava come lavanderia. A trasmettere la passione per le scarpe ai due fratelli fu il padre Christoph Dassler che lavorava proprio in un calzaturificio. Adolf era il creativo e l’artigiano che fabbricava le scarpe e la sua passione era tale che aveva imparato il mestiere dopo solo un anno, invece dei due previsti; Rudolf si occupava abilmente della gestione e della vendita. Avviare una nuova impresa nella Germania del primo dopoguerra non era cosa semplice e i Dassler iniziarono a produrre scarpe riciclando tutti i materiali possibili. Le scarpe dei due fratelli tuttavia pian piano riscontrarono sempre maggiore successo, e fu loro possibile aprire uno stabilimento e costruire una grande villa ove poteva convivere l’intera famiglia Dassler.


Herzogenaurach.

Jesse-Owens-1936

3 – Jesse Owens ai Giochi Olimpici di Berlino del 1936, durante la gara dei 200 metri piani in cui vinse una delle quattro medaglie d’oro.

Grazie alla collaborazione della ditta Zehlein, produttori di tacchetti per calzature sportive, nel 1936 i Dassler arrivarono alla fama mondiale grazie alle Olimpiadi di Berlino e all’atleta afroamericano Jesse Owens, che vinse quattro ori olimpici mandando su tutte le furie Adolf Hitler. I due fratelli erano però spesso in conflitto tra di loro per i più disparati motivi: dalla gestione aziendale alla politica (anche se entrambi si iscrissero al partito nazista nel 1933). La guerra portò la tensione al punto di rottura. All’inizio Adolf fu chiamato alle armi sul fronte occidentale mentre Rudolf rimase a dirigere l’azienda che nel frattempo, nonostante tutti i suoi sforzi per evitarlo, fu convertita alla produzione bellica;[2] successivamente Adolf fu rispedito a dirigere l’azienda mentre Rudolf fu chiamato alle armi sul fronte orientale (entrambi avevano già combattuto nella prima guerra mondiale anche se Rudolf per l’intero conflitto, mentre Adolf solo l’ultimo anno). Nel mezzo del 1943 uno dei litigi più noti: Rudolf con la famiglia aveva già occupato un rifugio anti aereo quando sopraggiunse quella di Adolf che commentò con una frase del tipo «di nuovo quei sporchi bastardi» riferito alle forze alleate; Rudolf credette invece che fosse riferito alla sua famiglia e non la prese bene.[3] Quando poi Rudolf disertò di fronte all’avanzata sovietica, fu prima arrestato dalla Gestapo in quanto disertore e poi fatto prigioniero dalle forze alleate in quanto sospettato di essere un membro delle SS. Rudolf coltivò il sospetto che sia la sua cattura che le accuse nei suoi confronti fossero opera di Adolf. Una volta tornato finalmente a Herzogenaurach, Rudolf compì la sua vendetta denunciando il fratello alla Commissione per la de-nazificazione, causandogli non pochi problemi.[4] Se la fabbrica dei fratelli rimase in attività fu per merito della moglie di Adolf, Käthe, che convinse gli ufficiali alleati a non distruggerla e a farla tornare alla produzione di scarpe; in cambio gli americani chiesero che nel frattempo fabbricasse per loro scarpe e guanti da baseball. Proprio le mogli secondo i pettegolezzi di paese, e quindi nulla di storicamente accertato, furono la causa della faida famigliare: si detestavano a vicenda e c’è chi attribuisce ad Adolf un flirt con la moglie di Rudolf e chi l’esatto contrario. Malignità a parte le divergenze fecero prendere ai fratelli la decisione di dividersi e nel 1948 riunirono i dipendenti per dar loro modo di scegliere chi seguire: in tredici (il personale di vendita) seguirono Rudolf, quarantasette (il personale tecnico) invece restarono con Adolf.[5] Rudolf coinvolti i dipendenti come carpentieri, costruì la sua nuova fabbrica sull’altro lato dell’Aurach, il fiume che divide Herzogenaurach. Tutto il materiale della Gebrüder Dassler Schuhfabrik fu inventariato e diviso tra i due fratelli, mentre Rudolf con la moglie abbandonò la villa di famiglia seguito solo dalla madre.

Herzogenaurach_-_Mittlere_Aurach

4 – Herzogenaurach: il fiume Aurach, storicamente linea di confine tra la fazione fedele ad Adidas (sud) e quella fedele a Puma (nord).

adi-rudolf

5 – Adolf “Adi” e Rudolf Dassler.

Sciolta il 21 giugno del 1948 la Gebrüder Dassler Schuhfabrik, i due fratelli dovevano decidere un nuovo nome per le rispettive aziende con l’accordo che nessuno dei due potesse continuare a usare il nome Dassler. Rudolf usando le sue iniziali fondò la Ruda, ma il nome non lo convinse e lo cambiò poco dopo in Puma, il suo soprannome da ragazzo, registrato ufficialmente il 1 ottobre del 1948 come PUMA Schuhfabrik Rudolf Dassler; anche Adolf pensò alle sue iniziali e decise il nome Addas che gli fu bocciato al momento della registrazione in quanto molto simile ad una marca di calzature per bambini,[6] quindi scelse di usare il proprio diminutivo “Adi” e parte del proprio cognome dando vita all’Adidas, registrata il 18 agosto del 1949 come Adi Dassler adidas Sportschuhfabrik, con adidas scritto tutto in minuscolo perché non pensava potesse essere il nome definitivo.[7] Come logo Rudolf adottò una grande “D” attraversata in salto da un puma, mentre Adolf la “scarpa con le tre strisce”. Inizialmente Adolf aveva pensato come logo ad una scarpa con due strisce laterali sopra il nome interposta tra le lettere d allungate; le due strisce erano il marchio di fabbrica presente sulle scarpe di Jesse Owens nel 1936 ma quando registrò il nome adidas il logo prevedeva tre strisce laterali, un modo forse per rompere del tutto con il passato. Adolf scoprì poi negli anni cinquanta che una marca finlandese di scarpe, la Karhu, fondata due anni prima della Adidas, adottava già le tre bande come marchio, oltre ad un orso (Karhu in finlandese): decise allora di comprare l’esclusiva delle “tre strisce” dalla Karhu per una cifra pari a circa 1600 euro attuali più due bottiglie di whisky.

Adidas mod. "Copa Mundial" - Niek Beck/Commons, 2009 [CC BY 2.0]

6 – Le famose “tre strisce” su una scarpa Adidas mod. “Copa Mundial”: Adolf Dassler ne acquistò i diritti dalla finlandese Karhu negli anni ’50.

La guerra tra i fratelli Dassler era così cominciata e fu senza esclusione di colpi. Il primo round vide i fratelli sfidarsi per fornire le scarpe alla nazionale di calcio della Germania Ovest ai mondiali del 1954. Di fronte alle richieste economiche del commissario tecnico Sepp Herberger, a cui non bastava la fornitura gratis di scarpe, Rudolf ruppe le trattative giudicando l’allenatore un arrogante; Adolf colse l’occasione e strinse l’accordo. Quando poi col “Miracolo di Berna” la nazionale tedesca sconfisse la stra-favorita Ungheria di Puskas, le scarpe di Adolf Dassler acquisirono nuovamente fama nazionale e mondiale. Adolf attribuì parte del merito del miracolo calcistico alle sue scarpe con tacchetti avvitabili, il ché scatenò le ire di Rudolf che rivendicava la paternità dell’invenzione. Entrambe le aziende portarono prove a favore della propria causa ma a quanto pare ad aver inventato i tacchetti avvitabili furono gli inglesi (altri sostengono che i primi siano stati francesi e danesi) molti anni prima.[8] Le Olimpiadi di Melbourne del 1956 videro il primo scontro sul campo dei cugini Dassler a cui fu tramandata la rivalità: Horst Dassler (primogenito di Adolf, nato nel 1936 si chiamava Horst Rudolf in omaggio a suo zio, quando ancora il conflitto tra i Dassler non era esploso) aprì un punto vendita e visitò il villaggio olimpico per regalare paia di scarpe Adidas agli atleti, e riuscì anche a far bloccare al porto la merce Puma di suo cugino Armin (figlio di Rudolf). Anche la merce Adidas era stata bloccata in dogana, ma Horst distribuendole gratuitamente agli atleti li convinse ad andare a reclamarle come indispensabili per la competizione. Il successo dato dalla vetrina olimpica ad entrambi[9] portò all’apertura di nuove fabbriche non solo in Germania ma anche nella regione francese dell’Alsazia. A capo di Adidas Francia vi era direttamente Horst Dassler, mentre a capo di Puma Francia vi era il fratello di Armin, Gerd. A quanto pare ai dipendenti francesi che chiedevano della rivalità con Adidas i dirigenti tedeschi della Puma rispondevano laconicamente con: «Mai sentita nominare».

Men_100m_final_1960_Olympics

7 – Giochi Olimpici di Roma del 1960: Armin Hary (primo da sinistra) taglia il traguardo dei 100 metri -primo in meno di dieci secondi- indossando scarpe Puma.

The american sprinters Tommie Smith,John Carlos and Peter Norman during the award ceremony of the 200 m race at the Mexican Olympic games. During the awards ceremony, Smith and Carlos protested against racial discrimination: they went barefoot on the podium and listened to their anthem bowing their heads and raising a fist with a black glove. Mexico City, Mexico, 1968 Mexico city, Mexico, 1968

8 – Olimpiadi 1968, Messico: Tommie Smith e John Carlos, 1º e 3º posto ai 200 m, sul podio con il pugno alzato, il 2º è l’australiano Peter Norman.

Alle Olimpiadi di Roma del 1960 un nuovo atto della guerra: Armin Hary, il primo atleta a percorrere la distanza sotto i dieci secondi, vinse i 100 metri correndo con scarpe Puma ma alla cerimonia di premiazione si presentò con scarpe da ginnastica Adidas. Ancora oggi Hary sostiene di non aver preso soldi da nessuno e di essere ingiustamente vittima di una guerra altrui, mentre alcuni sostengono che in realtà sia stato il primo a capire come trarre profitto dalla guerra dei Dassler. Ai Giochi Olimpici di Città del Messico del 1968 Horst replicò lo scherzo di Melbourne, facendo bloccare al porto la merce Puma per via di irregolarità amministrative che finirono per diventare un vero inferno per Armin. A quelle Olimpiadi tuttavia Puma fu ripagata dalla storica vittoria nei 200 metri di Tommie Smith e dal terzo posto di John Carlos, che furono poi immortalati alla premiazione con il pugno alzato e i piedi scalzi come segno di protesta contro la discriminazione razziale (foto 8).[10] Le Olimpiadi di Città del Messico portarono inoltre alla luce la pratica illegale di pagare gli atleti per far indossare loro materiale sportivo; il CIO infatti prevedeva tassativamente che gli atleti fossero dilettanti non retribuiti, ma Horst per l’Adidas e Armin per la Puma, avevano aggirato il divieto diventando così i precursori della sponsorizzazione. Sia Adolf che Rudolf non condividevano la pratica di “pagare eccessivamente” gli atleti perché credevano che dovessero indossare i loro prodotti perché convinti e non perché pagati, e si rassegnarono a malincuore alle iniziative dei propri figli. Ai mondiali di calcio di Messico ’70 l’Adidas sfruttò la vetrina globale producendo il primo pallone ufficiale della competizione a cui diede il nome di “TELSTAR”:[11] fu il primo pallone a presentare il classico disegno a pentagoni neri su fondo bianco, ancora oggi icona dell’immaginario calcistico.

9 – Il pallone “TELSTAR” di Mexico 1970, esposto al Bayern Munich Adventure World a Monaco di Baviera. Il classico pattern a pentagoni neri su fondo bianco, ancor oggi icona del gioco del calcio, fu un’invenzione dell’Adidas (Getty).

Armin rispose mettendo a segno un colpo che fece infuriare persino suo padre: un contratto di esclusiva con Pelé per cifre impensabili per l’epoca. Armin aveva però tradito il patto di non belligeranza con suo cugino Horst, con cui aveva concordato di non fare alcuna offerta per Pelé per evitare di dissanguarsi a vicenda. L’esborso notevole fu ripagato con malizia da Pelé: prima del calcio di inizio di ogni partita si allacciava una scarpa ottenendo così un primo piano che era tutta pubblicità per la Puma. I contrasti padre–figlio riguardarono però anche Adolf e Horst Dassler tanto che tra Adidas Germania e Adidas Francia correva la stessa rivalità di Adidas verso Puma; inoltre Adolf non condivise mai l’idea di Horst di lanciare una linea di abbigliamento col marchio delle “tre strisce” (per lui l’Adidas doveva produrre solo scarpe). Adidas però continuava a crescere e scagliò un’offensiva mondiale mettendo sotto contratto federazioni su federazioni sportive e quando raggiunse un accordo con l’Unione Sovietica “automaticamente” ingaggiò tutti i paesi del Patto di Varsavia, Germania Est compresa. Ai mondiali del 1974 organizzati nella Germania Ovest, l’Adidas sponsorizzò la maggior parte delle squadre mentre la Puma non potendosi permettere un uguale sforzo puntò sui calciatori più in vista. Tra i calciatori sponsorizzati dalla Puma vi fu Johan Cruyff: dato che la nazionale olandese vestiva Adidas pretese e ottenne che la sua maglietta avesse solo due righe e non tre come da marchio di fabbrica, caso più unico che raro nella storia dello sport.

10 – Joahn Cruyff con la maglietta a 2 righe ai mondiali del 1974, durante la partita Uruguay – Paesi Bassi (vinta da questi ultimi per 2-0) il 15 giugno allo stadio di Hannover, in Germania Ovest (Getty).

Anni dopo, a dare un’altra gioia alla Puma fu l’allora sconosciuto Boris Becker: arrivato in Baviera in cerca di uno sponsor si vide rifiutato malamente dall’Adidas; gli fu consigliato quindi di provare sulla riva opposta del fiume Aurach e la Puma, proprio perché era stato rifiutato dai rivali, decise di sponsorizzarlo. Sul finire del 1974 Rudolf Dassler scomparve ma nemmeno la sua morte lo riconciliò con il fratello; al suo funerale in rappresentanza della famiglia di Adolf Dassler partecipò solo una delle figlie. La direzione della Puma restò quindi nelle mani di Armin che nel frattempo aveva pure esautorato Gerd dalla direzione della Puma Francia. Armin iniziò una produzione di massa per colmare il divario dall’Adidas che fatturava il triplo ma senza riuscirci, mentre Horst tramite Adidas Francia espandeva il suo mercato fondando in gran segreto da suo padre l’azienda Arena, con sede a Tolentino nelle Marche, specializzata nell’abbigliamento per il nuoto sportivo. Nel 1978 scomparve anche Adolf Dassler, che fu seppellito esattamente dalla parte opposta rispetto a Rudolf nel cimitero di Herzogenaurach. Nella piccola cittadina bavarese[12] però la rivalità tra Adidas e Puma aveva ormai lasciato un segno e una divisione che sopravvisse alla scomparsa dei due fratelli. La cittadina ha due squadre di calcio, l’ASV Herzogenaurach per l’Adidas e l’FC Herzogenaurach per la Puma; vi sono i bar, i pub, le macellerie, i quartieri residenziali e così via per la fazione Adidas e quelli per la fazione Puma; se in un ristorante vi era seduto qualcuno della fazione avversa, gli altri si sedevano il più lontano possibile; persino i matrimoni “misti” erano, e forse un po’ lo sono tuttora, scoraggiati e si narra ancora la storiella secondo la quale una volta un ragazzo che lavorava per Adidas si innamorò della figlia di un dirigente di Puma e, dopo averla sposata, fu costretto a cambiare fazione con tutta la famiglia, con sommo dispiacere di suo padre che non si riprese mai completamente.

Herzogenaurach, Marktplatz

11 – Herzogenaurach: “Marktplatz“, la piazza del mercato (Fotolia).

La divisione permeava così tanto la vita cittadina che Herzogenaurach divenne famosa come “la città dei colli piegati” (die Stadt der gebogenen Hälse), per via del fatto che le persone, prima di rivolgere la parola a qualcuno, erano solite controllare quali scarpe portasse l’interlocutore. Se il resto della Germania era diviso dalla cortina di ferro in “wessie” e “oessie”,[13] Herzogenaurach era divisa dalle scarpe in “adisassler” e “pumeraner”. Ma gli anni ’80 avrebbero riservato una brutta sorpresa agli imperi sportivi di Herzogenaurach. L’espansione sul mercato di Nike e Reebok (dei fratelli Joe and Jeff Foster[14]) che producevano in Asia a prezzi ridotti rappresentò un duro colpo sia per Adidas sia per Puma. Nel 1987 Horst Dassler scomparve seguito pochi anni dopo da suo cugino Armin. Nel 1990 le sorelle di Horst cedettero l’Adidas all’imprenditore Bernard Tapie, famoso presidente della squadra di calcio dell’Olympique de Marseille; nel 1993 Tapie vendette l’Adidas ad un altro francese, Robert Louis Dreyfus che portò nuova linfa all’azienda quotandola successivamente in borsa. Nel 1989 Armin e Gerd Dassler persero il controllo della Puma che dopo diversi passaggi di proprietà è ora controllata dal gruppo francese PPR, gestito da François-Henri Pinault.[15]

12 – Jochen Seitz, CEO di Puma (a sinistra) a Parigi nel 2008 e Herbert Hainer, CEO di Adidas (destra) nel 2007 (Getty).

Oggi le sedi delle due società rivali sono entrambe a nord del fiume Aurach, ed anche relativamente vicine (A – Adidas, P – Puma). Si può dire che il nuovo “confine” è la tangenziale, la “Hans-Ort-Ring“.

A Herzogenaurach il 21 settembre del 2009 in occasione della giornata internazionale della pace le due fazioni si incontrarono per la prima volta in una storica partita di calcio mista come segno di riappacificazione. Nel 2015 il sindaco della cittadina bavarese, che per “par condicio” indossa a giorni alterni vestiti Puma e Adidas mentre quando è in vacanza li mischia, ha fatto costruire una nuova fontana[16] con raffigurati un calzolaio e bambini che giocano al tiro alla fune: uno indossa scarpe con le tre strisce, l’altro scarpe con il felino. Sempre a Herzogenaurach ha inoltre sede il gruppo Schaeffler, multinazionale leader mondiale nel mercato dei cuscinetti a sfera, ma in questo caso non sono note rivalità di sorta. Forse la rivalità tra Adidas e Puma non è più quella di un tempo ma nel caso vi vogliate recare a Herzogenaurach non sorprendetevi se le persone vi parlano con la testa bassa: vi stanno semplicemente guardando le scarpe.

Note

  1. [1]Nati rispettivamente nel 1898 e nel 1900.
  2. [2]Oltre all’abbigliamento militare vi veniva prodotto anche il bazooka detto “Panzerschreck”.
  3. [3]L’aneddoto è stato raccontato da Betti Strasser lì presente. Anni dopo però nel raccontarla ad una trasmissione televisiva disse che Rudolf non c’era in quanto già partito per il fronte e quindi si infuriò quando gli fu raccontato.
  4. [4]Alla fine entrambi per un motivo o per l’altro non furono considerati “nazisti attivi” e poterono continuare le loro attività.
  5. [5]Adolf ebbe dalla sua anche l’appoggio della sorella Marie, che non perdonò mai a Rudolf di non aver voluto assumere i suoi due figli condannandoli a morire in guerra.
  6. [6]La “Ada Ada”.
  7. [7]La corretta grafia dei nomi è quindi “PUMA” e “adidas” ma per comodità di chi scrive sono indicate come Puma e Adidas.
  8. [8]Diatribe e accuse di spionaggio industriale non mancheranno anche nei successivi anni.
  9. [9]Anche se in misura maggiore all’Adidas dato che settanta atleti avevano vinto una medaglia calzando scarpe Adidas.
  10. [10]Con la solidarietà dell’australiano Peter Norman arrivato secondo e che indossò una coccarda dell’ Olympic Project for Human Rights.
  11. [11]il nome deriva da Television Star, in riferimento alla miglior visibilità del pallone soprattutto nelle riprese televisive, all’epoca ancora in bianco e nero. Inoltre la composizione di 32 pannelli di cuoio pentagonali ed esagonali avrebbe consentito una forma sferica più precisa rispetto ai palloni realizzati con strisce di cuoio.
  12. [12]Herzogenaurach conta più o meno ventimila abitanti.
  13. [13]Questi due nomignoli identificavano rispettivamente i cittadini della Germania Ovest e della Germania Est.
  14. [14]La Reebok è stata acquisita dall’Adidas nel 2006.
  15. [15]Lo stesso gruppo che controlla marchi del lusso come Gucci, Bottega Veneta e Yves Saint Laurent.
  16. [16]La Cobbler’s Fountain.

Bibliografia e fonti

Immagini

  1. 20-4-2007 Tilman AB/Commons
  2. © Laputa (da fotografia del 1924, autore sconosciuto)
  3. Berlino, 1936. da Die olympischen Spiele 1936, 1936. p. 27. [PD] U.S. Library of Congress
  4. Howwi, Herzogenaurach 19-4-2014 [CC-BY-SA 3.0] Commons
  5. fair use, da Stadt Herzogenaurach (sito ufficiale del comune)
  6. Niek Beck, 2009 [CC BY 2.0] Commons
  7. Roma, 1960. Commons
  8. Angelo Cozzi, 16 ottobre 1968 [CC0] Mondadori/Commons
  9. © Christof Stache/AFP/Getty Images
  10. Bob Thomas, 15-7-1974 Hannover. © Getty Images
  11. © Till Beck/Fotolia
  12. © STR/Getty Images
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Alessio Lisi

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