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(s.m.) grafia italiana della parola suq o soûq  (arabo سوق‎ ), che indica il quartiere del mercato delle città arabe, il luogo deputato allo scambio delle merci.  In italiano il termine, attestato dal 1960, ha assunto per estensione anche il significato spregiativo di luogo caotico e disordinato, «dove si svolgono commerci e serrate contrattazioni» (Castoldi — Salvi).

Borse e occhiali sui tappeti: il suk di piazza Navona

Titolo in Corriere della Sera, 18 marzo 2006 pag. 5


Foto in alto: suk di Aswan, Egitto

(anche supercàzzola) nonsense, grammelot, parola o frase senza senso, insieme casuale di parole (anche inesistenti) il cui scopo è confondere l’ascoltatore. Per estensione anche sciocchezza, frase senza un costrutto logico detta — più o meno consapevolmente — in un contesto che ci si aspetterebbe serio.

Il termine supercàzzora è un neologismo derivato da una burla spesso praticata dai protagonisti fiorentini del film Amici miei (regia di Mario Monicelli, 1975) consistente nel confondere un malcapitato investendolo con frasi apparentemente forbite ma prive di senso, pronunciate velocemente e ostentando sicurezza. È lo stesso Mascetti (Ugo Tognazzi) a definire tale tecnica supercazzora in una scena del film, nella quale apostrofa l’amico Necchi (Duilio Del Prete) per averne interrotto l’esecuzione: «Senti, Necchi, tu non ti devi permettere di intervenire quando io faccio la supercazzora!». Il termine stesso è un leitmotiv della burla, una delle parole–grammelot più ricorrenti nelle supercàzzore di Tognazzi: siamo quindi di fronte ad una “sineddoche” nella quale una singola parola viene utilizzata ad indicare l’intera frase. Ad esempio: «Tarapia tapioco, brematurata alla supercàzzora o scherziamo!?». Dal film, il termine supercazzora — spesso storpiato in supercazzola — è entrato nel lessico popolare e giornalistico ad indicare una affermazione ampollosa e poco chiara, tipicamente nell’ambito della dialettica politica.

Anche la «supercazzola» divide la sinistra

La Stampa, 14/03/1993 n° 72 pagina 5

La versione trivializzata supercazzola sembra essere più diffusa rispetto all’originale per effetto di una lectio facilior: nelle battute del film la consonante è quasi indistinguibile e molti perciò intesero fosse una “l”; la maggiore facilità di pronuncia data dalla sostituzione della “r” con la “l” ha poi contribuito all’affermazione di supercazzola rispetto a supercazzora. Tuttavia, che la parola fosse originariamente concepita come supercazzora (con la “r”) è attestato dal libro Amici Miei (Rizzoli, 1976) degli stessi autori della sceneggiatura Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Tullio Pinelli (nel quale è riportato supercazzora) e da una scena del 3° film della serie (Amici miei – Atto III, 1985) dove si legge «La Supercazzora 69 presenta» nella schermata iniziale di un filmato ricevuto in videocassetta dall’architetto Melandri (Gastone Moschin).


Immagine: scena della “supercazzora al vigile” dal film Amici miei (1975) di Mario Monicelli.

sofferenza data dal desiderio continuo ed inappagato di qualcosa; dal mito greco di Tantalo, primo re della Lidia (o della Frigia) che, accusato di numerosi oltraggi alle divinità tra i quali il ratto di Ganimede, il furto del nettare e dell’ambrosia e dell’abominio di aver invitato gli dèi alla propria mensa e fatto loro servire carne umana di giovani ragazzi (secondo alcune versioni del mito, dei suoi stessi figli), fu condannato a patire in eterno la fame e la sete negli Inferi legato ad un albero carico di frutti ed immerso in un lago di acqua dolce, che però si ritraggono ogni volta che egli tenta di bere o di prendere i frutti. Secondo un’altra versione, il supplizio consisterebbe nel reggere un’intero monte sulla propria testa.


Sopra: 1630–1640 c.a Tantalus, dipinto ad olio di Gioacchino Assereto (1600 — 1649). Auckland Art Gallery (Commons).