Babbo Natale o Santa Claus, al secolo (se così si può dire) San Nicola di Bari, è il personaggio più noto ed universalmente riconosciuto del folclore natalizio occidentale: sincretismo di figure analoghe diffuse in diverse culture, a partire dal XIX secolo ha infatti travalicato il significato religioso della tradizione cristiana cui è legato per affermarsi in quasi tutto il mondo come simbolo laico del Natale consumistico. Nel corso dei secoli è stato rappresentato in diverse fogge e versioni, ma l’immagine odierna che più si è affermata su tutte le altre è quella di un panciuto signore dalla folta barba canuta e dall’inconfondibile vestito rosso orlato di pelo bianco. Sull’origine di questo abbigliamento è nata una leggenda dal profumo complottista: Babbo Natale sarebbe stato in origine vestito di verde, ma l’attuale livrea bianca e rossa sarebbe stata “lanciata” dalla Coca–Cola Company nel ventesimo secolo per promuovere la propria bevanda, il cui logo ha guardacaso gli stessi colori. Non solo: prima di pubblicizzare la bevanda sarebbe stato alto, magro e dall’aspetto di un vescovo o di un “elfo”, insomma totalmente diverso.[1][2] Morale: la multinazionale è così potente da influenzare l’immaginario popolare. Quanto c’è di vero in questa storia?

1 – Il primo “Babbo Natale” di Haddon Sundblom per la Coca–Cola (1931).
Nessuno mette in dubbio che il Babbo Natale della Coca–Cola, in particolare quello di Sundblom, abbia fornito un modello di riferimento per i successivi illustratori, contribuendo a consolidare e uniformare l’immagine del personaggio. Resta però il fatto che l’immagine del Babbo Natale rosso, bianco e panciuto a cui si ispirò l’artista esisteva già, ed era anche diffusa. Quattro anni prima della celebre campagna natalizia della Coca–Cola, un orda di Santa Claus identici a quelli disegnati da Sundblom invadeva i grandi magazzini di New York, come racconta un articolo del New York Times del 1927:
2 – Copertina del “Saturday Evening Post” del 1923, disegnata da Leyendecker
Tuttavia Coca–Cola Company sostiene di aver già utilizzato la figura di Santa Claus nelle inserzioni su alcune riviste statunitensi[8] per promuovere la bevanda nel periodo invernale, a partire da un anno non meglio precisato dei ’20, prima dei celebri manifesti di Sundblom. Il che potrebbe retrodatare fino ad un decennio la collaborazione tra il personaggio e la bevanda più famosa al mondo. Colpo di scena? Non proprio. Infatti Babbo Natale era già stato raffigurato nella foggia attuale nell’inserzione pubblicata sul magazine americano San Francisco Examiner il 19 dicembre 1915 per un’altro importante produttore di bevande, la White Rock Waters.[9] L’immagine testimonia che l’aspetto generale del personaggio è già quello attuale, con gli stivali e gli orli di pelo bianco, ma è monocromatica: bisognerà attendere il 1923 per vedere sulla rivista “Life” un’immagine a colori del Santa Claus della White Rock e scoprire che è indiscutibilmente rosso (immagine sotto, a destra). Così, le due società (ed i rispettivi fan) si contendono tuttora il ruolo di “creatore” dell’odierna raffigurazione.[10]
Inserzioni pubblicitarie della White Rock Waters. A sinistra: (3) 1915, sul San Francisco Examiner. A destra (4): 1923, su Life (The White Rock Collectors Association).
5 – Illustrazione da Santa Claus and All About It di E. Boyd Smith (Stokes, 1908)
Anche la rivista per bambini St. Nicholas pubblicò in copertina raffigurazioni di Babbo Natale rosso almeno sin dal 1905. Questo sarebbe sufficiente a chiarire la questione, ma a questo punto vogliamo fare un passo avanti (o meglio, indietro) e scoprire la vera origine del cappotto rosso. Seguendo le tracce degli stivali nella neve, arriviamo all’illustratore di origine bavarese Thomas Nast (1840-1902), noto come “il padre del fumetto americano”. Tra il 1863 ed il 1886 Nast realizzò 33 incisioni natalizie per la rivista politica Harper’s Weekly di New York [12] attingendo all’immaginario della tradizione germanica (era nato a Landau in der Pfalz) ed ispirandosi al famoso poema datato addirittura 1822 A Visit From St. Nicholas (noto anche come Twas the Night Before Christmas) di Clement Clark Moore (1779-1863),[12] che descrive un St. Nicholas con la slitta e le renne che scende dal camino, definendo per la prima volta le caratteristiche del Babbo Natale “laico”. Il poema di Moore tacque però sul colore, lasciando questo aspetto in sospeso.
6 – Thomas Nast: “Santa Claus and His Work”, Harper’s Weekly 25 dicembre 1866
Una grande tavola di Nast intitolata Santa Claus and His Works fu pubblicata da Harper’s Weekly il 25 dicembre 1866: un grande polittico su due pagine, composto da numerose vignette in cui Babbo Natale viene raffigurato affaccendato in varie mansioni riguardanti la preparazione dei doni. Barbuto e panciuto, aveva già l’aspetto che conosciamo oggi, ma la tavola era ancora monocromatica e per vedere la tinta si dovette attendere tre anni: una nuova versione a colori di Santa Claus and His Works fece da illustrazione all’omonimo poema[13] scritto da George P. Webster e pubblicato da McLoughlin Brothers (New York) nel 1869.
7 – da Thomas Nast: Santa Claus and His Works (McLoughlin, 1869).
Babbo Natale era già rosso 23 anni prima che
la Coca–Cola Company fosse anche solo fondata.
Il vestito somiglia più ad calzamaglia rossiccia, ma sembra essere questa la prima raffigurazione “laica” di Babbo Natale in rosso: mancano ben 23 anni alla fondazione della Coca–Cola Company, la quale del resto ammette che le prime illustrazioni pubblicitarie degli anni ’20 sarebbero ispirate al Babbo Natale di Nast[8] e Sundblom avrebbe fatto riferimento al poema di Moore per la campagna natalizia della bevanda.[8] Già nel 1843 l’illustratore londinese John Leech aveva disegnato una sorta di giovane Babbo Natale in verde[14] per la prima edizione del famoso Canto di Natale (A Christmas Carol) di Charles Dickens pubblicata da Chapman & Hall, ma non si trattava di Santa Claus quanto invece del “Fantasma del Natale Presente”. Babbo Natale fu raffigurato occasionalmente in diversi colori, come nelle cartoline illustrate dalla pittrice svedese Jenny Nyström arrivate però solo molto tempo dopo Nast, nel XX secolo, che raffigurano tra le altre cose un minuto Babbo Natale con indosso una casacca verde ma anche di altri colori (ad esempio azzurro). Non si può quindi affermare che il Babbo Natale fosse in origine verde, ma nemmeno che sia nato dalla matita di un unico “padre”: se possiamo attribuire a Moore la prima descrizione letteraria e a Nast la prima raffigurazione “moderna”, l’attuale immagine della personificazione dello spirito natalizio si è plasmata negli anni grazie anche ai numerosi celebri illustratori (anche pubblicitari, certo) che ne hanno dato ciascuno la propria versione, oltre ad una non trascurabile componente di origine popolare. ∎
L’ultimo Babbo Natale di “Sunny”
8 – Playboy, dicembre 1972
Haddon “Sunny” Sundblom fu maestro di molti dei migliori illustratori americani del secondo dopoguerra: il cosiddetto “Sundblom Circle” includeva ad esempio Gil Elvgren e Al Buell, noti per le pin up o Joyce Ballantyne, autore della celebre “Coppertone girl“, Al Moore (automobili) e Thornton Utz tanto per citarne alcuni.[4] Lo stesso Sundblom, oltre a a firmare per 33 anni le campagne natalizie ed alcune pin-up per la Coca–Cola, fu illustratore per molti marchi come Colgate e Palmolive. L’ultima opera gli fu commissionata nel 1972 da Art Paul, direttore artistico della rivista Playboy
, che voleva per l’edizione natalizia di quell’anno una reinterpretazione sexy dei celebri Babbo Natale di Sundblom.[4] Il risultato fu questa splendida copertina, chiara allusione ai suoi trascorsi pubblicitari con la Coca–Cola, ed in particolare al primo Babbo Natale del 1931. Nonostante l’apparente dimestichezza col soggetto, questo fu l’unico lavoro di “Sunny” per Playboy.
Note
- [1]“Nicola Lagioia contro Babbo Natale e la Coca Cola.” Perle Complottiste. Stupidario dei cospirazionisti e dei sostenitori delle verità alternative, 14 Lug. 2012. Web. 28-11-2012.↩
- [2]“Perché il vestito di Babbo Natale è rosso? – Sapere.it.” Sapere.it. Garzanti, Web. 28-11-2012.↩
- [3]Stéphane Pincas e Marc Loiseau. History of advertising
. Colonia, Taschen, 2008. ISBN 978-3-8365-0212-2.↩
- [4]Peng, Leif. “Sunny’s Last Santa.” Today’s Inspiration. 10 Dic. 2010. Web. 1 Dic. 2012.↩
- [5]“Heritage – Phil Mooney.” Coca–Cola Journey Homepage. The Coca–Cola Company, 1 Gen. 2012. Web. 28 Nov. 2012.↩
- [6](PDF) “COCA–COLA’S MODERN-DAY IMAGE OF SANTA CLAUS TURNS 75 THIS HOLIDAY SEASON.” (2006): n. pag. The Coca–Cola Company. Web. 29 Nov. 2012.↩
- [7]snopes.com, vedi↩
- [8]“Coke Lore: Coca–Cola and the History of the Modern-Day Santa Claus.” Coca–Cola Journey. The Coca–Cola Company, Web. 30-11-2012.↩
- [9]“Does Santa Claus still drink White Rock®?” WhiteRocking. The White Rock Collectors Association, Web. 30-11-2012.↩
- [10]“Coca–Cola’s Santa Claus: Not The Real Thing! BevNET.com, 18 Dic. 2006. Web. 30-11-2012.↩
- [11]About E. Boyd Smith.” Brooklyn Public Library. Web. 29 Nov. 2012.↩
- [12]Kennedy, Robert C. “Santa Claus and His Works.” HarpWeek. Web. 30 Nov. 2012. ↩
- [13]Qui il testo completo: “Santa Claus And His Works.” The Hymns and Carols of Christmas. n.d. Web. 21-11-2013.↩
- [14]Cfr. Commons.↩
Bibliografia e fonti
- “The Claus that refresh.” Urban Legends Reference Pages. snopes.com, 18 Dic. 2008. Web. 28-11-2012.
- “Origin of Santa.” St. Nicholas – Discovering the Truth About Santa Claus. St. Nicholas Center, Web. 1-12-2012.
- Sacchettoni, Carlo La storia di Babbo Natale
Roma: Edizioni Mediterranee, 1996.
Immagini
- © 1931 The Coca–Cola Company, fair use
- © 1923 The Saturday Evening Post, fair use
- San Francisco Examiner, 1923 [PD] (The White Rock Collectors Association)
- © 1923 White Rock Products Corporation, fair use (The White Rock Collectors Association)
- E.Boyd Smith (Stokes, 1908). [PD]
- Thomas Nast [PD]
- Thomas Nast [PD] Commons
- © 1972 Playboy, fair use