Missioni pericolose e incredibili sotto i mari, il nemico alle calcagna, agenti infiltrati, inganni. Il recupero di un relitto a cinquemila metri di profondità. Un nuovo romanzo? No, sono storie vere della Guerra Fredda: dallo spionaggio sottomarino alle “ghost stories”.
Lo chiamavano “Hiroshima”
1961: il sottomarino nucleare K-19 lascia il fiordo di Murmansk per il primo viaggio di collaudo. Ma a duemilaquattrocento chilometri dalla base, al largo dell’isola norvegese di Jan Mayen, qualcosa va storto. Il circuito di raffreddamento è in avaria, il reattore si surriscalda, rischia di esplodere come avrebbe fatto quello di Černobyl’ 25 anni più tardi. E nessuno sa cosa fare.
Operazione “Kama”: l’importanza di dire “niet”
Una storia che inizia al freddo del fiordo di Murmansk, sul mare di Barents, e finisce al caldo del mar dei Caraibi, al largo di Cuba. La storia di un ufficiale che, seppure all’oscuro del rapido susseguirsi di avvenimenti che stavano lasciando il mondo col fiato sospeso, ebbe il coraggio di dire «niet». La storia di come, nel 1962, siamo stati ad un passo dalla fine del mondo. E, per una volta, davvero.