Nasce nei templi, è presente in tutti i rituali: purifica, partecipa a ogni tappa della vita umana, del contatto con le divinità, dei riti dell’imbalsamazione dei defunti. I profumi sono essenziali nella celebrazione del culto: dopo le offerte si bruciano sostanze profumate rare, come la mirra e l’incenso, pratica ancora in uso nei paesi orientali. Allo stesso modo, la nascita, il matrimonio, la morte vengono accompagnate da fumigazioni e unzioni profumate dalle virtù purificatrici.
Se dovessimo stabilire un periodo nella storia in cui il profumo emerse dalle nebbie fumose del Medioevo dove era stato dimenticato dopo i fasti d’epoca romana per divenire elemento indispensabile alla convivenza sociale delle classi più agiate, potremmo designare l’epoca in cui Caterina de’ Medici si stabilì alla Corte di Francia. La nobiltà francese scoprì e amò appassionatamente un elemento che facilitava i rapporti personali, ingentiliva gli approcci e incrementava il prestigio di chi lo indossasse. In una Corte dove l’esibizione, l’esteriorità e lo sfarzo erano elementi indispensabili per mantenere il proprio rango e per contro, la mancanza di igiene, gli odori provenienti da corpi mai lavati e da fiati pestilenziali che inibivano spesso i tentativi di ascesa nella scala sociale, il profumo fu il balsamo che apriva le porte del successo, serviva a coprire miasmi e, insieme ai cosmetici, a imbellettare pelli segnate irrimediabilmente dal vaiolo.
La moda del cuoio profumato, introdotta nel secolo precedente, conobbe un rapido successo. Si indossavano volentieri le “pelli odorose” di unguenti profumati al gelsomino. Guanti, gilet, farsetti, calzature, cinture, cofanetti, ventagli furono trattati in questo modo. I grandi signori presero l’abitudine di ordinare a Grasse, cittadina provenzale, gilet morbidi, impregnati di unguenti profumati.
Il successo della guanteria–profumeria di Grasse (dove è ambientato il romanzo Il Profumo di Patrick Süskind) fu all’origine di una considerevole estensione delle colture floreali. Le tre piante più utilizzate dalla profumeria erano in quest’epoca il gelsomino, la rosa e la tuberosa.
Nella seconda parte del XIX secolo, grazie allo sviluppo della chimica, il profumo si discostò dalle sue origini naturali e scoprì le molecole di sintesi. Queste ultime, pur considerate di scarso valore, diventarono espressioni d’arte. I loro odori, a volte sorprendenti, conferivano note “astratte” alle composizioni, così come l’arte impressionista aprirà la porta a quella concettuale. L’Esposizione Universale del 1900 attestava per la prima volta il successo del profumo su larga scala: nacque così la profumeria moderna. Il profumo viene considerato come una creazione originale molto vicina ad una creazione artistica: non più basata sull’armonia, ma sul contrasto e su un piano via via sempre più complesso, una vera e propria rivoluzione olfattiva. Sarà il segnale che incoraggerà i grandi creatori di moda a lanciarsi in questa grande avventura, creativa e commerciale.
Utilizzando la risonanza magnetica,[1] un team scientifico statunitense ha infatti scoperto che la risposta olfattiva è quasi sempre filtrata dalla memoria delle esperienze precedenti. Dipende, quindi, da quali esperienze ricordano e dal tipo di associazione che in passato ha legato quel particolare suggerimento olfattivo ad un episodio significativo. L’amigdala concorre al successo di un profumo; essendo la “ghiandola delle emozioni passate” ci suggerisce, attraverso l’olfatto, esperienze positive o negative che ci appartengono e che hanno segnato in qualche modo la nostra vita.
Profumi di origine animale
Nel passato i profumieri usavano in gran quantità alcune sostanze odorose prodotte dagli animali. Oggi il loro prezzo e la loro rarità ne vietano l’impiego nei profumi di massa moderni.
Le molecole di sintesi, pietosi surrogati, bastano a ingannare il naso del consumatore e le aspirazioni profondi della sua anima. In effetti, queste sostanze aromatiche animali sono usate dall’umanità sin l’alba delle civiltà, sia a scopo curativo che per piacere e fanno parte di tutte le farmacopee tradizionali.
L’Assoluto di Zibetto è ricavato purificando la secrezione peri–anale dell’animale in alcool. Lo Zibetto strofina il suo posteriore sui tronchi e sulle rocce per segnalare la sua presenza ai rivali e alle femmine. Il suo odore sembra realmente fecale al primo approccio, ma l’esplorazione olfattiva rivela un mondo d’emozioni uniche. Una persona che lo indossa suscita un timoroso rispetto. È l’effetto che i felini hanno sempre provocato sull’uomo che è una possibile preda. Lo Zibetto è un odore femminile, come l’ambra grigia, mentre il castoro dall’aroma massiccio, è forte e robusto, è maschile. L’assoluto di Castoro è estratto nello stesso modo dell’assoluto di Zibetto. Il suo profumo è molto animalesco e ci fa proprio immaginare il castoro selvaggio, ma col tempo cambia sulla pelle in un profumo di cuoio delicato e molto persistente. Il capodoglio produce l’ambra grigia. La sostanza viene prodotta naturalmente come secrezione biliare per difendere le mucose intestinali dai resti indigesti dei molluschi. Il principale costituente chimico dell’ambra grigia è l’ambreina e l’attrazione che il suo odore esercita è dovuta al grande contenuto di feromone.
Oggi rarissima, è riprodotta su larga scala con molecole sintetiche con un risultato pressoché identico. ∎
- [1]D M Yousem et al. “Functional MR imaging during odor stimulation: preliminary data.” RSNA, 1 Set. 1997.↩
Bibliografia
- Munier, Brigitte Storia dei profumi. Dagli dèi dell’Olimpo al cyber–profumo.
- Accademia del Profumo. Web.