Sigaro toscano: caro vecchio stortignaccolo

In Cultura popolare di Alessio Lisi

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1 – Temporale a Firenze (Fotolia)

il sigaro toscano ci offre sempre con la sua intrinseca violenza,
la migliore difesa contro gli eccessi del fumo Mario Soldati

Si narra che nel lontano ferragosto del 1815 un improvviso e violento temporale si abbatté su Firenze e recò un forte dispiacere alla Manifattura Granducale: un intero raccolto di tabacco era rimasto esposto all’acquazzone. Il sole poi tornò a splendere su Firenze dando vita al processo di fermentazione delle foglie rendendole così del tutto inutilizzabili come tabacco da fiuto o trinciato. Pur di non buttare via l’intera partita fu presa una decisione destinata a generare un mito: il tabacco fermentato fu avvolto in foglie e venduto a basso costo.[1]

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2 – sezione di
sigaro toscano

Nasceva così, per un provvidenziale temporale estivo, il sigaro toscano altrimenti detto “stortignaccolo” per via della sua forma irregolare, dovuta all’assenza di un sottofascia (presente invece in quelli caraibici che hanno appunto una forma regolare). Il fatto di essere destinato al popolo fece si che per ragioni economiche il sigaro venisse tagliato in due dai fumatori in modo da risparmiare; l’usanza di fumare il toscano ammezzato è però sopravvissuta al contesto economico nel quale è nata ed è cosi diffusa che dal 1948 sono entrati in commercio sigari già ammezzati. Il fumare il sigaro toscano intero viene invece detto “alla maremmana” in quanto la tradizione vuole che a fumarlo intero fossero i butteri, i pastori tipici della Maremma, che passando la giornata a cavallo dovevano avere le mani sempre sulle briglie e quindi non potevano tagliarlo. Nei tempi moderni tuttavia la scelta se fumarli ammezzati o alla maremmana è dettata più che altro da questioni di gusto e di durata della fumata (circa mezz’ora se ammezzato, un’ora se alla maremmana). Con i suoi quasi 200 anni di storia alle spalle lo stortignaccolo ha tenuto compagnia agli italiani in diverse occasioni: ha visto riunificarsi l’Italia dalle labbra di Garibaldi; ha ispirato musicisti del calibro di Verdi e Toscanini; ha accompagnato l’estro di un’artista come Modigliani; è emigrato con gli italiani in America; è stato fedele lettore degli scritti di Gianni Brera e di Mario Soldati. Ad alcuni di essi sono stati dedicati dei prodotti, la cui produzione è nota come la serie dei “sigari d’autore”: ovvero i sigari “Garibaldi”, “Modigliani” e “Soldati”, di cui le attuali confezioni, rispettivamente di colore verde bianco e rosso, allineate riproducono i colori della bandiera italiana.

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3 – Mario Soldati (1906-1999)

Curiosamente fu proprio Soldati a ispirare la creazione del sigaro Garibaldi in quanto sosteneva che il tabacco Kentucky di provenienza campana era più dolce rispetto al Kentucky toscano e poteva essere un’ottima alternativa al toscano classico, decisamente dal gusto più forte. Nel 1982, centenario della morte dell’eroe dei due mondi, veniva messo così in commercio il toscano Garibaldi prodotto esclusivamente con tabacco Kentucky del Beneventano. Successivamente lo stesso Soldati fu omaggiato, nel 2006 in occasione del centenario della nascita, con un sigaro composto da una selezione del migliore Kentucky di produzione italiana; per ultimo, nel 2010, è arrivato l’omaggio a Modigliani con un sigaro caratterizzato dalla doppia fermentazione. La gamma del sigaro toscano è ovviamente ricca di diversi prodotti caratterizzati tutti da sapori forti e decisi, che fa decisamente storcere il naso ai fumatori passivi e spesso non piace nemmeno tanto ai fumatori attivi. Il sigaro toscano è fatto così: o lo si odia o lo si ama senza compromessi. Chi lo ama sa che il suo sapore è unico e non può essere paragonato ai famosissimi sigari cubani; unici e superbi anch’essi per via delle particolari condizioni climatiche in cui cresce il tabacco locale, sono un prodotto diversissimo dal toscano, con un proprio specifico gusto e sapore. Chi scrive è dell’opinione che paragonare i sigari toscani con i sigari cubani è come comparare il formaggio gorgonzola al parmigiano, oppure lo Champagne al Brunello di Montalcino, ovvero un paragone senza molto senso. Per ironia della sorte chi proprio non sopportava il sapore del toscano era Clint Eastwood anche se lo stortignaccolo sulle sue labbra non mancò mai in tutta la cosiddetta “Trilogia del Dollaro” di Sergio Leone; a quanto pare fu infatti costretto a masticarlo dal regista in modo da ottenere il famoso “ghigno”.

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4 – Lavorazione del sigaro toscano da parte di una “sigaraia” (Fotolia).

Eppure per quanto da sempre accostato agli uomini in realtà il sigaro toscano deve la sua fortuna alle donne. Le sigaraie sono infatti le artefici del successo del sigaro toscano, grazie a quella che può essere definita a tutti gli effetti una maestria artigiana; una maestria da apprendere in 18 mesi di corso, al termine dei quali ogni sigaraia è capace di produrre 500 sigari a turno. Anche qui la storia del sigaro toscano si intreccia con la storia nazionale e nello specifico dell’emancipazione femminile: le sigaraie furono la più numerosa presenza femminile, circa 16.000, nell’industria italiana all’inizio del novecento; una delle prime categorie ad organizzarsi in un sindacato; aderirono al grande sciopero del 1914 per ottenere migliori condizioni di lavoro; furono le prime in Europa ad ottenere gli asili nido in azienda; furono le prime a ribellarsi alla perquisizione personale svolta da uomini al fine di individuare eventuali furti di tabacco. La proprietà della filiera del sigaro toscano ha anche avuto un breve parentesi “straniera”: nelle mani del Monopolio di Stato e dell’Ente Nazionale Tabacchi fino al 2004, fu poi ceduta alla British American Tobacco per poi tornare in mani italiane già nel 2006 con l’acquisizione, costata 95 milioni di euro, da parte del gruppo Maccaferri che ha dato vita alla nuova società Manifatture Sigaro Toscano S.p.A.
I centri di produzione sono situati a Lucca e a Cava de’ Tirreni più un centro di raccolta a Foiano della Chiana e assorbono praticamente l’intera produzione nazionale di tabacco Kentucky; attualmente vengono prodotti 180 milioni di sigari l’anno, di cui 3 milioni fatti a mano e 12 milioni venduti in più di 40 paesi stranieri. Pur essendo così radicato nel costume italiano fumare lo stortignaccolo, per il quale hanno anche creato un fan club dal nome “Maledetto Toscano”[2], resta però un rischio per la salute che va tenuto ben presente prima di decidere se concederselo o meno. Se si sceglie di fumarlo ci si troverà d’accordo con il Duca Rochefoucauld Liancourt,[3] il quale affermò che «il sigaro è una grande risorsa in quanto inganna la fame, sconfigge la noia, rasserena, aiuta a riflettere e spesso richiama alla mente dolci ricordi».

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Questo articolo non costituisce promozione di prodotti da fumo.
I nomi e marchi commerciali sono riportati a solo fine storico-divulgativo.

Note

  1. [1]In quegli anni si stava diffondendo il fumo del sigaro, cosi come delle sigarette, dalla Spagna.
  2. [2]Un evidente riferimento all’opera Maledetti toscani di Curzio Malaparte
  3. [3]Lo stesso che dopo la presa della Bastiglia, alla domanda di Luigi XVI se si trattasse di una rivolta, rispose «No Sire, è una rivoluzione.»

Bibliografia e fonti

Immagini

  1. © jovannig “Storm over Lungarni in Florence”, Firenze – Fotolia.com
  2. Velq1958 2008 [CC-BY-3.0] Commons
  3. [PD] Commons
  4. © Renato Francia “sigaraia” – Fotolia.com
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Alessio Lisi

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Tarantino di nascita e pavese di adozione. Il resto è coperto dal segreto di stato dell'isola di Laputa.