Ragnarok: Il crepuscolo degli dei

In Folklore, Geografia insolita di Benedetta Melappioni

Thor_und_die_Midgardsschlange

1 – Thor brandisce il suo martello Mjöllnir contro il serpente Jörmungandr.

Geyr Garmr mjǫk fyr Gnipahelli,
festr mun slitna, en freki rinna,
fjǫlð veitk fræða, framm sék lengra
of Ragnarǫk, rǫmm sigtíva.
Bræðr munu berjask ok at bǫnum verðask,
munu systrungar sifjum spilla,
hart ‘s í heimi, hórdómr mikill,
skeggǫld, skalmǫld, skildir klofnir,
vindǫld, vargǫld, áðr verǫld steypisk
mun engi maðr ǫðrum þyrma.

Garmo latra feroce dinanzi Gnipaelli,
le corde si spezzeranno ed il cane si libererà,
ella conosce molte arti, là lontano scorge
il Crepuscolo degli Dèi, frammenti della fine.
I fratelli si scontreranno e si uccideranno,
i cugini spezzeranno i legami di parentela,
il mondo è crudo, il tradimento è grande,
tempo d’asce, tempo di spade, gli scudi dividono,
tempo di venti, tempo di lupi, prima che il mondo finisca
nessun uomo risparmierà qualcheduno.

La Profezia della Volva[1]

Ed0048

2 – Due völvas: incisione dall’edizione del 1893 della Edda Poetica.

Così la veggente che tutto vede, annuncia a Odino, padre degli dei, la fine del mondo. Il Ragnarǫk. Dapprima arriverà l’inverno, Fimbulvetr. Tre anni di interminabile gelo dove neve perenne ricoprirà la terra, prima dello scoppio della guerra che bagnerà il bianco manto con il sangue degli Aesir (Dei). L’odio riempirà i cuori e verrà covato fino al momento in cui la battaglia avrà inizio. Sòl (Sole) e Màni (Luna) verranno divorati dai lupi Skoll e Hati che fin dalla loro creazione inseguono i carri dei due dei. (Secondo le credenze nordiche, quando avveniva un’eclissi di Sole o di Luna significava che gli dei erano stati raggiunti dalle bestie e rischiando di essere uccisi prematuramente). Le stelle moriranno lasciando la volta celeste priva di ogni luce. Il suolo sarà scosso da un forte terremoto. Yggdrasill, l’albero cosmico, muoverà le sue fronde con veemenza tale che cataclismi di immane portata devasteranno il mondo. Fenrir, il feroce lupo, spezzerà le catene che lo tengono prigioniero e correrà alla ricerca del suo eterno nemico mentre dalle acque che ribollono, come un brodo sul fuoco, farà la sua comparsa Jörmungandr il mostruoso serpente che con il suo veleno contaminerà Asgard. Sulle medesime acque, Nagflar, la nave costruita con le unghie dei morti, passerà guidata da Loki con a bordo l’esercito del caos. Il cielo si tingerà del rosso del fuoco. I Muspellsmegir (giganti di fuoco, letteralmente “figli di Muspell”, regno posto a Sud della terra) cavalcheranno sul ponte che unisce il cielo e la terra, Bifröst, che brilla dei colori dell’arcobaleno. Lo scalpitare furioso degli enormi destrieri provocherà la sua distruzione. I colori svaniranno pezzo dopo pezzo.

SAM_66,_80r,_Heimdallr

3 – Heimdallr suona il Gjallarhorn: è l’inizio del Ragnarǫk (miniatura, sec. XVIII).

Il guardiano, Heimdallr, allora suonerà il corno Gjallarhorn, chiamando allo scontro Odino, gli Aesir e gli einherjar, i guerrieri che vivono nel regno del Valhalla. Gli eserciti si disporranno così nella piana di Vigridr:

Vígriðr si chiama il campo
dove scenderanno a battaglia
Surtr e gli dèi soavi.
Cento leghe
misura da ogni lato
il campo a loro destinato.[2]

Il Ragnarǫk avrà allora inizio. Fratelli contro fratelli. Dei contro Dei. Ognuno avanzerà contro la propria nemesi per portare a termine ciò che il destino ha già scritto. Fenrir dal nero manto, con un balzo si getterà su Odino, sceso in battaglia sul leggendario cavallo con sei zampe, Sleipnir. Il padre degli dei morirà sotto i colpi degli affilati denti del lupo. Vidà allora correrà in aiuto del padre, trafiggendo il ventre della belva con la sua spada. Il cadavere dell’animale giacerà accanto a quello del suo mortale nemico. Thor si avventerà contro il velenoso serpente mentre i fulmini richiamati dal martello Mijornil faranno da cornice allo scontro. I colpi si riveleranno letali per entrambi. Il dio del Tuono rimarrà ucciso dalle ferite infette dopo essere riuscito a eliminare Jörmungadr. La bestia svanirà nelle profondità del mare dal quale era comparso.

SÁM_66,_78v,_Fenrir_and_Týr

4 – Fenrir attacca Odino
(miniatura, sec. XVIII).

SÁM_66,_79v,_Thor_and_Jörmungandr

5 – Thor colpisce Jörmungadr, che sparisce nelle profondità del mare (miniatura, sec. XVIII).

The_giant_with_the_flaming_sword_by_Dollman

6 – “Il gigante dalla spada fiammeggiante”, H.A. Guerber (1909).

Tyr (dio della guerra) verrà sbranato dal cane infernale Garmr. Freyr, il più splendente tra gli dei, trafitto dalla spada fiammeggiante del gigante Surtr. E mentre i corpi si accasceranno sulla fredda terra, come fiori calpestati, Heimdall e Loki si faranno largo, parandosi l’uno di fronte all’altro. Si combatteranno aspramente, in silenzio. Solo il fragore delle lame pervaderà l’aria. Il fato prevarrà. Con un unico fendente porranno fine alle rispettive vite. Ma, come la Völuspá stessa canta, il guardiano sarà l’ultimo a chiudere per sempre gli occhi quel giorno. Surtr allora con la spada, sulla cui lama le fiamme si muovono in un elegante danza di morte, darà fuoco a ciò che resta del mondo. Il fuoco avvolgerà ogni cosa, purificando dal male che quel giorno verrà commesso. Ma non sarà la fine ultima, solo l’inizio di un nuovo ciclo vitale. Dalle proprie ceneri, come una fenice, il mondo rinascerà.

I figli di Odino, Vidàr e Vàli e i figli di Thor, Modi e Magni creeranno una nuova dinastia divina, ereditando i poteri paterni. Baldr, il cui sangue fu all’origine delle dispute tra gli Aesir tornerà dal regno dei morti assieme al fratello Hodur. Cammineranno per primi sulla nuova erba nascente, trovando tra di essa le pedine degli scacchi con cui solevano giocare gli antichi dei. Tutto ciò che rimarrà della generazione passata di Aesir sono solo delle figure intagliate nel legno. Lif e Lifprhas, che avevano trovato riparo nella corteccia di Yggdrasill potranno finalmente uscire. Saranno gli unici esseri umani ad essere scampati al Ragnarǫk e a loro toccherà il compito di ricostruire Midgard (la “terra degli uomini”). E mentre la vita ricomincia sulla terra, alzando gli occhi al cielo sarà possibile vedere l’ombra del “Serpente di Luce” che fende l’aria, trasportando tra le sue piume i corpi di coloro che morirono nella battaglia del Ragnarǫk:

E viene di tenebra,
il drago che vola,
il serpe scintillante
dai monti Niðafjǫll.
Porta tra le sue ali,
sulla pianura vola,
Níðhǫggr, i morti.
Ora lei si inabissa.[3]

Con questi versi si conclude il Canto della Völuspá, uno dei più importanti testi all’interno dell’Edda Poetica. La Völuspá incarna la figura della veggente, un po’ come la Sibilla romana, ed è colei che narra ad Odino gli eventi che riguardano il Ragnarǫk. Traducibile con “Il Crepuscolo degli Dei”, è il momento di massima spannung[4] all’interno del Pantheon nordico. È la fine di un’era. Con esso termina il regno di Odino e inizia quello dei pochi superstiti della battaglia finale. Il concetto di destino è molto forte all’interno della profezia: essa descrive esattamente come saranno le cose e non c’è niente e nessuno che possano cambiare il corso degli eventi. Pur essendo divinità, e per questo al di sopra di tutto, sono soggetti allo stesso medesimo fato degli esseri umani: anche loro moriranno. E non è la prima volta che in una religione il Destino è più grande del divino. Basti pensare a quella Cristiana, nella quale la morte di Cristo è un evento imprescindibile. Ma si potrebbe citare anche quella greca, dove nemmeno Zeus può fare nulla per impedire ad esempio la morte del figlio Sarpedonte durante la guerra di Troia. La morte è qualcosa di superiore a chiunque. Più grande degli dei stessi. Perciò il Ragnarǫk è qualcosa che pur portando all’epilogo una delle più grandi ere divine, è propedeutico al fine di rinnovare il mondo. Viene anticipato dall’inverno che è metafora dell’ormai prossima fine. La terra diventa bianca, il cielo si tinge di grigio. Il Fimbulvetr trae origine da una glaciazione avvenuta nei paesi Scandinavi durante l’età del bronzo che comportò il graduale abbassamento delle temperature e segnò il clima rendendolo come quello a noi oggi conosciuto. Durerà tre anni questo freddo. Il tre è un numero importante nella mitologia norrena: tre sono i mondi celesti, tre i mondi terrestri e tre i mondi sotterranei.

193px-AM_738_4to_Yggdrasill

7 – Yggdrasill: miniatura
del XVII secolo.

Del primo gruppo fanno parte: Ásgarðr, (la residenza degli Aesir), Muspellsheimr, (dove vivono i giganti di fuoco) e Álfheimr dove vivono gli elfi della Luce, che curano l’equilibrio dei cinque elementi. I mondi terrestri sono invece: Midgard (il mondo mortale degli uomini), Jötunheimr (da cui proviene Loki, regno dei giganti di ghiaccio) e Vanaheimr, dove troviamo i Vani divinità che vivono in questo mondo di Giovinezza. Più oscuri e tetri sono i mondi sotterranei: Svartálfaheimr, paese degli elfi oscuri (cugini degli elfi della luce) assieme ai nani, Niflhel, l’inferno delle nebbie letteralmente, è il luogo più in basso, situato sotto le radici di Yggdrasill. Infine troviamo il regno di Niflheimr, dove regna Hel, la figlia di Loki. È l’equivalente del nostro inferno: è un regno di ghiaccio e freddo diviso in tanti gironi, alcuni per i guerrieri che non furono abbastanza valorosi da meritarsi il Valhalla, altri per i malvagi. Ognuno di questi nove regni è collegato all’albero cosmico, Yggdrasill. Tre sono inoltre le Norne, coloro che tessono tra le radici dell’albero, l’arazzo nel quale ogni filo rappresenta la vita di una persona/ divinità. Sono paragonabili alle Parche (Romane) e alle Moire (Greche): Ecate, Cloto e Lachesi. Le norne sono: Urdr, il fato, Verðandi, il presente e Skuld, il futuro.

Al termine del Fimbulvetr, i legami sia familiari che materiali si sciolgono. Per questo Fenrir riesce a spezzare le magiche catene che lo tenevano imprigionato. Il lupo è figlio di Loki, ed è un animale molto più umano rispetto a tanti altri che possiamo incontrare all’interno dell’epopea nordica. Egli è in grado di comunicare ed ha ereditato dal padre un intelligenza e un acume fuori dal comune. Ha però in sé istinti animaleschi molto forti, che rendono così il suo carattere fortemente ambiguo e dualista. Come è suo padre dopo tutto. Loki, il dio degli inganni, è una delle divinità più affascinanti, soprattutto per l’affascinante impossibilità di definirlo all’interno di uno schema prestabilito. È imprevedibile. Il suo destino lo porta però ad essere considerato l’antagonista della storia. Io, personalmente lo definirei più come un anti-eroe. Uno di quelli che non si riescono ad odiare fino infondo perché hanno quel qualcosa che li rende piacevoli nonostante le malefatte commesse. Loki è necessario. Un po’ come le giornate storte nelle nostre vite. È il dio del caos e degli inganni e perciò fautore di molti grandi dispetti e misfatti all’interno della storia. Però la sua assenza renderebbe banale e noiosa l’intera narrazione. La sua presenza è utile perché rappresenta quel male che deve contrapporsi al bene. Ma la sua figura non rende pesante questa lotta. Loki è ironico, sarcastico, ha la battuta pronta. Uno dei poemi più interessanti all’interno dell’Edda Poetica è proprio la Lokasenna,[5] dove ad un banchetto indetto da Aegir, dio del mare, assistiamo a uno scambio di insulti tra gli dei e l’istrionico Loki che diventa protagonista della scena. Secondo alcune versioni, le basi per il Ragnarǫk vengono poste proprio durante questo banchetto.

Dall’acqua fa la sua comparsa il serpente, Jörmungadr. Anch’esso è un figlio di Loki. Quando Odino viene a conoscenza della progenie del dio, stabilisce che il serpente venga confinato nelle profondità marine. Nessuno riesce a esaudire la richiesta del padre degli dei tranne Thor, che da allora diventò la nemesi del mostro. Nel frattempo arrivano i giganti di fuoco, al seguito di Surtr, che come già detto in precedenza è possessore di una spada fiammeggiante con la quale incendierà il mondo alla fine di tutto. Sono coloro che distruggeranno Bifröst. Questo è il ponte, color arcobaleno, che unisce la terra alla dimora degli dei. Il suo custode è Heimdallr, che chiamerà a raccolta gli Aesir soffiando nel corno. I suoi sensi sono così affinati che si dice sia in grado di sentire il flebile suono di un fiore che sboccia, pur avendo un solo orecchio. Ucciderà Loki nel duello finale e verrà mortalmente ferito da esso. Sarà l’ultimo dio a perire durante il Ragnarǫk.

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8 – “la battaglia degli dei condannati”: scene dal Ragnarǫk. Odino punta la sua lancia verso la bocca spalancata del lupo Fenrir, Thor si difende con uno scudo dal serpente Jörmungandr mentre brandisce il suo martello Mjöllnir, Freyr lotta contro Surtr e la sua spada fiammeggiante, mentre una immensa battaglia si svolge intorno al loro e sul “Bifröst” (il ponte arcobaleno) sullo sfondo (illustrazione da Nordisch-Germanische Götter und Helden, 1882).

Le truppe di entrambi gli schieramenti giungono nella pianura prestabilita, Vigridr. Questa viene citata nel terzo poema dell’Edda Poetica, il Vafþrúðnismál. Odino va alla corte del gigante Vafþrúðnir per tastare la sua sapienza. Inizia così una serie di domande e risposte circa le cose passate. Il padre degli dei partecipa sotto mentite spoglie e solo alla fine viene rivelata la sua vera natura. L’avversario accetta umilmente la sconfitta dinnanzi a chi, per la conoscenza, fece dono persino di un occhio. Dopo essersi dunque schierati, iniziano i combattimenti. Odino muore per mano di Fenrir, che viene pugnalato al cuore da Vidàr. Thor uccide il mostro Jörmungadr ma dopo nove passi si accascia a terra per il veleno. Gli Aesir si spengono come fiamme nella tempesta. Quando anche Heimdallr muore il fuoco divampa. Surtr incendia il mondo. Il bene e il male si sono affrontati e insieme hanno trovato la morte. Non vi è nessun vincitore nel Ragnarǫk e se viene appiccato l’incendio esso ha il solo fine di purificare, di permettere così la rinascita della vita e delle cose. Per far sì che un nuovo mondo nasca, quello vecchio deve essere distrutto completamente. Infatti, non appena le fiamme si spengono i sopravvissuti camminano su un sottile strato di erba nascente. Il grigio della cenere viene spazzato via dal verde dei germogli.

Niðhöggr

9 – Il drago malvagio Niðhöggr rosicchia le radici di Yggdrasill: dettaglio di una miniatura del XVII secolo (vedi ill. 7).

Ed è in questo momento che per un attimo l’ombra del Níðhöggr copre il mondo, prima di svanire portando su di sé i morti. È una figura emblematica. Il nome letteralmente significa colui che colpisce con odio ed è classificato come un serpente malvagio che vive tra le radici di Yggdrasill. È probabile dunque che esistano due Níðhöggr, uno identificato come malefico (e perciò destinato a tormentare le anime negli inferi) e un altro definito nella profezia della Völuspá come “Serpente di Luce” che ha il compito di portare via i corpi degli dei. In sostanza è plausibile che esso stesso incarni il dualismo bene e male che abbiamo già visto essere portante all’interno della mitologia nordica. E con il suo volo si conclude il Ragnarǫk. Il crepuscolo svanisce alla luce di un nuovo sole che sorge. Un nuovo tempo di dei e di uomini ha inizio. In un ciclo che si ripete all’infinito. Mentre il vento scuote dolcemente le fronde di Yggdrasill e i mondi su di esse custoditi attendiamo che la leggenda si mescoli alla realtà. Non è forse la fine del mondo che tutti vorremmo?

Note

  1. [1]traduzione di Bjǫrn Heinríkr Vargsson
  2. [2]Traduzione di Dario Giansanti
  3. [3]La profezia della veggente (op. cit.)
  4. [4]spannung: termine tedesco utilizzato in narratologia per indicare il al momento di massima tensione nel testo narrativo.
  5. [5]Lokasenna (op. cit.)

Bibliografia e fonti

Immagini

  1. Emil Doepler, 1900 circa. Da Heusler, Andreas. Walhall: Die Götterwelt der Germanen [With coloured illustrations by E. Doepler and preface by A. Heusler.] Berlino: Martin Oldenbourg, 1905.
  2. incisione di Gunnar Forssell (1859-1903) da disegno di Carl Larsson (1853-1919) dall’edizione di Fredrik Sander del 1893 della Edda Poetica [PD] Commons.
  3. circa 1765-1766: miniatura dal manoscritto islandese SÁM 66 [PD] Commons.
  4. come sopra, Commons.
  5. come sopra, Commons.
  6. Hélène Adeline Guerber (1909). Illustrazione da Myths of the Norsemen from the Eddas and Sagas. Londra : Harrap. 2. [PD], Commons.
  7. secolo XVII: miniatura dal manoscritto islandese AM 738 4to (conservato presso Árni Magnússon Institute for Icelandic Studies, Reykjavík) [PD], Commons
  8. illust. di Friedrich Wilhelm Heine, 1882 circa. Da Wägner, Wilhelm, e Jakob Nover. Nordisch-germanische Götter und Helden: in Schilderungen für Jugend und Volk. 3. verb. Aufl. / ed. Leipzig: O. Spamer, 1882. Pag. 349
  9. dettaglio della miniatura alla fig. 7 (Commons)
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Benedetta Melappioni

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Classe 1994, cresce a libri e videogiochi. Archeologia, Lego®, spazio, softair, modellismo, Star Wars™ sono solo alcune delle passioni che la rendono una gran brutta persona. È solita rintanarsi nel mondo immaginario che ha creato e che forse un giorno uscirà dalle pagine word che gelosamente lo custodiscono; nel frattempo quando non è in giro, beve una birra al pub locale assieme a Murray, il suo amico scheletro Playmobil®.