Šaropoezd, l’alta velocità bolscevica

In Ferrovie, Monorotaie di Silvio DellʼAcqua

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Un elettrotreno ad alta velocità aerodinamico come la fusoliera di un aeroplano, una pista di calcestruzzo levigato al posto delle rotaie: era lo Šaropoezd (traducibile come “sferotreno”) dell’ingegnere Nikolaj Jarmol’čuk.[1] Siamo nella Russia sovietica del 1930, le ferrovie andavano principalmente a vapore e nulla del genere si era mai visto fino ad allora.[2]

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2 – Nikolaj Jarmol’čuk negli anni ’30.

Tra le timide riforme introdotte nel 1863 sotto lo Zar Alessandro II c’era stata l’apertura di licei e università ai figli delle classi non nobili che, se da una parte aveva preparato il terreno per rivoluzione russa del 1917 creando una comunità di giovani intellettuali, dall’altra aveva portato creatività negli atenei dai quali, nei primi decenni del XX secolo, sarebbero usciti progettisti di incredibile audacia e fantasia. Uno di questi fu Nikolaj Grigor’evič Jarmol’čuk, nato nel 1898 da una famiglia di umili origini e che nel 1921 si unì ai bolscevichi partecipando alla repressione contro i militari ammutinati della rivolta di Kronštadt. Finita la guerra civile (1918–1923) la sua dedizione alla causa fu premiata con un posto di lavoro da meccanico presso la stazione di Kursk, nella Russia centrale, dove iniziò ad interessarsi alla tecnica ferroviaria. All’epoca i treni erano rumorosi e traballanti, la corsa era un susseguirsi di scossoni, vibrazioni, stridii e colpi secchi come martellate. Nikolaj dovette pensare che questi convogli sferraglianti fossero inadeguati alla nuova era del socialismo e si dovesse quindi trovare un modo per rendere la marcia più fluida, confortevole e veloce, adeguata insomma ad un paese nel pieno del progresso non solo sociale, ma anche scientifico e tecnologico. Secondo il giovane meccanico gran parte del problema stava nelle flange delle ruote, ovvero i bordini che impediscono al treno di uscire dal binario.

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3 – Funzionamento delle ruote ferroviarie coniche: a destra la sala montata è disassata e la ruota più esterna lavora su una circonferenza maggiore, inducendo il treno a “sterzare” verso l’interno.

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4 – “serpeggiamento” di una sala montata sul binario.

È necessaria a questo punto una parentesi tecnica: prima ancora delle flange, a mantenere il treno sulle rotaie è l’effetto autocentrante dato dalla conicità dei cerchioni. Se per qualche motivo una “sala montata”, che nel lessico ferroviario è una coppia di ruote collegate da un assile, si disallinea dal binario, la conicità farà sì che il punto di contatto della ruota più interna si troverà su una circonferenza leggermente minore, mentre la ruota esterna rotolerà su una circonferenza maggiore (fig. 3). Essendo le ruote rigidamente vincolate tra loro dall’assile, a parità di giri quella esterna avanzerà più velocemente e viceversa quella interna perderà velocità, inducendo l’assile a “sterzare” verso il lato opposto a quello dello scostamento riportandosi così verso il centro del binario. Il moto di “serpeggiamento”[3] che ne consegue (fig. 4) si smorza gradualmente portando la sala montata a centrarsi sulla via di corsa. I bordini urtano le rotaie solo quando lo scostamento laterale indotto dalle forze di guida raggiunge il limite di tolleranza meccanica tra la sala montata ed il binario, cosa che può verificarsi — ad esempio — in curva o in corrispondenza degli scambi. Quando ciò avviene però, si generano attriti meccanici con i fianchi delle rotaie che causano perdita di velocità, usura e vibrazioni: tolte le flange, risolto il problema. Almeno fino alla prima curva.

Per liberarsi dei bordini era necessario massimizzare l’effetto autocentrante e nel 1924 Jarmol’čuk ebbe l’idea di sostituire il doppio cono della sala montata con una sfera ed il binario con una pista a sezione concava, similmente a quella per la corsa delle biglie. Il principio era il medesimo, ma la sezione curva avrebbe evitato gli urti smorzando gradualmente lo scostamento laterale e la sfera sarebbe toccato la superficie di rotolamento in un solo punto. Inizialmente Jarmol’čuk pensava ad una soluzione un tantino più estrema: la sfera stessa sarebbe divenuta un veicolo, all’interno del quale un telaio non rotante (forse stabilizzato da giroscopi) avrebbe ospitato motore, passeggeri e merci (il principio nella →nave rotolante di Knapp del 1897). Nel frattempo però il meccanico ebbe modo di frequentare due tra le più prestigiose università tecniche di Mosca, l’Istituto Tecnico Superiore Moscovita[4] e l‘Istituto per l’Energia, diventando così ingegnere. Grazie alla formazione acquisita Jarmol’čuk potè perfezionare il progetto, innanzitutto riportandolo entro limiti più realistici: il veicolo avrebbe viaggiato su grandi ruote sferiche allineate, stabilizzato in corsa — come una motocicletta — dall’effetto giroscopico delle stesse.

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5 – Una nevaljaška o poly-roly (Depositphotos).

Se le ruote fossero state abbastanza grandi, il centro geometrico sarebbe stato più alto del baricentro del veicolo che avrebbe potuto così restare in posizione eretta anche da fermo senza altri ausili. È lo stesso principio su cui si basa il funzionamento dell’antico giocattolo detto nevaljaška (Неваляшка), noto in inglese come poly-roly e in italiano come “misirizzi” o “Ercolino sempre in piedi”[5]: un «pupazzo con la parte inferiore del corpo costituita da una semisfera riempita di piombo, in modo che, in qualunque posizione venga collocato, può tornare rapidamente a drizzarsi».[6] Naturalmente un mezzo tanto rivoluzionario non avrebbe potuto essere azionato dall’arcaico vapore e Jarmol’čuk — forte dell’esperienza all’Istituto per l’Energia — optò per la trazione elettrica,[7] ponendo i motori direttamente all’interno delle ruote.

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6 – L’idea di Jarmol’čuk.

Il progetto stava prendendo forma e l’inventore fu convincente nell’esporne i vantaggi: a 300 km/h il treno di Jarmol’čuk avrebbe potuto collegare Mosca con Leningrado in sole due ore, contro le dodici e più della ferrovia tradizionale, e raggiungere Vladivostok in un solo giorno anziché una settimana. La guidovia in calcestruzzo, costruita in elementi prefabbricati, avrebbe potuto essere posata velocemente ed a costi non superiori a quelli di una normale strada; ma soprattutto avrebbe consentito di risparmiare acciaio, risorsa strategica indispensabile per costruire i cannoni. Questi indubbi vantaggi non sfuggirono alle autorità e, dopo l’entusiasmo suscitato dalla presentazione all’Istituto di Ingegneria dei Trasporti, nel 1929 il Commissariato del Popolo[8] per le ferrovie istituì un apposito KB, un “ufficio di progettazione”[9] sotto la guida di Jarmol’čuk, che ebbe così a disposizione personale e mezzi per mettere in pratica la sua idea. Come d’uso all’epoca il nuovo ufficio ricevette la sua bella sigla, BOSST (БОССТ), mentre il treno fu battezzato Šaropoezd (шаропоезд), un composto traducibile come “sferotreno” (da шаро–, che fa riferimento alla forma sferica, e поезд che significa treno). Nell’aprile 1931 venne stanziato un milione di rubli per realizzare il prototipo cui lavorarono 89 persone tra ingegneri, tecnici, carpentieri, elettricisti e muratori; fu assegnato un terreno recintato di 15 ettari nei pressi di Mosca per la posa del tracciato sperimentale, una pista in legno (non ancora in calcestruzzo) ad anello, della lunghezza di 3 chilometri. L’installazione comprendeva l’officina per la costruzione dei veicoli, una sottostazione elettrica per l’alimentazione e, visto che lo spazio non mancava, gli orti dove il personale del KB poteva coltivare cavoli, carote, patate per integrare lo stipendio. Un anno dopo (aprile 1932) il primo Šaropoezd, un modello in scala 1 a 5 rispetto alle dimensioni finali previste, era pronto.

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7 – Il primo prototipo dello Šaropoezd nel 1932.

Era un treno snello ed affusolato come non se ne erano mai visti, lungo sei metri e largo 80 cm, composto di tre vetture ognuna delle quali poteva ospitare un paio di persone in posizione semisdraiata su un comodo materassino, cosa che consentì ai progettisti di divertirsi un sacco durante i test. Le ruote, gommate e montate su sospensioni a balestra, erano segmenti di sfera (fig. 5) del diametro di un metro, alte quanto il veicolo stesso, all’interno delle quali erano ospitati i motori elettrici trifase alimentati dalla linea aerea tramite un dispositivo di captazione.

le speciali ruote dello Šaropoezd avevano la forma di segmenti di sfera

8 – A sinistra, le speciali ruote dello Šaropoezd avevano la forma di segmenti di sfera. A destra, dettaglio delle balestre.

Il collaudo ebbe esito positivo: il treno raggiunse i 70 km/h con i passeggeri a bordo; il corrispondente della rivista Znanie – Sila  (Знание – сила)[10] D. Lipoveckij raccontò così un giro sullo Šaropoezd:

Quando sono entrato in quella carrozza stretta […] francamente, ero tormentato dal dubbio e anche dalla paura. Mi aspettavo che il treno sarebbe uscito rapidamente dalla pista, che si sarebbe capovolto, che sarebbe accaduto qualcosa di inaspettato e spiacevole. Ma non è successo niente. Ondeggiando delicatamente un po’, e senza il solito rumore di sferragliamento dei treni, lo Šaropoezd divorava il percorso. Nelle curve si è spontaneamente inclinato, mantenendo l’equilibrio. Le sfere rivestite in gomma scorrono silenziosamente, portando avanti il serpente di metallo con grande velocità. 

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9 –  Prototipo dello Šaropoezd.

Tra la fine del 1932 e l’estate del 1933 furono messi a punto i freni e fu testata la stabilità della composizione, che nel frattempo era stata portata a cinque vetture; infine il progetto ottenne il parere positivo del comitato consultivo per l’adozione su scala nazionale. Il 13 agosto dello stesso anno, il Consiglio dei Commissari del Popolo incaricò il Commissariato per le Ferrovie di avviare la costruzione di una tratta “pilota” tra Mosca e Zvenigorod oppure tra Mosca a Noginsk: fu scelta questa seconda opzione perché nella periferia orientale era in costruzione una grande zona industriale che avrebbe richiesto un traffico, secondo le stime, di cinque milioni di passeggeri all’anno; la stazione moscovita sarebbe stata collocata nel distretto di Izmailovo, dove era previsto un terminal di interscambio con la linea tranviaria e la metropolitana di Mosca. Iniziò quindi la progettazione di una tratta di 50 km che sarebbe dovuta essere ultimata nell’autunno del 1934 in concomitanza con 17º anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Su questa tratta suburbana avrebbe viaggiato a 180 km/h uno Šaropoezd in scala reale, con ruote sferiche del diametro di 2 metri, composto 3 vetture della capienza di 82 posti ciascuna per una lunghezza complessiva di 25 metri. Ma il passo successivo sarebbe stato una versione più grande, con ruote di 3,7 m, per i collegamenti interurbani a 300 km/h: in pochi giorni sarebbe stato possibile trasportare la popolazione di intere città.

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10 – Lo šaropoezd nella versione finale per i collegamenti a lungo raggio.

Ancor prima dell’inizio della costruzione la šaropoezda, la linea per lo “sferotreno”, era già stata ampiamente propagandata per l’intero paese ed aveva acceso gli entusiasmi di molti, tra i quali il poeta Vladimir Narbut che vi dedicò addirittura dei versi; lo stesso Jarmol’čuk scrisse un articolo per la rivista russa Pioner (Пионер) nel quale — non senza retorica — paragonò il treno ad un «bambino [nato] nel mese di ottobre» (cioè simbolicamente il mese della rivoluzione) e in procinto di diventare adulto. La notizia arrivò anche alla stampa estera, come dimostrano i brevi articoli usciti sulle riviste americane Popular Science e Modern Mechanix nel 1934, ma le informazioni al riguardo erano di difficile reperimento. Ancora nel 1957 John Robert Day e B. G. Wilson, nel loro libro Unusual Railroads, scriveranno:

…dobbiamo ricordare una notevole idea messa in pratica 25 anni fa o giù di lì in Russia. L’inventore propose un treno elettrico che correva in vasche di calcestruzzo su sfere al posto delle ruote e da una fotografia di un modello che abbiamo visto sembra essere molto efficiente. Purtroppo, non siamo stati in grado di raccogliere tutti i dettagli del sistema, ma si capisce che promette velocità molto alte.[11] 

È evidente che gli autori si riferiscono al progetto di Jarmol’čuk ed il fatto che dopo un quarto di secolo venga descritto come un progetto futuribile dà un’idea di quanto dovesse apparire avveniristico nell’Unione Sovietica degli anni’30. In effetti ancor oggi è sorprendentemente moderno: il design ricorda i moderni elettrotreni ad alta velocità di oggi e quel canale in calcestruzzo assomiglia alla guidovia dei treni a levitazione magnetica.

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11 – Lo Šaropoezd sperimentale in corsa vicino a Mosca.

Se vi state chiedendo perché oggi non viaggiamo su “sferotreni” da 300 km/h ma su rotaie tradizionali, sappiate che non fu costruita alcuna šaropoezda nel 1934 né lo sarebbe mai stata: sulla rivoluzionaria linea ad alta velocità calò il silenzio dell’amministrazione. Cos’era accaduto? L’entusiasmo delle autorità per lo šaropoezd e le conseguenti aspettative createsi avevano trascinato il KB che, nella foga di ultimare il progetto, aveva trascurato un dettaglio non di poco conto: in Russia nevica, e parecchio. Come liberare un canale lungo 50 km pieno di neve? E il giorno che sarebbe arrivato fino in Siberia? Già nei test del 1932–1933 era emerso che l’acqua piovana poteva accumularsi sul fondo della guidovia e formare uno strato di ghiaccio, che alle velocità previste avrebbe potuto far decollare il convoglio. Il comunismo aveva forse sovvertito l’ordine sociale, ma non poteva fare altrettanto con le leggi della fisica e la šaropoezda sarebbe stata inutilizzabile per gran parte dell’anno. Ma c’era un altro aspetto cui sorprendentemente nessuno aveva pensato, cioè che nessuna industria sovietica all’epoca sarebbe stata in grado di produrre gomme del diametro di 3,7 metri ed in grado di sostenere quelle velocità. Forse, non c’erano nemmeno pneumatici sufficienti ad equipaggiare tutti i camion che sarebbero serviti a portare gli elementi di calcestruzzo dalla fabbrica al cantiere. Considerato il costo iniziale dell’infrastruttura, sarebbero ancora state più convenienti le ferrovie tradizionali, già posate ed ampiamente collaudate; inoltre l’entrata in servizio degli aeroplani Tupolev ANT-9 nel 1931 rendeva il trasporto aereo una soluzione competitiva per il trasporto a lungo raggio. Il progetto non era ancora “adulto” come aveva pronosticato Jarmol’čuk e di fronte a queste oggettive difficoltà le autorità, piuttosto che ammettere di avere commesso qualche errore di valutazione, preferirono cancellare il progetto senza dare pubbliche spiegazioni. Jarmol’čuk continuò a lavorare come ingegnere — pur dedicandosi ad incarichi più ordinari — e visse fino al 1978; alcune soluzioni tecniche studiate sullo “sferotreno” ebbero comunque una ricaduta positiva sull’industria del paese: ad esempio i freni aerodinamici,[12] previsti in aggiunta a quelli tradizionali pneumatici, sarebbero diventati di uso comune in aeronautica.

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12 – Lo “Yarmachuck Express” (il 4º dall’alto) è tra i treni disponibili in Open-TTD.

Oggi lo Šaropoezd rivive solo in Open–TTD, versione gratuita ed open source dello storico Transport Tycoon Deluxe di Chris Sawyer,[13] videogioco del 1994 che vanta ancor oggi schiere di appassionati giocatori. Nel 2009 infatti un utente di Manchester metteva a disposizione, in un forum dedicato al gioco, un veicolo aggiuntivo: un’aerodinamica monorotaia denominata “Yarmanchuk Express Train”, unico tributo al precursore dei moderni treni ad alta velocità.[14]

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13 – Una schermata di Open-TTD.

Note

  1. [1]Alcune fonti riportano “Yarmanchuck” (Popular Science, op.cit.) o “Yarmolshuck” (Modern Mechanix, op. cit.), a seconda della traslitterazione. Il nome completo, in caratteri cirillici, è Николай Григорьевич Ярмольчук. Nel presente articolo è stata utilizzata la traslitterazione scientifica.
  2. [2]Non che fossero mancati esperimenti con monorotaie (→ferrovia di Boynton, 1890) o altri sistemi decisamente atipici, ma nessuno fino a quel momento si era spinto sino ad abbandonare il vincolo meccanico della rotaia.
  3. [3]In inglese, hunting oscillation.
  4. [4]Oggi Università tecnica statale moscovita N. Ė. Bauman, nota come Baumanka (Бауманка).
  5. [5]Il nome “Ercolino sempre in piedi” deriva da quello di un analogo giocattolo promozionale distribuito in Italia dalla Galbani negli anni ’60.
  6. [6]Misirizzi” in Dizionario della Lingua Italiana Sabatini-Coletti. Corriere della Sera.
  7. [7]Tecnologia da poco introdotta in Unione Sovietica con l’apertura della linea a trazione elettrica Baku–Sabunçu–Surakhani (Azerbaijan) nel 1926.
  8. [8]Più o meno l’equivalente di un dicastero.
  9. [9]Gli “uffici di progettazione” (Конструкторское бюро, abbreviato “КБ”) durante l’epoca sovietica erano istituzioni composte da un gruppo di ingegneri incaricati di lavorare ad una specifica tecnologia o progetto, cui era messa a disposizione un’officina o piccola fabbrica per costruire i prototipi.
  10. [10]Znanie – Sila: rivista di divulgazione scientifica russa il cui nome, che significa “Conoscenza – Forza”, è ispirato alla frase attribuita a sir Francis Bacon (1561 – 1626): «ipsa scientia potestas est», la conoscenza stessa è potere.
  11. [11]Day, John Robert, and Brian Geoffrey Wilson. Unusual Railways. New York: Macmillan, 1958. Pagina 184.
  12. [12]Gli aerofreni fecero la comparsa in quegli anni, probabilmente in modo indipendente, anche negli USA: cfr “Air Brakes for Planes Greatly Reduce the Landing Speed” in Popular Science, gennaio 1933.
  13. [13]Pubblicato da Microprose.
  14. [14]Utente “lawton27” TT-Forums.net, 3 agosto 2009.

Si ringrazia Giorgio Castiglioni di Bibliotopia per la consulenza sulla traslitterazione dall’alfabeto cirillico.

Bibliografia e fonti

Immagini

  1. Sergej Rodionov, illustrazione dell’epoca (1930 c.a).
  2. Da un filmato dell’epoca [PD].
  3. Hapesoft, 2009 [GNU FDL/CC BY-3.0] Commons.
  4. ikaxer, 2008  [GNU FDL/CC BY-3.0] Commons.
  5. © racobovt, 2008. Depositphotos.
  6. da Popular Science, 1934 (op. cit.)
  7. Fotografia del 1932 [PD] da Rusarchives.
  8. Da un filmato dell’epoca [PD].
  9. Fotografia dell’epoca [PD].
  10. da Popular Science, 1934 (op. cit.)
  11. Da un filmato dell’epoca [PD].
  12. [GNU FDL] da “openttdfansite.info”
  13. [GNU FLD] Commons.
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Silvio DellʼAcqua

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Fondatore, editore e webmaster di Lapůta. Cultore di storia della Croce Rossa Internazionale. Appassionato di ricci.