di Francesco Bianchi Orsetto e Giorgio Castiglioni
con la consulenza di Bruna Carolina Baudel de Santana
Il Pernambuco è uno stato nel nord-est del Brasile. Come in tutto il Brasile, il calcio è molto popolare. Sono pernambucani alcuni famosi giocatori come Vavá, 23 partite e 14 gol in nazionale, due volte campione del mondo (1958 e 1962), capocannoniere (ex aequo con altri cinque giocatori) del mondiale del 1962, e Juninho Pernambucano, 40 partite e 10 gol in nazionale (avendo avuto come compagno di squadra un altro giocatore soprannominato “Juninho”, per distinguerli al nomignolo fu aggiunto l’aggettivo che indicava lo stato di provenienza e i due furono chiamati Juninho Pernambucano e Juninho Paulista). Le tre più forti squadre pernambucane, tutte e tre della capitale dello stato, Recife, sono il Náutico, il Santa Cruz e lo Sport (la pronuncia locale del nome della squadra è “Isporti”). Quello del 2014 è stato il centesimo campionato pernambucano e, di questi cento, 88 sono stati vinti da una delle tre squadre citate (40 dallo Sport, 27 dal Santa Cruz, 21 dal Náutico). Dal 1945 ad oggi il titolo è sempre finito a una delle tre.[1] Un solo titolo nazionale è finito nel Pernambuco, con la vittoria dello Sport nel 1987, conseguita peraltro in modo piuttosto rocambolesco.
Il calcio pernambucano ha comunque storie interessanti da raccontare. Cominceremo proprio con il campionato vinto dallo Sport e quindi incontreremo opossum e stregoni, i gol della biondina e del cacciatore di topi, il tifoso più fastidioso del Brasile e la squadra peggiore del mondo. Che l’Uomo della Mezzanotte e il Gallo dell’Alba[2] diano il via al nostro viaggio nel calcio pernambucano!
- [1]“Lista de Campeões.” Federação Pernambucana de Futebol. N.d. Web. 17-6-2014.↩
- [2]L’Uomo della Mezzanotte (Homem de meia-noite) e il Gallo dell’Alba (Galo da Madrugada) sono pupazzi giganteschi caratteristici delle sfilate dei carnevali, rispettivamente, di Olinda, storica capitale pernambucana, e di Recife, attuale capitale dello stato.↩
Sport
Lo Sport Club do Recife, in breve “Sport”, è stato fondato nel 1905. I colori sociali sono il rosso e il nero (posti sulle maglie a strisce orizzontali), per cui i giocatori sono detti rubronegros (“rossoneri”). Il simbolo della squadra è il leone. Lo “Sport” è campione del Brasile del 1987. La vittoria si lega però a una gestione caotica del campionato di quell’anno. La Copa União, come venne denominato il campionato brasiliano, fu divisa in módulos. Il Módulo Verde comprendeva le squadre più forti ed era di fatto considerato una serie A. Il Módulo Amarelo (“modulo giallo”) era visto come “una specie di seconda divisione non ufficializzata”.[3] In finale, nel Módulo Amarelo, arrivarono il Guarani e lo Sport. La finale di andata, giocata il 7 dicembre 1987 a Campinas, sede del Guarani, fu vinta dalla squadra di casa per 2-0, con una doppietta di Evair, che l’anno dopo andò in Italia, dove giocò tre campionati con l’Atalanta. Il 13 dicembre, all’Ilha do Retiro (lo stadio dello Sport, a Recife), si giocò la finale di ritorno. Lo Sport chiuse i 90 minuti sul 3-0, pareggiando il conto, così che (non tenendosi conto della differenza reti) si andò ai supplementari, conclusi senza reti, e quindi ai rigori. Dopo la serie dei primi cinque rigori le squadre erano sul 4-4. Si continuò a calciare rigori fino all’11-11. A quel punto il presidente dello Sport, Homero Lacerda, espresse il parere che nessuna delle due squadre meritava di perdere e propose alla squadra avversaria di fermarsi lì e considerare entrambe le squadre vincitrici del Módulo Amarelo. Il presidente del Guarani, Leonel Martins de Oliveira, approvò l’idea del collega e il torneo si concluse così.[4] Le finali del Módulo Verde si disputarono negli stessi due giorni. Il Flamengo, pareggiando 1-1 all’andata e battendo 1-0 al ritorno l’Internacional di Porto Alegre, si aggiudicò il titolo. La differenza di importanza attribuita ai due tornei era ben visibile sul settimanale sportivo Placar (oggi è un mensile). Il numero del 18 dicembre 1987 dichiarava in copertina «A Copa União è do Mengão» (La Coppa Unione è del Flamengo) e molte pagine erano dedicate alla vittoria della squadra di Rio de Janeiro, mentre bisognava arrivare a pagina 34 per trovare un articolo,di una sola pagina, sull’esito del Módulo Amarelo.[4] La Confederação Brasileira de Futebol, però, era di parere diverso: le prime due classificate dei due módulos dovevano affrontarsi in un quadrangolare. Il “Clube dos 13” (Club dei 13), gruppo che comprendeva le più forti squadre, compresi il Flamengo e l’Inter (come è chiamato comunemente l’Internacional di Porto Alegre), era però contrario, ritenendo che il Módulo Verde fosse chiaramente la prima divisione e che il Flamengo, campione di quel torneo, dovesse essere ritenuto a tutti gli effetti la squadra campione del Brasile. Il quadrangolare venne boicottato: Flamengo e Inter non si presentarono alle partite. A Sport e Guarani bastò presentarsi allo stadio per vedersi assegnata la vittoria a tavolino in tutte le sfide con le rivali del Verde e il quadrangolare si ridusse dunque a due sole partite. Il 31 gennaio 1988, in casa del Guarani, ci fu un pareggio per 1-1 e il 7 febbraio 1988, nella partita decisiva, lo Sport la spuntò per 1-0. La Confederazione assegnò quindi il titolo allo Sport e furono la squadra pernambucana e il Guarani a rappresentare il Brasile nella Copa Libertadores (l’analogo della Coppa dei Campioni europea).
«Che campione è questo?»: Placar, 12 febbraio 1988 n°923, p. 10.
Mentre la rivista Placar restava convinta che il vero vincitore del 1987 fosse il Flamengo e si chiedeva, dopo il verdetto favorevole allo Sport, «che campione è questo?»,[3] il presidente dello Sport Homero Lacerda cantava vittoria contro la “pirataria do Clube dos 13” (“pirateria del Club dei 13”).[3] Curiosamente, in seguito proprio lo Sport entrò nel Clube dos 13 (che mantenne il suo nome anche dopo che l’ingresso di altre squadre ne aveva fatto salire il numero oltre il 13 originario) ed è oggi l’unica squadra pernambucana a farne parte.
Nel 1987 lo “Sport” fu campione nazionale, ma non nel suo stato. Nel campionato pernambucano, come scrisse la rivista Placar facendo riferimento a una danza tradizionale del Pernambuco, «chi ballò il frevo dei vincitori fu il Santa Cruz»:[5] la finale si giocò il 16 agosto 1987 e si concluse sull’1-1,[6] dando il titolo al Santa al quale, per la formula del campionato, bastava il pareggio.
- [5]“Que campeão é esse?” Placar 12 Feb. 1988, n°923: pagg. 10-11. “Tabelão” Placar 12 Feb. 1988, n°923: pagg. 58.↩
- [4]“Título dividido.” Placar 18 Dic. 1987, n°915: pag. 34.↩
- [5]“Lição de humildade“, Placar 31 Dic. 1987 n°917: pag. 35.↩
- [6]“Tabelão“, Placar 31 Dic. 1987 n°917: pag. 31.↩
Zé do Rádio
Ivaldo Firmino dos Santos, ex poliziotto, è un pittoresco tifoso dello Sport di Recife. E’ conosciuto con il soprannome di “Zé do Rádio” (Beppe della radio) perché va allo stadio con una grossa radio, un modello di decenni fa della General Electric. Inizialmente la accendeva per sentire la cronaca della partita che guardava allo stadio, ma un giorno si era accorto che il suono dava fastidio all’allenatore della squadra avversaria dietro la cui panchina stava. Così pensò bene, da quel momento, di andare sempre a mettersi dietro la panchina avversaria mettendo la radio a tutto volume, aggiungendoci pure la sua voce. Tale azione di disturbo è diventata la sua vera attività allo stadio. «Sono l’unico tifoso al mondo che non guarda la partita» spiegò al giornalista inglese Alex Bellos «dico parolacce e basta, qualunque cosa mi passa per la testa. Ma sono un tipo educato e al termine mi presento a scusarmi. Lo faccio con spirito goliardico.»[7] Il suo comportamento gli ha fatto guadagnare nel 1999 l’appellativo di “tifoso più fastidioso del Brasile” da parte di Mário Zagallo, allenatore della Portuguesa (Zagallo è stato tre volte campione del mondo, due come giocatore, nel 1958 e 1962, e la terza come allenatore, nel 1970).[8]
- [7]Bellos, Alex. Futebol (op. cit.)↩
- [8]“Brasileiro Quarentão: Zé do Rádio, ‘o torcedor chato’, faz Zagallo rebolar.“ SporTV. 21-5-2011. Web. 17-5-2014.↩
Náutico
Il Clube Náutico Capibaribe, comunemente chiamato Náutico, è stato fondato nel 1901. Come suggerisce il nome (e i remi incrociati nel logotipo), la società faceva riferimento al canottaggio, ma incluse poi anche il calcio tra le sue attività sportive. I colori sociali sono il bianco e il rosso e per questo i giocatori sono denominati alvirubros (“biancorossi”). Simbolo della squadra è un opossum: la mascotte del Náutico è il timbu, ovvero l’opossum Didelphis albiventris. La scelta dell’animale come simbolo della squadra, secondo quel che riferisce anche il sito ufficiale, avvenne in seguito a una partita del gennaio del 1934 tra il Náutico e l’América. Si giocò sotto una forte pioggia e al termine del primo tempo, con l’América in vantaggio per 1-0, un dirigente del Náutico arrivò in campo per offrire una bevanda alcolica ai suoi giocatori che avevano le divise inzuppate di acqua. Vista la scena, i tifosi avversari cominciarono a gridare ai giocatori del Náutico «timbu!» Una voce popolare ritiene infatti che l’opossum sia goloso di alcol e tuttora c’è chi crede di fare cosa simpatica buttando alla bestiola pezzetti di pane imbevuti nel liquore.[9]Nel secondo tempo, però, il Náutico rovesciò le sorti dell’incontro e vinse per 3-1. I tifosi dell’América furono così contraccambiati con il coro canzonatorio «Timbu! 3 a 1!» In seguito a questo episodio il Náutico adottò il timbu come mascotte e la squadra è chiamata comunemente “Timbu”.[10]
Calcio e candomblé
Dal 1963 al 1968 il Náutico vinse per sei anni consecutivi il campionato pernambucano, un’impresa mai riuscita in precedenza ad alcuna squadra in questo torneo e sinora mai eguagliata. A questa serie di vittorie e agli scarsi successi giunti invece in seguito si lega una storia che parla di riti del culto afro-brasiliano del candomblé. Si racconta[11][12] che nel 1962 Bita, uno dei più famosi giocatori della storia del Náutico, si era rivolto a Pai Edu (Padre Edu, al secolo Edwin Barbosa da Silva, 1934-2011), un sacerdote del candomblé di Olinda. Dal 1963 al 1966 il Náutico vinse quattro campionati pernambucani consecutivi. Quindi, che fosse perché le monache del collegio dove studiavano i figli di alcuni dirigenti del Náutico fossero scandalizzate dalle abbondanti dosi di cachaça[13] impiegate nei riti o perché qualche dirigente non vedeva di buon occhio che «si desse tanto retta a un prete nero»,[14] Pai Edu fu allontanato. I biancorossi passarono quindi un periodo negativo che li convinse a richiamare il sacerdote, promettendo l’offerta di un toro se fosse arrivato il quinto titolo di fila. Il titolo arrivò e il Náutico vinse il campionato pernambucano anche l’anno successivo arrivando così a sei consecutivi, un’impresa mai riuscita in precedenza e mai eguagliata in seguito in questo torneo. La squadra, sollecitata a mantenere la promessa, mandò un bovino che era però castrato e secondo Pai Edu così l’offerta non valeva. Dopo quella serie di sei titoli, il Náutico vinse solo quattro campionati pernambucani in trenta anni. Nel 1999 la squadra diede il toro, insieme a quattro capretti e otto galline. Il sacerdote intendeva sacrificare le povere bestie, ma per fortuna, invece dell’entità che intendeva evocare, comparve la polizia che bloccò il barbaro rito. Pai Edu però rassicurò i biancorossi: avevano fatto il loro dovere e quindi il problema per loro era risolto. Dopo l’offerta del toro, arrivò un “miracolo”: ci fu una rapina nella sede della squadra e il malvivente diresse la pistola verso un dirigente lì presente, ma l’arma non sparò.[11] Sul terreno di gioco, viene riferito che «la squadra migliorò. Nel 2001, finalmente, vinse lo scudetto statale».[15]
«Non vincendo un titolo da nove anni, il Náutico paga il debito al pai-de-santo per esorcizzare il periodo negativo»: Placar, 1990 n°1150: p. 92.
A chi sente raccontare così la storia, le coincidenze possono apparire davvero notevoli. Se, però, la si esamina più attentamente, la storia si ridimensiona. Nonostante venga detto che Bita si era rivolto a Pai Edu già nel 1962, lo stesso sacerdote ha affermato di essere stato contattato per la prima volta dal Náutico, attraverso Bita, nel 1966.[16] Dunque la sequenza dei sei titoli non è cominciata dopo i contatti con Pai Edu: al contrario, quando il sacerdote entrò nell’orbita della squadra, questa era nel pieno della sua serie vincente. Si parla, dopo il quarto titolo, di un momento nero seguito alla cacciata di Pai Edu. Questo, però, non riguarda certo le partite che contavano. Il campionato pernambucano del 1967 cominciò a giugno e il Náutico non perse neppure una partita (11 vittorie e 5 pareggi). Le partite per la Taça Brasil[17] per il Náutico le partite cominciarono a ottobre e i biancorossi arrivarono sino alle finali, dopo aver eliminato nelle semifinali i campioni in carica del Cruzeiro. L’anno prima, in tale competizione, erano arrivate alle semifinali, nelle quali avevano affrontato il Santos di Pelé riuscendo a batterlo nella partita di ritorno. Insomma, non può certo sorprendere se a vincere il campionato pernambucano del 1967 fu la squadra che aveva già vinto i quattro anni precedenti e che in quel momento era nettamente la migliore squadra del Pernambuco e una delle più forti di tutto il Brasile. Anche l’affermazione che dopo la mancata offerta del toro cominciò un periodo negativo non è del tutto corretta. Secondo quanto disse lo stesso Pai Edu, la promessa fu fatta per il campionato pernambucano del 1967, ma, nonostante non avesse dato il toro, il Náutico vinse anche l’anno successivo, il sesto e ultimo titolo della storica serie. È vero che tra il 1969 e il 1998 i biancorossi vinsero solo 4 campionati pernambucani su 30, ma è pure vero che dopo l’offerta del toro nel 1999 le cose non cambiarono poi molto: dal 1999 al 2014 il Náutico ne ha vinti 3 su 16.[18]
La vicenda della rapina a mano armata nella sede della squadra è un esempio di come il contesto influenzi l’interpretazione. L’episodio viene visto come un “miracolo” perché il dirigente ne uscì illeso. Si potrebbe però vederlo anche -e forse a maggior ragione- come un fatto negativo: in fondo, anche senza conseguenze fatali, subire una rapina e vedersi puntare contro un’arma non può certo essere considerato un’esperienza piacevole. D’altra parte si può pensare che, se fosse avvenuto prima dell’offerta del toro anziché dopo, invece che come un “miracolo” la vicenda sarebbe stata citata come un’ulteriore dimostrazione della “maledizione” che pesava sulla squadra.[19] Vale ovviamente il discorso già fatto per l’offerta del 1999: dal 1981 al 2014 ha vinto 6 campionati pernambucani su 34. Un po’ meglio che nel periodo 1969-1981 (uno su 12), ma non sono comunque numeri eccezionali.
Per quanto possa sembrare curioso, non si tratta di un caso unico: il ricorso ai rituali dei culti afro-brasiliani da parte delle squadre brasiliane e dei loro tifosi è frequente. Anche lo Sport, in occasione della Copa do Brasil del 2008 promise un toro a un sacerdote del candomblé, Pai Carlos, qualora avesse vinto il trofeo, come in effetti accadde. La promessa fu soddisfatta nel 2011. La squadra diede a Pai Carlos 5000 reais, con i quali il sacerdote comprò un toro da 1100 reais e quattro capretti e ricompensò le persone che erano intervenuto al rito propiziatorio rivolto a Exu, una delle maggiori divinità (orixás) del candomblé. A scanso di equivoci, Pai Carlos chiarì che il toro non sarebbe stato sacrificato, ma donato a un ospizio.[20]
- [9]In realtà si può supporre che l’ingestione di alcool non sia salutare per l’opossum, per quanto l’effetto nocivo dipenda ovviamente dalla dose. In uno studio per una tesi presentata all’Università federale del Pernambuco si riferisce che i timbu cui era stato dato alcool avevano mostrato danni allo stomaco rilevanti non riscontrati invece in esemplari a cui non era stato somministrato. Tesi di Antonio Souto Gouveia Estudo histomorfométrico da musosa gástrica do Marsupial didelphis albiventris, submetido, ou não, à ingestão de álcool, 2004 (abstract).↩
- [10]“Símbolos“. Clube Náutico Capibaribe (sito ufficiale). Web. 17-5-2014.↩
- [11]Augusto, Paulo “Sai capeta!” Placar, aprile 1999 n°1150: pp.92-93↩
- [12]Bellos, Alex. Futebol pp.183-186 (op. cit.)↩
- [13]Cachaça: un’acquavite di canna da zucchero simile al rum, nota anche -appunto- come “rum brasiliano”. Cfr. Cavalcante, Messias Soares. A verdadeira história da cachaça. São Paulo: Sá Editora, 2011.↩
- [14]La prima è la versione riferita da Paulo Augusto (vedi nota precedente), la seconda quella riportata da Alex Bellos in Futebol (op. cit.)↩
- [15]La considerazione su gioco e scudetto del Náutico è riportata da Bellos in Futebol (op. cit.); per “scudetto statale” si intende quello del campionato dello stato del Pernambuco (non quello nazionale brasiliano).↩
- [16]“Edu sacrifica o terceiro boi do Náutico.” Jornal do Commercio. 26 Feb. 1999. Web. 17-6-2014.↩
- [17]Competizione a livello nazionale i cui titoli sono equiparati dalla Confederazione brasiliana di calcio a quelli del campionato nazionale nato nel 1971.↩
- [18]Dati tratti da Futebol Nacional.↩
- [19]Va aggiunto che già nel 1981 il Náutico aveva portato un bovino a Pai Edu (anzi, due: il primo venne respinto dal sacerdote perché era di colore nero e castrato, due caratteristiche a suo giudizio non accettabili). Lenivaldo Aragão “A praga dos 7 anos“ Placar, 4 settembre 1981, pp.64-65; Lenivaldo Aragão, “Náutico paga o boi“ Placar, 25 settembre 1981, pp. 74-75.↩
- [20]“Sport paga o boi que devia a pai de santo desde a Copa do Brasil de 2008.” globoesporte.com. 24 Mar. 2011. Web. 17-6-2014.↩
Santa Cruz
La terza delle “grandi” del Pernambuco è il Santa Cruz, indicato talora semplicemente come il “Santa”. Come Sport e Náutico, anche il Santa Cruz ha sede a Recife (il nome deriva dalla chiesa di Santa Cruz). E’ stato fondato nel 1914. I colori sociali sono il nero, il bianco e il rosso. In riferimento al numero dei colori, i giocatori del Santa sono chiamati tricolores. Inizialmente i colori erano solo bianco e nero, ma nel 1915 fu aggiunto il rosso. Una regola della neonata Liga Sportiva Pernambucana chiedeva che le squadre associate avessero tutte colori diversi. Anche un’altra squadra, il Flamengo (ovviamente non si tratta della famosa squadra di Rio de Janeiro, ma di una omonima squadra di Recife che vinse il primo campionato pernambucano) aveva maglie bianconere. Si tirò a sorte per decidere chi dovesse cambiare colori e toccò al Santa che aggiunse il rosso.[21] Simbolo della squadra è il cobra-coral (serpente corallo) nero, bianco e rosso.
Il cacciatore di topi
Il giocatore più noto del Santa è ora Flávio Augusto do Nascimento, conosciuto con il soprannome di Flávio Caça-Rato, ovvero “Flávio Caccia-Topo”.[22] L’origine di questo curioso nomignolo viene spiegata in modo diverso in due interviste al giocatore. In una, pubblicata dalla Gazzetta dello Sport, Flávio dice che, quando era un ragazzino, uccideva i topi a colpi di fionda aggiungendo che, se avesse fatto un gol per ogni topo ucciso a quei tempi, avrebbe superato il bottino di Pelé.[23] In un’altra occasione, però, il giocatore risponde che il soprannome era nato quando, da ragazzino, stava inseguendo un topo comparso il campo durante un allenamento e il suo allenatore lo aveva apostrofato chiedendogli se era lì per rincorrere i topi o il pallone. I gol del Caça-Rato hanno contribuito alla promozione del Santa in série B e i suoi tifosi, facendo riferimento alle iniziali delle due parole che compongono il suo soprannome e al suo numero di maglia, usano per lui la sigla CR7, che si richiama al “marchio” di Cristiano Ronaldo.[24]
Gazzetta dello Sport.it, 9 novembre 2007. Web. 17-6-2014↩
Ibis
L’Ibis Sport Club è stato fondato il 15 novembre 1938 da funzionari della TSAP (Tecelagem de Seda e Algodao do Pernambuco). Le maglie sono rosso-nero e simbolo della squadra è appunto l’ibis, raffigurato in nero e comunemente indicato come o pássaro preto (“l’uccello nero”). Se Náutico e Sport (e, sia pur un po’ più dietro, il Santa Cruz) si contendono il titolo di miglior squadra del Pernambuco, per l’opposto titolo di peggiore squadra non ci sono dubbi. L’Ibis è stata etichettata come «peggior squadra del Brasile»[25] e, anzi, è stata definita pure «o pior time do mundo» (la peggiore squadra del mondo), appellativo che peraltro porta con orgoglio. Dal 1947 al 2000 l’Ibis ha disputato 46 campionati pernambucani arrivando ultimo per ben 25 volte. Negli anni ’40 riuscì a infilare una serie di 23 sconfitte consecutive. Dal 1973 al 1983 riuscì a incassare dalle tre “grandi” di Recife due 13-0 (in uno dei quali, l’11 ottobre 1978, contro il Santa Cruz, il portiere dell’Ibis, Eudes, parò anche due rigori), due 11-0, due 10-0, e altri 10 punteggi superiori al 5-0. Nel 1979 perse tutte le 12 partite del campionato. Il 20 luglio 1980 riuscì a battere il Ferroviário di Recife per 1-0, ma da allora non vinse più una partita per quattro anni. La successiva vittoria arrivò il 17 giugno 1984, un 3-1 al San Amaro, dopo 7 pareggi e ben 48 sconfitte per un totale di 55 partite consecutive senza vittorie. Nel campionato del 1981 perse tutte le 18 partite, segnando solo 4 gol in tutto e prendendone 88 (una media di quasi 5 reti a incontro), arrivando a subirne 13 (a zero) in una sola partita con il Santa Cruz. I dati raccolti in un libro del 2011 contavano nella storia dell’Ibis 677 partite con 83 vittorie, 90 pareggi e ben 504 sconfitte.[26] Da ragazzi passarono velocemente nell’Ibis anche un paio di assi del pallone come Rildo, che giocò nella squadra nel 1959 e poi arrivò alla nazionale, segnando un gol negli sfortunati (per il Brasile) mondiali del 1966, e Vavá, che giocò nell’Ibis nel 1950-51.
«La peggiore squadra del mondo»: Placar, 29 luglio 1983 n°688
Mauro Shampoo, calciatore e parrucchiere
Il giocatore simbolo dell’Ibis è però Mauro Texeira Thorpe, conosciuto con il nome di “Mauro Shampoo”. Il soprannome si riferisce alla sua professione di parrucchiere e al film del 1975 Shampoo (regia di Hal Ashby) nel quale il protagonista, interpretato da Warren Beatty, è un parrucchiere donnaiolo. Nei suoi biglietti da visita, Mauro Shampoo si presentava come giocatore dell’Ibis (non dimenticando di segnalare che era «la peggior squadra del mondo»), parrucchiere e homem (uomo, nel senso di «maschio non omosessuale», come precisava lui stesso) e un disegno lo raffigurava in divisa da calcio mentre teneva palla con un avversario vicino e con in mano forbici e pettine.[27] Naturalmente, visto che si parla del pior time do mundo, non sorprenderà se il fatto che Mauro “Shampoo” ne sia stato il giocatore più rappresentativo non è legato a un particolare talento col pallone. Tutt’altro. In un film-documentario sulla sua vita[28] viene posta la domanda: «E’ meglio come parrucchiere o come calciatore?» La risposta dell’intervistato arriva pronta e netta: «Come parrucchiere!» Il presidente dell’Ibis, Ozir Ramos, riconosceva che in effetti con la palla non aveva grandi capacità, ma lo apprezzava come persona. Nella sua lunga carriera nell’Ibis, Mauro “Shampoo” ha segnato un solo gol, contro il Ferroviário di Recife che, comunque, dilagò vincendo per 8-1. Anche il figlio di Mauro Shampoo, Hamed Thorpe, ha giocato nell’Ibis, ricevendo il soprannome di “Xampuzinho” (Piccolo Shampoo).[29]
- [25]Aragão, Lenivaldo. Este è o pior time do Brasil. Placar 29 luglio 1983: 60-61.↩
- [26]Andreoli, Felipe. O pior futebol de todos os tempos. Panda Books, 2012. Sull’Ibis è stato anche pubblicato il libro di Israel Leal, O vôo do pássaro preto: a história do Íbis, o pior time do mundo, Livro Rápido, 2010.↩
- [27]Il biglietto da visita è mostrato nel libro di Andreoli (vedi nota precedente).↩
- [28]Mauro Shampoo: LP Filmes, 2006. Regia di Leonardo Cunha Lima & Paulo Fontenelle (vedi).↩
- [29]Xampu equivale a “shampoo” (la “X” iniziale in portoghese si legge come la “sh” inglese) e -zinho è un suffisso diminutivo.↩
Vitória das Tabocas
Nel XXI secolo, le squadre di calcio maschili del Pernambuco non hanno raggiunto risultati notevoli a livello nazionale. Meglio hanno fatto quelle femminili: quella dello Sport è arrivata in finale nella Copa do Brasil del 2008. Ancora meglio hanno fatto le giocatrici del Vitória das Tabocas, squadra di Vitória de Santo Antão, che tra il 2011 e il 2014 sono state due volte finaliste (nel 2011 e nel 2013) e due volte semifinaliste (nel 2012 e nel 2014). Tra le giocatrici che si sono distinte si possono citare Thaisinha e Ketlen.
Thaisinha (nome calcistico di Thaís Guedes Duarte), nata a São Paulo il 20 gennaio 1993, è stata la migliore marcatrice della Copa do Brasil del 2011 e del 2012 ed è nel giro della nazionale. Nel 2013 ha lasciato la squadra pernambucana per andare a giocare in Corea del Sud con le Red Angels di Incheon. Ketlen Wiggers, nata a Rio Fortuna nello stato di Santa Catarina, il 7 gennaio 1992, è conosciuta con il nome Ketlen o anche come “Barbie” (la carnagione chiara, i capelli biondi e gli occhi azzurri hanno suggerito un paragone con la famosa bambola). Nel 2008 ha vinto la Copa do Brasil con il Santos che ha battuto in finale lo Sport di Recife (Ketlen ha realizzato un gol sia nella finale di andata che in quella di ritorno). Dal 2011 al 2013 ha giocato nel Vitória das Tabocas ed è arrivata seconda nella classifica delle cannoniere della Copa do Brasil nel 2012 e nel 2013. Dopo la Copa do Brasil del 2013 è passata al Centro Olímpico e con questa squadra ha vinto già in quell’anno il campionato nazionale femminile. Con la nazionale brasiliana ha vinto la medaglia d’argento ai giochi panamericani del 2011 (il Brasile fu sconfitto ai rigori nella finale con il Canada).
Le squadre del sud
Le più note e titolate squadre brasiliane sono nel sud del paese. Ci sono le quattro squadre di Rio de Janeiro, Botafogo, Flamengo (la squadra più popolare nel paese), Fluminense, Vasco da Gama; le quattro squadre dello stato di São Paulo: Corinthians, Palmeiras,[30] Santos (la squadra in cui giocò Pelé), São Paulo; il Grêmio e l’Internacional (comunemente chiamato Inter) di Porto Alegre; l’Atlético Mineiro e il Cruzeiro[31] di Belo Horizonte. Una battuta popolare in Brasile dice che «se la macumba funzionasse, il campionato dello stato di Bahia finirebbe sempre con tutte le squadre alla pari».[32]
- [30]Un tempo chiamato “Palestra Italia”, essendo nato come la squadra della comunità italiana: il nome fu cambiato nel 1942 quando il governo di Getulio Vargas vietò l’uso di simboli e nomi relativi ai paesi nemici in guerra, come era l’Italia fascista. Furono anche mutati i colori sociali che, richiamandosi all’Italia, erano verde, bianco e rosso: quest’ultimo fu tolto e il Palmeiras da allora è alviverde (biancoverde – prevalendo il verde è comunque noto anche come verdão).↩
- [31]Come il Palmeiras, il Cruzeiro si chiamava un tempo “Palestra Italia” e anch’esso dovette cambiare il nome nel 1942.↩
- [32]La frase è stata attribuita sia all’allenatore Gentil Cardoso (cfr. Araújo, Maria Helena “Exu contra Mengão” Placar, 21 Set. 1979 n°491, pp.55-57) che al commentatore sportivo João Saldanha (cfr. Silva, Manoel Indalercio. Superpopulação: um super-problema. São Paulo: Baraúna, 2011, p.94).↩
Desafiando Roma, Mundo Livre S/A (dall’album Guentando a Ôia, 1996)
Bibliografia
- Alex Bellos, Futebol. Lo stile di vita brasiliano, Milano: Baldini Castoldi Dalai, 2003, pp.121-122.
- Placar Magazine, Editora Abril.
- Le fonti più specifiche sono indicate in nota in calce ai paragrafi.
Immagini
- 6-2013 São Lourenço da Mata, Recife [CC-BY-SA 3.0/br] Portal da Copa/Commons;
- TUBS, 2011 [CC-BY-SA 3.0] Commons;
- Antônio Cruz/ABr, 14-2-2008 Olinda [CC-BY-SA 3.0/br] Agência Brasil/Commons;
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