D’inestinguibil odio / E d’indomato amor.[1]A. Manzoni
Nel corso del XVII secolo la famiglia di George Calvert, barone di Baltimore, e la famiglia di William Penn, figlio dell’omonimo ammiraglio, ottennero dalla Corona inglese delle patenti per stabilire delle colonie private in America che portarono alla fondazione del Maryland e della Pennsylvania. Tra le due colonie nacquero delle dispute territoriali terminate nel 1763 con la definizione di una linea di confine tracciata dagli agronomi Charles Mason e Jeremiah Dixon: fu così stabilita la “Mason-Dixon’s Line” che diventerà successivamente la simbolica linea di confine tra le colonie del Nord e le colonie del Sud dei neonati Stati Uniti d’America.[2] Linea simbolica perché dal punto di vista naturale non vi è alcuna separazione in quanto montagne, valli e fiumi corrono prevalentemente da nord a sud, non da est a ovest, e ovviamente a ridosso della Linea Mason e Dixon anche le differenze climatiche sono minime.
Nel complesso tuttavia il Nord e il Sud degli Stati Uniti apparivano ed erano di fatto nel XIX secolo quanto di più diverso si possa pensare sotto ogni punto di vista: climatico, forestale, agricolo, sociale, culturale, industriale, religioso e politico. Unite nella lotta per l’indipendenza dal Regno Unito coronata nel 1783, ogni ex-colonia diventata Stato conservava una propria autonomia e sovranità che nel caso del Sud diventava vera e propria gelosia, tanto che mal si digerivano interferenze da parte del governo centrale, anche se l’élite sudista espresse o comunque controllò per lunghi anni la guida dell’Unione tramite il partito democratico-repubblicano (che successivamente conservò solo la prima parte del nome) fondato dal virginiano (e quindi sudista) Thomas Jefferson. Fu proprio Jefferson a inaugurare la politica di espansione territoriale degli USA acquistando da Napoleone la Louisiana francese[3].
L’acquisizione di nuove e vaste terre spinse un’ondata di pionieri, i cosiddetti frontiersman, a emigrare verso Ovest e per anni i loro interessi combaciarono con quelli del Sud in un’alleanza agricola (avversa all’affaristico Nord) che deteneva un grande potere politico. Nel corso dell’Ottocento la diversità tra il Nord e il Sud dell’Unione si approfondì maggiormente fino a diventare frattura prima e scontro aperto poi. In concomitanza infatti con l’avvio dell’industrializzazione nel Nord, nel Sud l’economia basata sulle grandi piantagioni e sull’utilizzo degli schiavi si rafforzò con l’aumento della produzione cotoniera. La “peculiare istituzione”, come eufemisticamente veniva definito lo schiavismo dai sudisti, era ben radicata in tutto il Meridione. Su questo punto è pero bene fare delle precisazioni onde evitare che il nostro occhio moderno e soprattutto europeo ci faccia distorcere la prospettiva. A determinare la presenza dello schiavismo nel Sud fu il clima e il tipo di piantagioni; la schiavitù infatti si estese a tutte le colonie, comprese quelle del New England, ma furono le condizioni climatiche ed economiche a determinarne il successo al Sud e la scomparsa al Nord[4] e non motivi morali o umanitari (anche al Nord era presente della discriminazione contro le persone di colore). Inoltre, il Nord seppe approfittare comunque del fenomeno gestendo la tratta estera degli schiavi da vendere al Sud. L’aumento del traffico estero degli schiavi che tanto arricchiva il Nord e la madre-patria Inghilterra preoccupò non poco l’élite sudista timorosa delle conseguenze sul lungo periodo di un così massiccio ricorso all’utilizzo degli schiavi. Le colonie del Sud furono le prime a emanare leggi per vietare la tratta di esseri umani dall’estero ma furono annullate dal governo inglese che non voleva assolutamente rinunciare ai profitti del commercio di uomini; ottenuta l’indipendenza gli Stati del Sud vietarono rapidamente per legge l’importazione di schiavi nei rispettivi territori, mentre per abolirla a livello federale si dovette vincere l’ostilità del Nord e solo anni dopo, nel 1808, la tratta fu abolita su tutto il territorio degli Stati Uniti (continuando però in piccola parte a livello di contrabbando), rimanendo in essere solo il “commercio” interno.
Dal punto di vista della vita quotidiana, la giornata di uno schiavo non era sempre un inferno. Mediamente, tolti quindi i casi di veri e propri aguzzini, lo schiavista del Sud provvedeva ad una vita decorosa dei propri schiavi (sia perché umanamente alcuni vi si affezionavano, sia perché rappresentavano il principale capitale investito) tanto che considerando meramente vitto, alloggio e condizioni lavorative gli schiavi del Sud potevano avere un tenore di vita migliore dei contadini europei o della classe operaia del Nord degli Stati Uniti. Gli schiavisti brutali e crudeli inoltre solitamente non erano ben visti dalla popolazione: celebre fu il caso di madame LaLaurie, una ricca proprietaria che seviziava e torturava i propri schiavi e che dovette fuggire da New Orleans e non farvi più ritorno perché rischiava il linciaggio dalla folla.[5] Non si può non citare anche episodi opposti di particolare benevolenza come ad esempio nel caso di Jefferson Davis,[6] futuro Presidente degli Stati Confederati d’America, che lasciava ai propri schiavi l’autogestione della piantagione senza alcun “bianco” a presidio. Precisato questo, la schiavitù era comunque un’istituzione indifendibile e arcaica anche nell’Ottocento perché per quanto largamente “benevolo” fosse il trattamento la schiavitù implicava il tenere degli esseri umani in una condizione priva di qualsiasi libertà e diritto, alla completa mercé di altri uomini, che metteva sullo stesso piano un essere umano con un aratro o un capo di bestiame. Che la schiavitù fosse qualcosa di moralmente condannabile oltre che di economicamente dannoso ne era ben consapevole l’élite del Sud[7] che ipotizzava però, e non del tutto a torto, di abolirla gradualmente onde evitare il collasso della società e dell’economia. In Virginia nel 1832 e nel Tennessee nel 1834 furono presi in esame dei provvedimenti per un concreto piano di abolizione graduale della schiavitù che però finirono poi nel nulla.
A raffreddare i propositi di abolizione graduale da parte dei sudisti contribuirono due particolari fattori: la diffusione della macchina cotton gin[8] che portò a livelli mai visti la produzione di cotone e l’avvio di una forte propaganda abolizionista nel Nord. Molto probabilmente più che la campagna abolizionista in sé a spaventare il Sud fu il fatto che tale campagna venisse da Nord, da qualcosa cioè che si percepiva come diverso e distante, al pari di un paese straniero, che pretendeva di dettar legge in casa altrui.
A partire dal 1832 inoltre l’élite sudista perse il controllo totale del governo dell’Unione ed iniziò una battaglia politica che la portò inevitabilmente a pensare di essere con le spalle al muro e a non poter più concedere nulla ai propri avversari (oltre al Nord anche nel Medio Ovest si andavano rafforzando gli interessi contrapposti a quelli del Sud). Fu questo probabilmente il principale fattore che spinse gli intellettuali sudisti dal disprezzo per la schiavitù, affermando di averla ereditata e non scelta, alla sua difesa come “bene positivo”. Più che un cambio di opinione fu una scelta dettata in larga parte dall’idea che nell’imminente battaglia contro il Nord non si dovesse prestare il fianco al “nemico” e pertanto anche la schiavitù andava difesa, e questo fu un errore politico e storico notevole. La schiavitù è quindi alla base della guerra civile americana? No, questa è l’idea che al tempo si diffuse in Europa riducendo la portata dello scontro in atto semplicemente ad una lotta tra abolizionisti e schiavisti. In realtà la schiavitù fu parte del terreno di scontro e in un certo qual modo fu il casus belli, soprattutto sul tema se accettarla o meno nei territori a Ovest,[9] ma non la causa principale che risiedeva nel fatto che a metà dell’Ottocento il Nord e il Sud degli Stati Uniti erano diventati due nazioni estranee e con interessi opposti e conflittuali, e a cui non bastava la lingua comune per restare insieme. Il Nord vedeva nel Sud un ostacolo al progresso, una società arcaica attaccata al suo provincialismo che impediva l’espansione di un’economia e di un governo moderni; il Sud vedeva nel Nord l’affermarsi di uno stile di vita gretto basato meramente sul denaro e di un’idea di governo accentratore a tutto danno delle autonomie locali. Questo dualismo Nord – Sud si riflesse anche nei rispettivi appellativi dalle origini incerte: da una parte gli Yankee che indicava i cittadini del New England e la canzone popolare Yankee Doodle, dall’altra Dixieland che identiticava il Sud e la canzone popolare Dixie, conosciuta anche come Wish I Was in Dixie o anche Dixie’s Land, inno dei sudisti (era però anche una delle canzoni preferite da Abraham Lincoln). Alle elezioni del 6 novembre 1860 si ebbe la resa dei conti. Il partito democratico si era diviso in due perché i sudisti volevano chiaramente una clausola di salvaguardia della schiavitù nella costituzione dello Stato del Kansas e del Territorio del Nebraska, anche se lì schiavi non ve n’erano: una battaglia di principio volta più che altro ad affermare il proprio potere e punto di vista. Questo ai frontiersman del Midwest non poteva andare bene non per questioni umanitarie (anzi agli afroamericani fu vietato in quei territori l’ingresso) ma per questione prettamente economica. Fu così che il partito democratico si scisse e si presentò con due candidati e due programmi mentre il partito repubblicano, sorto da poco e che portava avanti gli interessi del Nord e del Medio Ovest candidò Abraham Lincoln; alla disputa si aggiunse un quarto candidato del partito unionista – costituzionale anch’esso da poco costituito.[10] Il 7 novembre la notizia della vittoria di Lincoln fu vista come un imminente tentativo di sopraffazione del Nord e infiammò gli stati del Sud.
Il 9 novembre l’Assemblea Legislativa della South Carolina convocò i comizi per eleggere l’8 gennaio 1861 una Convenzione popolare per decidere il da farsi. L’Assemblea voleva così evitare che delle decisioni importanti fossero prese sull’onda dell’emotività ma l’ira popolare esplose per le strade e su tale pressione le elezioni furono indette per il 6 dicembre. Il 17 dicembre 1860 la Convenzione eletta si riunì e il 20 essa approvò all’unanimità l’ordinanza in cui si dichiarava che la South Carolina considerava sciolti i suoi legami con gli altri Stati proclamandosi Repubblica indipendente. Per i cittadini della South Carolina l’Unione, nata dalla guerra di indipendenza conclusa settantasette anni prima, era sciolta. Prima ancora delle elezioni il governatore della South Carolina aveva scritto agli altri stati sudisti per sondare le intenzioni secessioniste ma le risposte, eccetto quella entusiasta della Florida, furono molto caute. Ora la situazione era diversa e al proclama di secessione della South Carolina seguirono quelli del Mississipi, della Florida, dell’Alabama, della Georgia, della Louisiana e del Texas.
Nello Stato del Mississipi fu issata la Bonnie Blue Flag che rappresentò il primo vessillo della ribellione (con tanto di canzone popolare dedicata). La South Carolina propose una Convenzione per definire una linea d’azione comune che fu indetta a Montgomery in Alabama per il 4 febbraio. Il 5 febbraio la Convenzione nominò un comitato per redigere una costituzione che fu approntata solo due giorni dopo: essa stabiliva che il nuovo organismo composto dai sette stati secessionisti avrebbe legiferato tramite un parlamento provvisorio (che altro non era che la Convenzione tramutata in Congresso) e avrebbe eletto un Presidente e un Vice Presidente provvisorio. Nella costituzione non vi era indicato espressamente il nome del nuovo organismo ma nel testo vi erano ripetuti indicazioni del nome che passerà alla Storia: Stati Confederati d’America (C.S.A.)
Il 4 marzo mentre Lincoln si insediava a Washington come nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America, a Montgomery la Confederazione approvava la sua prima bandiera: essa consisteva in tre grandi barre orizzontali, rosso-bianco-rosso, con nel cantone un campo azzurro contenente sette stelle bianche, una per ogni Stato secessionista, che fu denominata “Stars & Bars” (‘Stelle e Barre’ a cui immancabilmente hanno dedicato una poesia e una canzone) in contrapposizione alla “Stars and Stripes” (‘Stelle e Strisce’) dell’Unione. Sulla paternità della prima bandiera della Confederazione vi fu successivamente una contesa tra Nicola Marschall, un tedesco residente nell’Alabama, e Orren Randolph Smith, cittadino del North Carolina; nel 1931 un indagine dell’Alabama Department of Archives and History si pronunciò a favore della rivendicazione di Marschall ma dato il tempo trascorso e le varie fonti discordanti l’Assemblea Legislativa dell’Alabama ha considerato entrambi come “Padri” della Stars & Bars. Il 13 aprile del 1861 nei pressi di Charleston (South Carolina) la Stars & Bars fu issata su Fort Sumter, strappato alle forze unioniste, sancendo l’inizio delle ostilità tra gli Stati Confederati d’America e gli Stati Uniti d’America. Il 15 aprile il presidente Lincoln, che nel suo discorso d’insediamento aveva tentato di rassicurare il Sud e spegnere le polveri del conflitto, proclamò l’esistenza di un’insurrezione chiedendo contemporaneamente ai Governatori dell’Unione l’invio di 75.000 miliziani per poterla reprimere.
Di fronte al proclama di Lincoln gli stati della Virginia, dell’Arkansas, della North Carolina e del Tennessee dichiararono la secessione, portando a 11 gli Stati Confederati; il Kentucky si proclamò neutrale isolandosi anche dall’Unione; Maryland e Missouri erano dilaniate da fazioni opposte che diedero vita ad una guerra civile nella guerra civile; i restanti 20 Stati rimasero fedeli all’Unione. A seguito dell’adesione della “prestigiosa” Virginia la capitale della Confederazione fu trasferita da Montgomery a Richmond e l’adesione di altri stati poneva il problema di “aggiornare” con nuove stelle la Stars & Bars. A William Porcher Miles tuttavia la Stars & Bars non piaceva affatto perché la considerava troppo simile alla bandiera dell’Unione. Miles aveva proposto un suo progetto di bandiera nazionale al Congresso ma fu bocciato: nessuno lo poteva sapere allora ma quel progetto si sarebbe preso un gran rivincita. Oltre a Miles gran parte della popolazione chiese a gran voce la sostituzione[11] della Stars & Bars proprio per via della sua somiglianza con la bandiera nemica, simbolo secondo i sudisti dell’oppressione e dell’aggressione imperialista del Nord. Anche sul campo di battaglia di Bull Run[12] la Stars & Bars creò non pochi problemi; infatti come se non bastasse la grande diversità di divise dei vari miliziani di ambo le parti, con milizie nordiste vestite di grigio e truppe sudiste vestite di blu come ad esempio la famosa Washington Artillery di New Orleans, i vessilli simili dei due contendenti misero in difficoltà il generale sudista Beauregard che non capiva se le colonne in avvicinamento fossero le sue o quelle del nemico. Lo scontento popolare e le esigenze militari indussero il Congresso a vagliare un progetto di sostituzione. L’Esercito della Virginia del Nord del generale Beauregard nel frattempo adottò la bandiera disegnata proprio da Miles che prevedeva una bandiera rossa solcata da croce di Sant’Andrea blu, listata di bianco e con all’interno della croce le 13 stelle della Confederazione (ovvero gli undici Stati che nel mentre avevano aderito alla Confederazione più quelli “rivendicati” del Missouri e del Kentucky[13]).
Altri generali sudisti come Buckner, Polk e Van Dorn ebbero delle proprie bandiere da battaglia ma fu quella di Miles, passata alla Storia come “Southern Cross” o anche “Rebel Flag”, a diventare la bandiera simbolo per antonomasia prima dell’esercito e poi della Confederazione. La Rebel Flag fu adottata come insegna da combattimento da parte di tutto l’esercito confederato, questa per lo meno evitava la confusione in battaglia, ma non fu mai la bandiera di Stato della Confederazione,[14] anche se fece la sua comparsa nel cantone delle altre due bandiere ufficiali.
Il 1 maggio 1863 fu adottata la “Stainless Banner“, la “Candida Bandiera”, simbolo per i sudisti della purezza della propria causa ovvero una bandiera bianca con nel cantone l’insegna da battaglia (ovviamente non mancò una canzone popolare ad essa ispirata). Ci fu anche a chi piaceva perché in essa vi vedeva il concetto della “supremazia bianca”, ma fu solo l’idea di qualche razzista.[15] Il primo uso ufficiale della Stainless Banner fu per adornare la bara del generale Thomas “Stonewall” Jackson [16] il 10 maggio 1863 e pertanto è nota anche come “Jackson Flag”. Essa fu regolarmente issata sugli uffici governativi, sulle navi, sui quartieri generali dell’esercito e in qualche raro caso usata anche come bandiera da battaglia. La bandiera appena adottata diede però vita ad un nuovo dibattito all’interno della Confederazione in quanto alcuni sostenevano che potesse essere scambiata, sopratutto a bordo delle navi, per una bandiera di tregua o anche per la bandiera borbonica, dato che il disegno originale prevedeva una lunghezza doppia rispetto alla larghezza e quindi con il color bianco dominante. Per ovviare all’inconveniente anziché essere prodotta secondo le misure previste fu spesso ridotta a delle misure più tradizionali.
Dalla nuova discussione nacque la terza bandiera confederata, la “Bloodstained Banner” ovvero la “bandiera macchiata di sangue”, adottata ufficialmente il 4 marzo 1865 esattamente quattro anni dopo la Stars & Bars, e che prevedeva l’aggiunta di una barra rossa verticale sul bordo destro della precedente insegna. Questa bandiera rimase pressoché inutilizzata in quanto poco più di un mese dopo la sua approvazione la Confederazione si arrese. Dopo quattro anni di una guerra sanguinosa e immane che richiese a entrambe le parti in lotta uno sforzo titanico, nel caso del Sud proprio per via della sua arretratezza industriale fu necessario uno sforzo sorprendente e ai limiti del possibile, gli Stati Confederati d’America scomparivano insieme alla Bloodstained Banner, mentre la Rebel Flag varcava le soglie della leggenda rimanendo tuttora, nella cultura popolare, il più diffuso simbolo di ribellione insieme al “jolly roger” dei pirati. Nel corso del Novecento la Rebel Flag ha però assunto nuovi e più oscuri significati. La bandiera da battaglia confederata è stata infatti adottata come simbolo dall’associazione segreta razzista nota come Ku Klux Klan che, sventolandola, rivendica l’assurdo e trogloditico concetto della supremazia “bianca”. Questo ha fatto sì di rafforzare nella popolazione afroamericana l’avversione verso la bandiera confederata considerata simbolo di odio razziale, discriminazione e schiavitù mentre per parte della popolazione del Sud altro non è che il simbolo per il quale degli antenati hanno combattuto e sono morti senza nulla avere a che fare con il razzismo.[17] Altri ritengono semplicemente che sia il simbolo di un passato che non ha molto senso rispolverare nel nuovo millennio. Storicamente la Rebel Flag si è guadagnata sui campi di battaglia onore e gloria immortali per merito del coraggio delle sue truppe[18] che credevano nella causa, condivisibile o meno, dell’indipendenza e non meriterebbe di essere considerata da alcuni un’insegna di orrore e di infamia sullo stesso piano della bandiera nazista.[19] Richiamandosi ai concetti di “Sud” e “Ribellione”, sui social network ne fu proposta anche una versione LGBT[20] ribattezzata “Rebel Rainbow”.[21] Certo è che la Rebel Flag suscita sentimenti diversi e contrastanti tali da infiammare la popolazione americana come nessun altro simbolo,[22] e il dibattito su di essa e su ciò che può rappresentare è sempre aperto.
Nel 2001 lo Stato della Georgia ha deciso di cambiare la propria insegna statale eliminando la Southern Cross e adottando una nuova bandiera in compenso molto simile alla Stars & Bars. Sempre nello stesso anno nel Mississippi la decisione sulla bandiera dello Stato fu affidata ad un referendum che vide prevalere il sentimento tradizionalista con il 65% delle preferenze. Il Mississippi rimane quindi l’unico Stato a conservare tuttora nel cantone la Rebel Flag; curiosamente nel decreto della bandiera statale che risale al 1894 la Rebel Flag è definita come “Union Square” (era stata definita come “Union” anche nel decreto confederato della Stainless Banner) e si afferma che le 13 stelle in essa contenute sono un riferimento alle 13 colonie originarie degli Stati Uniti (e non agli Stati della Confederazione).
Nel 2013 in Virginia sono scoppiate forti polemiche per via della richiesta da parte dell’associazione Virginia Flaggers di issare un grande “Southern Cross” su una delle strade principali di Richmond. In Europa oggigiorno la bandiera confederata è nota soprattutto per due motivi: la serie televisiva Dukes of Hazzard del 1979,[23] nella quale la Rebel Flag compariva sul tetto della Dodge Charger R/T ribattezzata General Lee, ed il gruppo musicale Lynyrd Skynyrd che ne ha fatto per anni il proprio simbolo, prima di rinunciarvi di recente sempre per via della “tradizionale” polemica su di essa. Per lo stesso motivo, nel 2012 anche la Warner Bros avrebbe deciso di rimuovere il controverso simbolo da eventuali future versioni della General Lee.[24] Ma cosa sarebbe l’auto dei Dukes senza la famosa bandiera sul tetto? Si rimane quasi increduli di fronte a ciò che può scatenare ancora oggi il simbolo della Confederazione, tanto che potremmo descriverla parafrasando Manzoni: «segno […] d’inestinguibil odio e d’indomato amor.».[1]∎
15 – A destra: l’attrice Lisa Snowdon con la General Lee alla premiere londinese del film Hazzard nel 2005:
sul tetto della Dodge Charger R/T è raffigurata la “Rebel Flag” confederata.
“Sweet Home Alabama” – Lynyrd Skynyrd (Second Helping, 1974).
Note
- [1]Il paragone con le parole dell’ode 5 Maggio di Alessandro Manzoni è liberamente tratto da Raimondo Luraghi (op.cit.) che le associa alla Confederazione.↩
- [2]La Pennsylvania può quindi essere considerata del Nord e il Maryland del Sud.↩
- [3]La cui estensione dell’epoca era pari grosso modo all’intera Unione: l’attuale Stato della Louisiana ne ricopre solo una piccola parte.↩
- [4]Un clima e un’agricoltura differente resero inutile la schiavitù anche nel Medio Ovest.↩
- [5]Al personaggio storico di madame LaLaurie è ispirato l’omonimo personaggio della serie TV American Horror Story – Coven.↩
- [6]Per altre informazioni poco note sul Presidente Davis consigliamo di visitare il sito di History Channel.↩
- [7]A testimonianza di come la schiavitù fosse già condannata a quel tempo vi è il pensiero fortemente critico verso di essa sia di Washington che di Jefferson, ovvero dei padri della patria americana (entrambi del Sud).↩
- [8]Sgranatrice di cotone: cotton gin è l’abbreviazione di cotton engine, “macchina per il cotone”.↩
- [9]Nello specifico Kansas e Nebraska.↩
- [10]Solo il candidato democratico, della metà che contava sul Medio Ovest, Stephen Arnold Douglas fece una campagna elettorale “nazionale” volta cioè a parlare degli interessi della nazione nel suo insieme, mentre John Bell del partito unionista–costituzionale per quanto mirasse alla salvaguardia dell’Unione tenne una campagna elettorale in tono minore. Lincoln invece non tenne alcun comizio onde evitare di cadere in contraddizione giacché il proprio partito che portava avanti interessi diversi e divergenti al Nord affermava determinate cose e ad Ovest altre.↩
- [11]George Bagby del Southern Literary Messenger scrisse: «Tutti vogliono una nuova bandiera confederata, quella attuale è universalmente odiata. Assomiglia alla bandiera Yankee e questo è sufficiente per renderla indicibilmente detestabile».↩
- [12]Per la precisione ci si riferisce alla prima battaglia del Bull Run datata 21 luglio 1861.↩
- [13]Il primo disegno di Miles prevedeva 15 stelle, una per ogni stato considerato del Sud.↩
- [14]Nonostante l’idea avesse un largo consenso.↩
- [15]Come nel caso del quotidiano Savannah Daily Morning News↩
- [16]L’appellativo “stonewall” lo guadagnò eroicamente durante la prima battaglia di Bull Run.↩
- [17]In tal senso va l’iniziativa di alcuni “nostalgici” che hanno creato t-shirt e adesivi con impressa la bandiera confederata e la scritta: «Se questa maglia ti offende, hai bisogno di una lezione di storia».↩
- [18]Tra le cui fila nelle ultime settimane di guerra militarono anche degli ex schiavi liberati in cambio della leva militare.↩
- [19]Come viene ad esempio definita in un articolo del The Washington Post.↩
- [20]Acronimo di “lesbian, gay, bisexual and transgender.”↩
- [21]Evan, “The Gay Confederate Flag: Or, Burn Down Atlanta” Burn Down Blog. 3 Mag. 2010. Web.↩
- [22]Qualche volta purtroppo sfociando persino nella violenza.↩
- [23]Arrivata in Italia nel 1981. Dalla serie fu tratto il film Hazzard (2005).↩
- [24]Sampson, Mike “Warner Bros. Removing Confederate Flag From ‘Dukes of Hazzard’ Car“. ScreenCrush. 27 Ago 2012. Web.↩
Bibliografia e fonti
- Luraghi, Raimondo Storia della guerra civile americana. Milano: Biblioteca Universale Rizzoli (BUR), 2009.
- Devereaux, Cannon Jr. The Flags of the Confederacy: An Illustrated History. Gretna (LA): Pelican Publishing Co. 1994.
- Coski, John M. The Confederate Battle Flag: America’s Most Embattled Emblem. Cambridge: Belknap Press of Harvard University Press, 2006.
- “Pennsylvania” Enciclopedia Treccani. Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Web.
- Geoghegan, George. “Why do people still fly the Confederate flag?” BBC News. British Broadcast Corporation. 30 Ago 2013. Web.
- “Flags of the Confederacy” The Museum of Confederacy. n.d. Web.
- Fontana, Matteo “Le bandiere da battaglia confederate“. La Guerra Civile Americana. 20 Giu 2014. Web.
- “Civil War Music: God Save the South” Civil War Trust. n.d. Web.
- “State Flags” Missisipi’s Official State Website. Missisipi Government. n.d. Web.
- “Missisipi” Netstate NSTATE, LLC.
Immagini
- © inyrdreams/Depositphotos.
- A.J. Johnson, Johnson’s Delaware and Maryland, 1864 [PD] Commons.
- Gilbert Stuart, Thomas Jefferson, olio su pannello 1821 [PD] Commons.
- George N. Barnard, 1864 [PD] Commons.
- [PD] New York Public Library/Commons.
- 1896 [PD] Library of Congress.
- Alexander Gardner, 8-11-1863 [PD] Commons.
- [PD] Commons.
- [PD] Commons.
- Golbez [CC-BY-SA 3.0] Commons.
- MamaGeek, Chancellorsville 4-5-2008 [CC-BY-SA 3.0] Commons.
- [PD] Commons.
- [PD] Commons.
- Michael Jones [CC-BY 3.0] Commons.
- Londra, 22 agosto 2005. © Niki Nikolova/FilmMagic/Getty.
- A. King [CC-BY 2.0] Flickr/Commons.