Il faro di Mussolini

Il faro di Mussolini

L'opera coloniale più controversa e il sogno dell'Impero nella Somalia Italiana. 1889-1941

Un'appassionata e meticolosa indagine che esplora i luoghi dove le vite di enigmatici sultani si sono intrecciate con corrotti avventurieri, entra nei palazzi dove furono stretti accordi segreti e si consumarono inganni che hanno segnato gli avvenimenti cruciali della storia coloniale italiana.

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…non c’è un faro sul capo, né su alcuna delle isole, né in qualsiasi punto della costa italiana. Nella regione la tendenza da parte dei Somali è l’omicidio di tutti i guardiani del faro… Alonzo Barton Hepburn, Story of an outing (1913)

Ricostruito nel 1930 in forma di fascio littorio, pur così lontano dalla madrepatria è rimasto a duratura testimonianza di un periodo controverso della storia italiana. La storia del faro di Capo Guardafui, eretto in Somalia sull’estremo orientale del Corno d’Africa, inizia però molto tempo prima, nel 1869, quando fu aperto il Canale di Suez mettendo in comunicazione il mediterraneo con il Mar Rosso e creando una nuova, più breve via per le Indie. Da allora il “leone dormiente” di Capo Guardafui, o “promontorio degli aromi” come già lo chiamavano i romani che qui si rifornivano di incenso e mirra, divenne teatro di un’epopea salgariana fatta da pirati, sultani, imperatori, cartografi, poeti, trafficanti ed avventurieri di ogni genere. Tutto questo mentre nei palazzi della vecchia Europa si discuteva sulla necessità di un faro per mettere fine ai frequenti e tragici naufragi che gettavano piroscafi e marinai tra le mani dei pirati migiurtini. Ma soprattutto si discuteva su chi dovesse costruirlo e mantenerlo e alla fine, dopo oltre trent’anni di carteggi diplomatici, ad accollarsi oneri ed onori dell’impresa fu l’Italia che già dal 1880 possedeva nel Corno d’Africa territori in concessione dal sultano locale, premessa della futura Africa Orientale Italiana. Ma costruire un faro lì sarebbe stato tutt’altro che semplice: al di là delle difficoltà tecniche e logistiche, il segnale doveva essere costantemente protetto dall’ostilità dei migiurtini e dovette quindi essere “fortificato” e presidiato da una guarnigione militare a vigilare, come il Forte Bastiani sul Deserto dei Tartari, su un pericolo incombente ma che non avrebbe tardato a manifestarsi. Nonostante tutto il faro, difeso dai fucilieri àscari e dai cannoni delle navi della Regia Marina, resistette alla pressione delle continue guerriglie per la presa della postazione. A metterlo nuovamente in pericolo furono gli agenti atmosferici: il traliccio in ferro si andava «deteriorando di giorno in giorno» (come scrisse la Rivista Aeronautica nel 1929) e sarebbe stato presto necessario ricostruirlo, e questa volta si fece in pietra. Fu allora che assunse l’attuale aspetto di fascio littorio: in patria si vivevano gli anni del ventennio fascista, ed ogni opera era intesa anche in senso celebrativo. Sopravvissuto alla seconda guerra mondiale, dopo il 1960 circa il faro cadde nell’oblio, fino a quando fu “riscoperto” nel 2013 dall’autore che sorvolava il capo a bordo di un elicottero della Marina Militare italiana durante una’operazione antipirateria…

Quella raccontata da Alberto Alpozzi è una storia avventurosa, dalle atmosfere magiche di Corto Maltese, dal profumo di cardamomo, balsami esotici e polvere da sparo; una storia nella quale si intrecciano personaggi inaspettati (Giuseppe Verdi, Theodore Roosevelt, Graf von Zeppelin, Gustave Eiffel, solo per citarne alcuni). Ma è anche uno scorcio sulla vita delle colonie italiane in Africa orientale, un mondo créolo quasi dimenticato, fatto di Italia ed italiani inseriti in un luogo magico e tanto distante dalla terra cui siamo abituati, ma allo stesso tempo, in qualche modo, inaspettatamente “familiare”.

Silvio Dell’Acqua

Dettagli
Autore:
Generi: Geografia, Storia
Tag: Africa, Africa Orientale Italiana, fari, pirateria, Somalia, storia
Editore: 001 Edizioni
Anno di pubblicazione: 2015
Lunghezza: 191
ASIN: 8899086281
ISBN: 9788899086282
Prezzo di listino: € 18,00
Dicono
«Forse il Faro Francesco Crispi può gettare ancora la sua luce su argomenti, persone e fatti del passato e del presente, di certo è il racconto di una bella impresa.»
– Giorgio Ballario, giornalista de "La Stampa"