Qualcuno dovrebbe dire…

In Editoriali di Giovanni Melappioni

11138658_876822895694846_2227935225664899936_n

Parliamo di sicurezza nei tribunali. Qualcuno dovrebbe dire quanta pressione fanno gli avvocati e i magistrati per non essere “stressati” dalle guardie giurate all’ingresso. Ricordo benissimo, data la mia esperienza come guardia presso il tribunale di una città capoluogo di provincia, le parole dell’ordine degli avvocati «Non ci romperete mica i coglioni tutti i giorni con questi tesserini!» e il procuratore di allora preoccupatissimo che magistrati e importanti membri dell’avvocatura potessero risentirsi di controlli troppo approfonditi. Il regolamento prevedeva di mostrare un tesserino, di plastica o su cartoncino, con timbri sbiaditi e una foto tessera che in confronto quella delle nuove patenti era un poster. Noi chiedevamo di mostrarlo ma poi il riscontro dov’era? Sapete che la metà dei censiti negli albi degli avvocati non ha una fotografia in tale albo? Quindi entra tizio X che mostra un tesserino con una fotina (può essere la sua, che cambia?) e tu non puoi riscontrare nulla. I primi giorni eravamo stressanti, telefonavamo in procura, all’ordine degli avvocati, alla questura finché non ci è stato fatto capire che «esagerate, che volete che succeda? Fatevela finita o tutti a casa!». Non è mica finita: c’erano avvocati che facevano entrare chiunque al grido «sta con me!»… e quindi? Quando li fermavi succedeva il finimondo. Come si permettono questi straccioni di ritardati -perchè se fai la guardia giurata è chiaro per tutti che tu sia un fallito- di mettere in dubbio la mia onestà? E quelli che entravano dalle porte di sicurezza aperte dagli amici e con un sorriso del cazzo ti dicevano «Che fai, mi spari?»

Ma il vero problema era che se facevi il tuo dovere diventavi una rottura di coglioni (e fascista), il servizio era stressante ma, ok, qualcuno di noi ci credeva che fosse importante e faceva spallucce, rimanendo ligio ai doveri imposti dal servizio. Quando però si scolla il collegamento con le forze dell’ordine, quelle vere, e pure loro pensano che tutto sia una farsa esagerata, che tanto che vuoi che accada, che dovete darvi una calmata che poi gli avvocati e i magistrati si incazzano… ecco, allora si può entrare con una pistola in tribunale.

Chiudo con la spiegazione della foto qui allegata. Quel coltello l’ho rilevato io con lo scanner a raggi-x. Non era un modellino da mercatino ma una lama in acciaio. Ho testimoniato al processo che ne è seguito. Sapete cosa ricordo di tutta la faccenda? Il carabiniere della polizia giudiziaria che mi dice «e fallo andare via, sai che coglioni adesso che tocca verbalizzare?» E l’avvocato dell’uomo che mi disse se avevo idea di quanto tempo avevo fatto perdere a tutti, visto che l’uomo aveva dichiarato di essersi sbagliato e che voleva riportare la lama in macchina! Certo, i miei sono tutti aneddoti. Aneddoti.