USS_William_D._Porter_(DD-579)

1 – La USS William D. Porter (DD-579) alle isole Aleutine, il 9 giugno del 1944.

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2 – Il presidente Franklin Delano Roosevelt (1882–1945).

Il Commodoro William David Porter apparteneva ad una famiglia di tradizione militare e ne mantenne alto il nome  durante la guerra civile americana. In suo onore nel 1943 entrò in servizio la USS William D. Porter (DD-579), un cacciatorpediniere della classe Fletcher: la nave più impacciata della seconda guerra mondiale. Alla Willie Dee, com’era stata ribattezzata la nave dai marinai statunitensi, fu assegnato l’incarico di scortare la corazzata USS Iowa (BB-61) con a bordo il presidente Franklin Delano Roosevelt, insieme a buona parte dei vertici politici e militari americani, verso l’Algeria da dove poi il Presidente si sarebbe diretto a Teheran per un vertice con Churchill e Stalin.[ref]La famosa e storica Conferenza di Teheran.[/ref] La Willie Dee iniziò la missione nel migliore dei modi: il 12 novembre del 1943, durante le manovre preliminari alla partenza nel porto di Norfolk, riuscì con la propria ancora ad agganciare la ringhiera della nave accanto strappandole via tutto, compreso una scialuppa di salvataggio, e facendo cadere in mare tutta una serie di attrezzature; in compenso la Willie Dee se la cavò con qualche graffio. La corazzata Iowa con la sua scorta composta da due portaerei e tre cacciatorpediniere[ref]Tra cui per l’appunto anche la Willie Dee.[/ref] partì il 13 novembre con l’ordine di mantenere il totale silenzio radio per il timore di diventare obiettivo dei micidiali U-Boot tedeschi. Il convoglio procedeva tranquillamente e in silenzio quel 13 novembre quando all’improvviso una tremenda esplosione squarciò la quiete, e le navi misero subito in atto delle manovre anti-sommergibile… finchè la Willie Dee non avvisò che non vi era alcun sottomarino nemico, e che l’esplosione era dovuta ad una sua bomba di profondità accidentalmente caduta in mare da poppa (ovvero avevano dimenticato di “mettere la sicura”). Non era ancora passata la paura per l’esplosione che la Willie Dee fu investita da un’onda anomala che portò via tutto ciò che sul ponte non era ben assicurato, compreso un uomo che purtroppo non fu mai ritrovato; poco dopo una delle caldaie perse potenza e la nave fu distanziata dal convoglio. Il giovane Capitano della Willie Dee, Wilfred A. Walter, fu rimproverato dall’Ammiraglio King e promise di far allenare duramente il suo equipaggio al fine di migliorare le prestazioni della nave per il resto del viaggio. Le cose però andarono in maniera leggermente diversa da quanto si auspicava il Capitano.

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3 – La corazzata USS “Iowa” (BB-61) rifornisce la fregata USS “Halyburton” (FFG-40), durante l’esercitazione NATO Ocean Safari ’85 il 6 settembre 1985 (US Navy).

Il 14 novembre al largo delle Bermuda fu avviata un’esercitazione per mostrare al presidente Roosevelt le misure anti-aeree di cui era dotata la corazzata. Il capitano della Willie Dee, intravedendo una possibilità di riscatto, fece colpire i bersagli finti sfuggiti ai colpi della Iowa e diede l’ordine ai propri marinai di mettersi ai posti di combattimento per simulare una battaglia. Nella camera di lancio dei siluri gli addetti erano i marinai Lawton Dawson e Tony Fazio che nell’attesa di ordini avevano scelto come facile bersaglio, per via della grande mole che avevano davanti, proprio la Iowa. Finalmente un ufficiale ordinò il lancio in sequenza dei quattro siluri: «fire one», «fire two», «fire three». L’ordine «fire four» non fu mai pronunciato in quanto il panico si era impossessato dell’ufficiale. Al momento infatti del terzo lancio simulato un suono inequivocabile e tremendo era stato udito: il siluro era partito per davvero. Il marinaio Dawson aveva dimenticato di rimuovere il primer[ref]Ovvero la carica esplosiva necessaria al lancio del siluro.[/ref] dal siluro numero tre che era quindi realmente partito in direzione della Iowa. La USS William D. Porter aveva appena sparato al Presidente degli Stati Uniti d’America. L’ufficiale Seward Lewis assistendo alla scena chiese con un tono assolutamente calmo e innocente al Capitano: «Hai dato il permesso di sparare un siluro?», Walter rispose «Diavolo, no, io, io… cooooosa?». [ref] L’originale in inglese è «Hell, no, I, I … whatttttt?».[/ref] Il siluro avrebbe impiegato circa cinque minuti prima di colpire la corazzata e consci di questo a bordo della Willie Dee scoppiò un pandemonio. Il capitano Walter ordinò di avvertire la Iowa, ma per via dell’ordine tassativo di mantenere il silenzio radio pensò di farlo con il segnalatore luminoso. Per colpa del panico, della fretta e dell’inesperienza il marinaio preposto al segnalatore prima inviò il messaggio che un siluro era in acqua ma che si allontanava dalla Iowa, poi al secondo tentativo segnalò che il cacciatorpediniere stava andando in retromarcia e a tutta velocità. Alla fine per la disperazione si decise di ricorrere alla radio e dalla Willie Dee urlarono «Lion,[ref]Lion era il nome in codice per la corazzata Iowa.[/ref] Lion, arriva a destra!». A bordo della Iowa furono colti dalla sorpresa e chiesero di identificarsi e di ripetere il messaggio; dalla Willie Dee risposero con «Siluro in acqua! Lion arriva a destra! Emergenza! arriva a destra, Lion! arriva a destra!». Quasi in contemporanea con le urla disperate dalla Willie Dee dal ponte della corazzata fu avvistato il siluro e dato l’allarme. Gli artiglieri della Iowa iniziarono a sparare mentre la nave virò pesantemente per evitare la minaccia. Le guardie del corpo del presidente Roosevelt dovettero fissare la sua sedie a rotelle sul ponte della nave[ref]Nonostante la notizia del siluro che si dirigeva verso la corazzata Roosevelt infatti non si scompose e volle vedere di persona quanto accadeva.[/ref], mentre uno di loro in un eccesso di zelo al limite del ridicolo estrasse la pistola e la puntò verso il siluro. Tutti trattennero il fiato ma alla fine il siluro esplose nella scia della corazzata senza provocare danni. Roosevelt annotò sul suo diario l’evento scrivendo che il siluro aveva mancato la nave per poche centinaia di metri. Il capitano Walter ebbe appena il tempo di esclamare «Ce l’abbiamo fatta!» che vide i cannoni del resto del convoglio puntati contro di lui; provò a spiegare che si trattava solo di un madornale errore, ma ormai a bordo della Iowa temevano che sulla Willie Dee vi fosse un sabotatore con l’incarico di uccidere il Presidente. La nave abbandonò il convoglio, e si diresse verso una base americana nelle Bermuda dove ad accoglierla trovò dei Marines armati che, per la prima volta nella storia della marina americana, arrestarono in massa l’equipaggio.

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4 – Franklin D. Roosevelt (al centro) alla conferenza di Teheran del 1943, tra Joseph Stalin (a sinistra) e si Winston Churchill (a destra): nonostante tutto, riuscì ad arrivarci vivo (US Army).

Durante le indagini emerse che non vi era alcun sabotatore e che semplicemente l’equipaggio della Willie Dee, dai marinai fino al capitano, era troppo giovane e inesperto. La Marina condannò lo stesso il marinaio Dawson a quattordici anni di lavori forzati per aver attentato alla vita del Presidente e per aver mentito in un primo momento sulla sua dimenticanza; il presidente Roosevelt tuttavia annullò la condanna dal momento che si era trattato di un mero incidente e che nessuno si era fatto male. Ritornata in servizio alla Willie Dee toccò essere puntualmente salutata con scherno dalle altre navi della marina al grido di «Non sparate! Siamo repubblicani!», oppure da «Che fine ha fatto il pesce che è sfuggito?». La nomea che circondava la nave non era delle migliori e i marinai che le venivano assegnati non erano contenti dell’incarico per via della sua cattiva fama. In realtà gli equipaggi americani a bordo delle navi della seconda guerra mondiale erano parecchio giovani e inesperti e praticamente tutti avevano commesso degli errori, ma aver sparato al Presidente non aveva eguali. Alla Willie Dee fu assegnato un incarico secondario nelle isole Aleutine in Alaska, ritenuto più adatto e meno rischioso. Per quanto il suo equipaggio lavorasse e si esercitasse duramente tuttavia la sua sfortuna non era ancora finita: un marinaio tornò ubriaco a bordo della nave e decise di sparare un colpo con il cannone da 5 pollici, e vani furono i tentativi di fermarlo. Con una precisione che ha dell’incredibile il colpo atterrò, per fortuna senza fare danni, esattamente nel cortile di casa del comandante della base militare delle Aleutine, che in quel momento stava tenendo una festicciola con altri ufficiali e rispettive mogli.

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5 – La USS William D. Porter (DD-579) colpita ad Okinawa il 10 giugno 1945, viene soccorsa dalle USS LCS-86 e USS LCS-122 (Naval Historical Centre).

Verso la fine della guerra, dato che ogni forza era richiesta, la Willie Dee fu inviata, con a bordo un equipaggio più esperto, nel teatro di battaglia del Pacifico Orientale. Il 10 giugno del 1945 un aereo kamikaze giapponese puntò sulla Willie Dee; l’aereo fu abbattuto ma la bomba continuò la sua corsa in acqua fino a esplodere sotto la nave. L’equipaggio fu evacuato completamente e dopo tre ore di agonia la Willie Dee si inabissò nelle acque dell’Oceano Pacifico. Per quanto nota nell’ambito della Marina la storia dell’incidente tra la USS William D. Porter e la USS Iowa fu tenuta ufficialmente segreta fino al 1958. [endmark]

Note

[references class=”compact”/]

Bibliografia e fonti

Immagini

  1. US Navy photo #: NH 97804 [PD] via Commons.
  2. [PD] Library of Congress.
  3. PH1 Jeff Hilton, US Navy, 6 settembre 1985 [PD] Commons.
  4. US Army, 28 novembre – 1 dicembre 1943 [PD] Commons.
  5. 10 giugno 1945 [PD] Naval Historical Center/Commons.
1914-2014: 100º anniversario della Grande Guerra
Anzac,_the_landing_1915

1 – 1915, sbarco della 3ª brigata di fanteria australiana del contingente Australiano-Neozelandese (ANZAC). Dipinto di George Washington Lambert (1873–1930), Imperial War Museum.

Mustafa_Kemal_Atatürk_(1918)

2 – Mustafa Kemal Atatürk, comandante dell’esercito ottomano.

– Abbiamo cartucce a palla?
– Si.
– Bene. Avanti.Dialogo tra Mustafa Kemal Atatürk e un soldato
alla notizia dell’arrivo degli inglesi.

Nell’estate del 1914 mentre il piano tedesco d’invasione della Francia s’impantanava e il tanto temuto rullo compressore russo si sbriciolava a Tannenberg, un altro impero era ad un bivio. Il grande malato d’Europa, com’era stato ribattezzato l’Impero Ottomano in evidente parabola discendente, era incerto sul da farsi diviso com’era dalla tradizionale alleanza con la Gran Bretagna e il timor panico di un’invasione russa per la conquista dello stretto dei Dardanelli. In tutto questo i tedeschi grazie alle abili mosse del loro ambasciatore, il barone Marschall Von Bieberstein, strinsero il 2 agosto 1914 un’alleanza segreta con il Gran Visir in funzione anti-russa. Il giorno dopo le prime mine anti-nave venivano posate nello stretto dei Dardanelli e iniziava la mobilitazione delle forze turche. L’entrata in guerra della Gran Bretagna contro la Germania però mise a forte repentaglio l’accordo tra tedeschi e turchi. La cosa ebbe un impatto talmente forte che l’Impero Ottomano, accantonando decenni di aggressioni al proprio territorio, arrivò al punto di offrire alla Russia un’alleanza: un’occasione d’oro per i russi di assicurarsi i rifornimenti dagli alleati.


[mapsmarker marker=”122″ basemapDefault=”googleTerrain” width=”100″ widthUnit=”%” height=”360″ panel=”false”] La penisola di Gallipoli e lo stretto dei Dardanelli

L’Impero dello Zar però ambiva da troppo tempo all’annessione dello stretto dei Dardanelli, e quindi al tanto agognato accesso al Mediterraneo, che rifiutò l’offerta senza neppure preoccuparsi di avvisare gli alleati francesi e britannici. Alla fine, complice l’iniziativa inglese di bloccare la consegna di due nuove corazzate alla Turchia (il che mandò su tutte le furie la popolazione, la quale aveva sottoscritto l’acquisto contribuendo anche privatamente) e la mossa tedesca di riparare le navi Goeben e Breslau presso i Dardanelli, la situazione iniziò a inclinarsi verso l’inevitabile. Tuttavia inglesi e turchi tentarono ancora diverse volte di conciliare la situazione[ref]Tanto che per timore di offendere i turchi gli inglesi non nominarono l’ammiraglio Limpus a capo della divisione inglese nei Dardanelli: Limpus era l’unico ammiraglio inglese ad avere una conoscenza approfondita della Turchia e dello Stretto.[/ref] ma alla fine i tedeschi forzarono la mano e insieme ad una squadra turca attaccarono la Russia varcando così il “Rubicone” diplomatico. Alla fine di Ottobre la guerra tra Triplice Intesa e Impero Ottomano (che entrava così nella Triplice Alleanza) fu ufficialmente dichiarata.

Aerial_view_Dardanelles_town_1915_1

Aerial_view_Dardanelles_town_1915_23 e 4 – Il villaggio di Çanakkale, sulla sponda meridionale dello stretto dei Dardanelli, fotografato durante una ricognizione aerea francese nel 1915. Da The War Illustrated del 14 agosto 1915.

Al momento della dichiarazione di guerra le difese turche nello Stretto erano antiquate e incomplete e un attacco immediato e congiunto di Russia e Gran Bretagna avrebbe avuto non poche possibilità di successo. I britannici tuttavia si limitarono ad un paio di incursioni e i turchi incredibilmente se la presero talmente comoda che solo a febbraio del 1915 fu dislocata una divisione nella penisola di Gallipoli, mentre a marzo del 1915 venivano completati i lavori di rafforzamento difensivo. Negli archivi dello Stato maggiore turco viene ammesso molto candidamente che «fino al 25 febbraio sarebbe stato possibile effettuare con successo uno sbarco in un punto qualsiasi della penisola, e la conquista dello Stretto da parte di forze terrestri sarebbe stata relativamente facile». L’ironia della sorte volle che la Triplice Intesa ebbe anche un’occasione nell’agosto del 1914 di occupare i Dardanelli senza inviare proprie truppe: la Grecia infatti aveva offerto tutte le proprie forze mettendole a disposizione dell’Intesa. Gli inglesi tuttavia ancora convinti di poter recuperare il rapporto coi turchi declinarono l’offerta per non offendere l’Impero Ottomano, che nei confronti della Grecia covava un odio insanabile. Solo un uomo in Inghilterra capì l’importanza di assicurarsi il controllo dello Stretto dei Dardanelli e provò in tutti i modi ad attirare l’attenzione sul problema: quell’uomo era il Primo Lord dell’Ammiragliato e si chiamava Winston Churchill. La tesi di Churchill viene avvalorata in un rapporto del 29 dicembre 1914 in cui il segretario del Consiglio di guerra inglese, tenente colonnello Maurice Hankey, sottolineava tutti i vantaggi di un attacco alla Turchia. C’era un problema però: la Francia era totalmente impegnata nel fronteggiare i tedeschi sul fronte occidentale, la Russia tentennava, Grecia e Romania si erano ritirate in disparte, l’Italia era indecisa e infine anche all’interno del comando inglese non vi era unità d’intenti. Il comandante del settore francese Sir John French si oppose a qualsiasi tentativo di distogliere truppe dal fronte occidentale e alla fine gli inglesi finirono col partorire un piano di solo attacco navale per la conquista dei Dardanelli e di Istanbul: come delle navi potessero conquistare da sole un pezzo di terra ferma rimane un mistero. Churchill, l’unico che sembrava avere davvero compreso l’importanza strategica dell’obiettivo, contattò i russi per convincerli ad appoggiare l’operazione. E qui i russi presero una decisione che equivalse ad un suicidio: temendo infatti che gli alleati potessero conquistare i Dardanelli, sottraendoli alla Russia, negarono ogni supporto alla coalizione franco-britannica. I russi preferirono rimanere isolati e senza possibilità di rifornimenti piuttosto che rinunciare all’antica ambizione sullo Stretto e gli inglesi quindi dovettero fare tutto da soli. Il piano inglese però ebbe dei problemi: Churchill lo considerava troppo limitato, altri temevano fosse troppo impegnativo; alla fine il piano approvato fu un compromesso tra le due visioni.

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5 – Battaglia di Gallipoli: a sinistra lo schema delle difese ottomane, a destra il piano di attacco alleato (United States Military Academy – West Point).

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6 – Ammiraglio Sin John De Robeck

Il 19 febbraio 1915 l’attacco navale ebbe inizio. L’offensiva ebbe abbastanza successo ma poiché degli sbarramenti di mine provocarono affondamenti, nella flotta britannica subito si diffuse il pessimismo tanto che l’ammiraglio De Robeck ordinò una ritirata immediata e non continuò nell’attacco. De Robeck ignorava però che il nemico fosse ancora più demoralizzato e che difficilmente avrebbe resistito ad una nuova offensiva navale se solo fosse stata tentata. Il 23 marzo De Robeck inviò un telegramma per informare l’Ammiragliato che senza forze terrestri era impossibile forzare il passaggio navale dei Dardanelli. Churchill si oppose a questa tesi ma rimase isolato. La marina britannica, di fatto riparandosi dietro l’opinione di De Robeck, scaricava il peso delle operazioni e delle responsabilità sull’esercito. Per conto dell’esercito in Turchia fu inviato Ian Hamilton[ref]Lo stesso che assistette al famoso “schiaffo” tra i generali russi.[/ref] come capo delle operazioni.

Appena arrivato vedendo l’inadeguatezza del fronte inglese non poté fare altro che decidere di riorganizzare il tutto nel porto di Alessandria d’Egitto; le operazioni tuttavia si svolsero in modo del tutto disorganizzato e caotico. Anziché preparare lo sbarco in maniera meticolosa e in stretta collaborazione tra esercito e marina, gli inglesi lasciarono il campo alla confusione strategica e alla diversità di vedute dei vari militari; a nulla valse il memorandum di Maurice Hankey, presentato al governo britannico, che poneva l’attenzione su come fosse fondamentale valutare attentamente ogni dettaglio dell’operazione per scongiurare un grave disastro. Eppure quando il 25 aprile 1915 lo sbarco iniziò gli inglesi avevano ancora possibilità di vittoria più per demerito degli avversari che per meriti propri, considerando infatti che le forze in campo equivalevano a 75.000 uomini contro 84.000 ottomani.

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7 – Sbarco del 4º Battaglione 1ª Brigata ANZAC (Australia-Nuova Zelanda) alle 8 di mattina del 25 aprile 1915 sulla spiaggia che prese il nome di Anzac Cove.

gallipoli-sbarco

8 – Sbarco delle forze di copertura (3ª Brigata, 1ª Divisione ANZAC) a nord di Gaba Tebe, il 25 aprile 1915.

Cape_Helles_landing_map

9 – Schema della sbarco della 29ª Divisione britannica a Capo Helles, l’estrema punta della Penisola di Gallipoli, il 25 aprile 1915 con la suddivisione delle spiagge (S, V, W, X, Y) e le posizioni raggiunte al 26 e 27 aprile.

In estrema sintesi ecco cosa accadde durante quello che è passato alla storia come il famigerato Sbarco di Gallipoli:

  • la riorganizzazione palese delle forze britanniche in Egitto annullò qualsiasi effetto “sorpresa”.
  • il 25 marzo Liman Von Sanders, a capo della delegazione militare tedesca presso i turchi, vedendo lo stato delle difese si augurava che i britannici lo lasciassero in pace per almeno otto giorni… questi, bontà loro, gli concessero quattro settimane di pausa.
  • il principale attacco britannico fu concentrato sulle spiagge V e W in cui i turchi grazie alla conformazione del terreno organizzarono una vera e propria sanguinosa trappola; le altre spiagge come la X e la S colsero invece totalmente di sorpresa i difensori. Nel caso della spiaggia S gli inglesi sbarcarono facilmente ma poiché gli ordini erano di aspettare l’avanzata dalle altre spiagge rimasero lì inerti. Le forze inglesi sbarcate su X e S erano quattro volte superiori ai difensori turchi delle spiagge V e W.
  • fallito il tentativo di sbarcare sulla spiaggia V gli inglesi spostarono due battaglioni sulla spiaggia W riuscendo finalmente a impadronirsene del tutto. Anche in questo caso però occupata la spiaggia i britannici si fermarono. In quel momento avevano una superiorità numerica di sei contro uno sui turchi.
  • sulla spiaggia Y i britannici sbarcarono senza il minimo incidente e senza incontrare resistenza. Per ben 11 ore il nemico li lasciò indisturbati ma gli inglesi non si preoccuparono di sfruttare l’occasione rimanendo in attesa di ulteriori ordini.
  • proprio sulla spiaggia Y alla fine i turchi tentarono una seria di contrattacchi notturni puntualmente respinti. Tuttavia queste azioni seminarono il panico tanto che furono mandati messaggi allarmistici e molti soldati si precipitarono sulle barche di soccorso dei feriti. Alla fine la confusione fece sì che l’intero contingente si reimbarcò senza motivo.
  • sulle spiagge di Gaba Tepe dove sbarcò il corpo di spedizione australiano e neozelandese (ANZAC) l’occasione favorevole fu vanificata dalla coraggiosa iniziativa dell’allora sconosciuto Mustafà Kemal (foto 2), che in seguito guidò la nascita della Turchia dalle ceneri del’Impero Ottomano ed è tuttora considerato l’eroe nazionale turco.
  • disorientati dai molteplici punti di sbarco i turchi non avevano ancora compreso dove gli inglesi intendessero attaccare in forze. Alla fine i turchi caddero nel bluff concentrando gli sforzo a Bulair proprio come Hamilton voleva far loro credere. I britannici tuttavia, in preda al pessimismo e alla stanchezza, non sfruttarono l’occasione.
  • ai primi di maggio i turchi lanciarono massicci attacchi frontali inutilmente. I britannici pensarono bene, tre giorni dopo, di ricambiare il favore lanciandosi a loro volta in un sanguinoso e inutile attacco frontale, riuscendo a perdere un terzo degli effettivi.
  • per sbloccare una situazione che era andata in stallo a luglio le forze di Sua Maestà inviarono altre cinque divisioni, in aggiunta alle sette già presenti, ma ormai anche i turchi avevano dispiegato 15 divisioni sul fronte; Hamilton ancora una volta prese di sorpresa i turchi con un attacco il 6 agosto, sia a Gaba Tepe sia nella baia di Suvla, ma l’inesperienza delle truppe e sempre l’inerzia e l’incapacità dei comandanti fecero svanire l’ennesima occasione favorevole.
Royal_Naval_Division_trench

10 – Soldati della fanteria di marina britannica (British Royal Naval Division) escono dalle trincee a Capo Helles.

 

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11 – Il Generale Sir Ian Hamilton

Ian Hamilton ebbe un compito arduo e arrivò molto vicino al successo nonostante le risorse e i mezzi di cui disponeva. Hamilton si pronunciò a favore della continuazione dell’offensiva ma fu sostituito da Sir Charles Monro che in una sola mattinata visitò le teste di ponte senza spingersi oltre la spiaggia, mentre il suo capo di stato maggiore a bordo di una nave stilò il rapporto in cui Monro raccomandava una completa evacuazione. Churchill a tal proposito commentò lapidario: «Venne, vide, capitolò». Il governo britannico aveva ormai deciso per l’evacuazione e per una strana ironia fu la marina che tentò di impedirla. L’ammiraglio De Robeck era stato infatti sostituito dall’ammiraglio Wemyss, che non solo era contrario allo sgombero ma si offrì di appoggiare l’offensiva con rinnovato vigore; ma la sua offerta giunse ormai troppo tardi. Iniziata il 18 dicembre 1915, l’evacuazione terminò l’8 gennaio 1916 con perfetta organizzazione e cooperazione, in totale antitesi con quanto accaduto durante l’offensiva. Pur non avendo nulla a che fare con l’organizzazione dell’evacuazione, Monro e il suo capo di stato maggiore grazie al successo dell’operazione furono insigniti di decorazioni.

HMS_Cornwallis_broadside_Suvla_December_1915

12 – La corazzata britannica HMS Cornwall apre il fuoco contro i turchi a Suvla per coprire l’evacuazione delle truppe nel dicembre 1915.

Fu così che per una serie di errori e di contrasti interni un piano lungimirante e di notevole rilevanza strategica fu vanificato. Il suo ideatore Winston Churchill fu additato in un primo momento come unico responsabile del fallimento ed estromesso dal governo; Churchill decise quindi di andare a combattere in Francia come maggiore nell’esercito per poi essere richiamato al governo come Ministro delle munizioni. Durante la seconda guerra mondiale, mentre Churchill cercava di convincere l’alleato americano della necessità di uno sbarco in Sicilia, non pochi generali americani erano in disaccordo ricordando come egli fosse l’uomo del fallimento di Gallipoli. Churchill non contribuì alla Grande Guerra solo con il piano dello sbarco nei Dardanelli; fu infatti il principale sostenitore del carro armato, che insieme a tanti altre armi fece il suo debutto proprio nel primo conflitto mondiale. Oltre al carro armato infatti presero parte alla battaglia l’aviazione, le armi chimiche, i sottomarini, le spie e la propaganda.

La Grande Guerra si era ormai estesa non solo geograficamente tra le nazioni ma anche ad ogni aspetto della vita. Lo sforzo bellico raggiunse una tale intensità che ogni risorsa o opportunità offerta dalle circostanze veniva impiegata dalle forze belligeranti senza più molti scrupoli facendo proprio il famoso proverbio francese: «à la guerre comme à la guerre».[ref]Stando alla Treccani il detto vuole  significare che ogni situazione va accettata per ciò che essa è, e che bisogna contentarsi delle risorse che sono offerte dalle circostanze[/ref] [endmark]

Note

[references class=”compact” /]

Bibliografia

Immagini

  1. George Washington Lambert, olio su tela 1920–1922. [PD] IWM/Commons;
  2. [PD] Presidency of Republick of Turkey/Commons;
  3. [PD] da The War Illustrated del 14 agosto 1915. Commons;
  4. [PD] da The War Illustrated del 14 agosto 1915. Commons;
  5. United States Military Academy West Point [PD] USMA/Commons;
  6. American Press Association 1915 [PD] da The New York Times Current History: The European War (April–June 1915). Volume 3. p. 488. Commons;
  7. Anzac Cove, 25 aprile 1915 [PD] Australian War Memorial/Commons;
  8. [PD] Commons – mappa basata su “Volume I – The Story of ANZAC from the outbreak of war to the end of the first phase of the Gallipoli Campaign, May 4, 1915” in Bean, C. E. W., Henry Gullett, Arthur W. Jose, F. M. Cutlack, S. S. Mackenzie, Ernest Scott. Official history of Australia in the war of 1914-18. 1920. 11ª edizione. Sydney: Angus & Robertson, 1941. Pag. 256. Consultabile online su Australian War Memorial;
  9. [PD] Commons;
  10. Ernest Brooks, 25 aprile 1915 [PD] da The War Illustrated del 15 luglio 1915. Imperial War Museum/Commons.
  11. Bain News Service, 1910-1915 c.a [PD] Commons/Library of Congress (LC-DIG-ggbain-18025);
  12. Ernest Brooks, dicembre 1915 [PD] Imperial War Museum (Q 13682)/Commons;

1914-2014: 100º anniversario della Grande Guerra

Tannenberg, Hindenburg e Schlachtfeld (Bundesarchiv)

1 – I generali tedeschi Hindenburg e Ludendorff sul campo di battaglia di Tannenberg. Il dispositivo su cavalletto è uno “stereotelemetro”, uno strumento ottico per calcolare le distanze prodotto da Carl Zeiss: serviva principalmente a per il puntamento delle artiglierie. Le altre potenze belligeranti utilizzavano invece un dispositivo analogo ma dal funzionamento differente, detto “telemetro a coincidenza” (Bundesarchiv).

Ci sarà da sudare sette camicie per arrivare a Berlino
prima della Prima Armata Un ufficiale fin troppo ottimista della Seconda Armata russa

L’esercito Russo nel 1914 aveva fatto ben pochi progressi dai tempi della Guerra di Crimea ma soprattutto dalla disfatta contro il Giappone nella guerra russo-giapponese del 1904. La Russia poteva sì contare su risorse umane praticamente immense rispetto agli effettivi che potevano schierare le altre potenze, ma il Comando dell’esercito era caratterizzato da incompetenza e corruzione: i nobili russi raggiungevano gli alti vertici dopo fulminee carriere. A peggiorare la situazione lo sviluppo industriale russo era molto limitato, sia dal punto di vista prettamente industriale sia dal punto di vista di infrastrutture come le ferrovie e questo peserà non poco nel nuovo tipo di guerra totale e di logoramento. Allo scoppio della guerra anche la geografia era importante in quanto isolava la Russia dai suoi alleati avendo mari ghiacciati, o controllati dal nemico, al Nord e per il resto una lunghissima frontiera che correva lungo i confini con la Germania e l’Austria-Ungheria. In quell’estate del 1914 l’esercito russo era tutt’altro che pronto, ma l’avanzata tedesca verso Parigi e le suppliche disperate del governo francese indussero lo Zar ad ordinare al comandante supremo delle forze armate russe, il granduca Nikolaj Nikolaevič Romanov che accidentalmente era anche suo zio, l’invasione della Prussia Orientale. L’ordine d’invasione fu impartito alla Prima Armata, comandata dal generale Pavel Karlovič Von Rennenkampf, un aristocratico di origine tedesca competente ma anche molto arrogante che non era ben visto dalle sue truppe per via dei suoi baffi alla Junker, e alla Seconda Armata del generale Aleksandr Vasil’evič Samsonov, che aristocratico non lo era ma era un efficiente funzionario apprezzato per l’accanimento e la solerzia con cui eseguiva gli ordini.

Rennenkampf-Samsonov

2 – Paul von Rennenkampf (1854 – 1918) e Aleksandr Vasil’evič Samsonov (1859 – 1914), comandanti rispettivamente della Prima e della Seconda Armata russe.

munkden-1938

3 – La stazione di Munkden (oggi Shenyang) in una cartolina del 1938.

I due generali russi non erano solo molto diversi: si odiavano. Dieci anni prima infatti, nella guerra russo-giapponese, i due erano comandanti di divisione; Samsonov ebbe l’ordine di difendere con la sua divisione cosacca le miniere di carbone di Yentai, mentre Rennenkampf teneva un settore limitrofo con l’ordine di sostenere Samsonov. Quando però i giapponesi attaccarono la divisione cosacca costringendola ad una rovinosa fuga Rennenkampf rimase fermo al suo posto. Giorni dopo Samsonov e Rennenkampf si incontrarono alla stazione ferroviaria di Mukden (oggi Shenyang) e Samsonov, imbestialito, si avventò sul collega mollandogli un solenne ceffone. I due si azzuffarono selvaggiamente finché i rispettivi aiutanti di campo non riuscirono a dividerli. La questione tra i due, per i canoni dell’epoca, poteva risolversi solo con un duello ma lo Zar lo proibì costringendoli ad un’apparente riappacificazione. Il comando russo ignorò bellamente quell’episodio quando decise di affidare a generali che si detestavano il comando di due armate contigue; chi non lo ignorò fu invece Max Hoffmann.

Max Hoffmann (Bundesarchiv)

4 – Max Hoffmann nel 1914 (Bundesarchiv).

Hoffmann nel 1914 non era solo un colonnello: era il vero cervello dell’Ottava Armata tedesca dispiegata nella Prussia Orientale. Hoffmann non era nobile, era abbastanza tarchiato, parlava perfettamente il russo e stando allo storico e giornalista britannico Basil H. Liddell Hart era un vero genio militare, che per fortuna degli alleati non giunse al vertice del comando tedesco solo perché troppo giovane.[ref]All’epoca l’esercito tedesco prevedeva l’ascesa al comando supremo per mera questione d’anzianità.[/ref] Quel giorno alla stazione di Mukden, Hoffmann era presente alla rissa in quanto seguiva il conflitto in qualità di osservatore straniero; insieme a lui assistettero alla scena Sir Ian Hamilton, futuro generale d’armata inglese, Enrico Caviglia futuro generale italiano nonché ministro della guerra e John Joseph Pershing, futuro comandante del corpo di spedizione americano in Europa nella prima guerra mondiale.

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5 – Situazione dal 17 al 23 agosto 1914: in blu le posizioni e movimenti delle truppe russe, in rosso di quelle tedesche.

Il 17 agosto 1914 la Prima Armata di Rennenkampf (sei divisioni e mezza di fanteria e cinque di cavalleria) varcava la frontiera con la Prussia Orientale, sei giorni prima che l’armata di Samsonov (dieci divisioni di fanteria e tre di cavalleria) fosse pronta a partire dalla Galizia. Tra le due armate vi erano i Laghi Masuri che spaccavano in due l’esercito russo e lo esponeva ad attacchi sui fianchi. I soldati russi, mal addestrati e mal equipaggiati, marciavano tormentati dalle zanzare che si alzavano dalle paludi, il polverone sollevato dall’esercito li faceva tossire e data la fretta nel partire in molti non avevano ricevuto gli scarponi ed erano costretti a marciare con i piedi avvolti in stracci. I tedeschi invece erano sì in inferiorità numerica di due contro uno ma potevano spostare uomini e munizioni in treno e potevano attaccare separatamente le due armate. Il 18 agosto il 1º Corpo d’armata tedesco accortosi del vuoto tra il 3º e il 4º corpo d’armata di Rennenkampf attaccò i russi alle spalle facendo 3000 prigionieri ma perdendo troppi uomini data la sproporzione numerica tra i due eserciti; tuttavia i tedeschi vennero a sapere durante l’interrogatorio di un ufficiale russo che il generale Yakov Zhilinskij, comandante del Gruppo di Armate del Nord e coordinatore dei movimenti della Prima e della Seconda Armata, inviava gli ordini a mezzo telegrafo con messaggi non cifrati: a quanto pare furono necessarie quattro ore ai tedeschi per riuscire a intercettare tutte le comunicazioni di servizio dei russi. Il 19 Agosto Rennenkampf raggiunse Gumbinnen dove i tedeschi non potevano numericamente fermare l’avanzata ma diedero battaglia lo stesso; i reparti di Von Francois e Von Bulow riuscirono a contenere l’avanzata ma il reparto di Von Mackensen fu travolto. Rennenkampf anziché incalzare il nemico si adagiò sugli allori festeggiando la vittoria a base di champagne, dato che considerava ormai spacciati i tedeschi. Il 21 agosto Samsonov aveva attraversato la frontiera meridionale della Prussia Orientale fronteggiata da solo tre divisioni tedesche e la cosa gettò nel panico il generale Von Prittwitz (in tutto a capo di sette divisioni di fanteria e una di cavalleria). Senza ascoltare Hoffmann e ignorando che la Seconda Armata di Samsonov era troppo esausta per dar battaglia, Von Prittwitz telefonò a Von Moltke a Coblenza per informarlo che non era più in grado di difendere la Prussia Orientale e ordinò quindi la ritirata generale oltre il fiume Vistola. Von Moltke decise quindi di sostituire Von Prittwitz con il generale in pensione Hindenburg, affiancandogli come capo di Stato maggiore Ludendorff (per i tedeschi l’eroe del riuscito attacco alla fortezza belga di Liegi); decise inoltre, e questa sarà una decisione gravida di conseguenze, di trasferire due corpi d’armata dal fronte occidentale a quello orientale. Samsonov, incalzato dal generale Zhilinskij ad accelerare l’avanzata, in realtà non sapeva nemmeno dove si trovasse in quanto non disponeva di mappe, non c’erano strade, i suoi soldati marciavano praticamente scalzi, mancava il cibo per gli uomini e per i cavalli costringendo gli uomini a fare razzie di bestiame perdendo ulteriore tempo. Il 22 agosto la situazione dei rifornimenti della Seconda Armata era tale che Samsonov non poté far altro che piegare verso la ferrovia di Soldau allontanandosi ancor più dalla Prima Armata; Samsonov inviò un messaggio a Zhilinskij chiedendo di convincere Rennenkampf ad andargli incontro. La risposta fu che la Prima Armata si sarebbe diretta a Ovest verso Königsberg e non verso Sud. Rennenkampf addusse poi come giustificazione per non essere andato incontro a Samsonov il mancato afflusso di rifornimenti una volta passati dal largo scartamento ferroviario russo a quello più stretto tedesco. Purtroppo per i russi i tedeschi non solo avevano letto il messaggio prima di Samsonov ma avevano anche catturato una staffetta recante un dettagliato piano d’azione. Hoffmann elaborò quindi insieme a Ludendorff un piano ardito e geniale: fu annullata la ritirata voluta da Von Prittwitz, l’intera Ottava Armata fu spostata in ferrovia contro la Seconda Armata che rappresentava la minaccia più grave in quel momento, mentre veniva lasciato solo un reparto di cavalleria a trarre in inganno Rennenkampf in ossequio al cosiddetto Principio di Tordenskold.[ref]Dal nome del capitano danese Tordenskold che con pochi uomini trasse in inganno gli inglese, mostrandosi in punti diversi della città facendo loro credere di avere a disposizione una forza numerica maggiore.[/ref]

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6 – Situazione tra il 23 ed il 26 agosto 1914

Il 24 agosto Samsonov, nonostante i numerosi solleciti dal comando supremo e ignaro della trappola tedesca, dovette ordinare la sosta per far riposare le sue truppe esauste. Il 25 agosto fu la prima volta di un aereo impiegato sul campo di battaglia: un Fokker M.5 tedesco effettuò una ricognizione sul terreno che separava le due armate russe, permettendo di ultimare i dettagli del piano. Il 26 agosto Samsonov fu raggiunto a Neidenburg da due ufficiali della Prima Armata che portavano gli ordini in sostituzione di una staffetta andata perduta [ref]Che era appunto la stessa catturata dai tedeschi[/ref] e che riferirono che il nemico non solo non si era ritirato ma si stava riorganizzando e per questo era di vitale importanza che la Seconda Armata si ricongiungesse con la Prima. Gli ufficiali consegnarono a Samsonov anche una mappa ma purtroppo era in caratteri latini e nessuno sapeva leggerla. Samsonov chiese se vi erano altri ordini sperando che potesse abbandonare l’idea di un grande scontro campale ma uno dei due ufficiali, Glagolev, lo informò che a quel punto non si trattava più di accerchiare il nemico ma di non essere accerchiati.

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7 – Situazione tra il 27 ed il 30 agosto 1914

Nel pomeriggio del 27 agosto un Fokker individuò un movimento della cavalleria della Prima Armata e la cosa mandò nel panico Ludendorff che chiese a Hindenburg di desistere dalla manovra. Fu a quel punto che Hoffmann chiese un colloquio privato con Hindenburg e gli raccontò del ceffone di Mukden e che era fermamente convinto che mai Rennenkampf sarebbe accorso in aiuto di Samsonov. Hindenburg si convinse e il piano tedesco andò avanti come stabilito. I tedeschi accerchiarono l’armata di Samsonov annientandola non lontano da Tannenberg. La scena era apocalittica: i russi venivano spinti verso le paludi di Prpiet dove annegavano, altri lanciavano il fucile e si davano alla fuga precipitosa, non c’erano bende per i feriti che morivano dissanguati. La battaglia infuriò per tutto il 27 e il 28 agosto con i russi che si battevano con la forza della disperazione. Lo stesso Ludendorff parlando con Hoffmann ebbe a dire: «I soldati russi combattono come orsi[ref]L’associazione, in senso denigratorio, della Russia alla figura dell’orso è frequente e risale al XIX secolo. Il primo ad associare la Russia zarista all’immagine dell’orso fu il vignettista francese Honoré Daumier (1808 – 1879) che attaccò l’assolutismo dello Zar Nicola I definendolo il «più sgradito fra tutti gli orsi conosciuti». Cfr. Rabbow, Arnold. “Orso russo” in Dizionario dei simboli politici. Milano: Sugar, 1973. Pag. 238.[/ref]»; al ché il colonnello rispose «Sì, signor Generale, ma questi orsi sono guidati da somari». La sera del 29 agosto Samsonov si mise a cavallo per raggiungere il fronte lasciando la sua automobile per il trasporto dei feriti; ciò che non sapeva era che il fronte russo non esisteva più e incontrò solo soldati in rotta e ufficiali senza più truppe. Il 31 agosto lo Zar Nicola II apprese la notizia che l’armata di Samsonov era stata distrutta e commentò che era un sacrificio che dovevano all’alleato francese. Quello stesso giorno Samsonov si allontanò nel bosco, non visto dagli ufficiali che lo accompagnavano nel tentativo di sfuggire agli ulani[ref]Gli Ulani (polacco Ułani) sono una specialità della cavalleria leggera, armata di lancia, sciabola e pistola (e perciò molto simile ai lancieri).[/ref] tedeschi, e fu udito un colpo di pistola: si pensa si sia suicidato per il disonore della sconfitta ma non è mai stato chiarito se il suo corpo sia stato effettivamente ritrovato. Hoffmann, promosso generale, suggerì a Hindenburg di dare il nome di Tannenberg alla battaglia appena vinta [ref]Come raccontato dallo stesso Hoffmann, in realtà Hindenburg non fece altro che dormire prima, dopo e durante la battaglia[/ref] per vendicare un’altra battaglia di Tannenberg, quella del 1410 che vide i cavalieri teutonici sconfitti dai polacchi e dai lituani. L’Ottava armata tedesca dopo aver cantato l’inno di guerra di Federico il Grande, risalì sui treni e andò a scontrarsi con l’armata di Rennenkampf ricacciandola dalla Prussia Orientale.

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8 – La battaglia di Tannenberg in una stampa di Oehmigke & Riemenschneider del 1914

La sconfitta costò la vita a circa 250 mila russi, oltre alla perdita del materiale bellico, ma ebbe l’indiscusso merito di alleggerire la pressione tedesca sul fronte francese. I russi però non erano ancora fuori dai giochi, anche se dopo Tannenberg la fiducia degli alleati nel “rullo compressore” russo si era notevolmente ridotta. Fu sempre grazie ai russi che nel 1916 si alleggerì la pressione tedesca su Verdun, ma dopo i successi iniziali l’offensiva russa si concluse in uno sfacelo costato la vita ad oltre un milione di uomini. I russi rimasero validi alleati nonostante gli immensi sacrifici ma nel 1917 una nazione ormai esausta diede vita alla rivoluzione e pose fine al conflitto sul fronte orientale. Non fu quindi Tannenberg a decidere le sorti del conflitto per la Russia ma volendo trovare un episodio chiave, e giocare inutilmente con i “se” della Storia, ebbe un peso determinante il mancato appoggio russo all’invasione dei Dardanelli. Questa però è un’altra storia e per la precisione la storia dello Sbarco di Gallipoli. [endmark]

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9 – L’imponente “memoriale di Tannenberg”, monumento alla battaglia eretto dai tedeschi dentro al quale volle essere tumulato Hindenburg da morto. Il monumento fu completamente distrutto dai sovietici nel 1949 ed i materiali riutilizzati per la costruzione del Palazzo della Cultura a Varsavia. Sull’area si trova oggi un parco cittadino di Olsztynek.

Note

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Bibliografia e fonti

Immagini

  1. Hugo Vogel (1855-1934), Tannenberg 15-1-1915 [PD] Bundesarchiv Bild 103-121-018;
  2. [PD] Wikimedia Commons (1) e (2);
  3. 1938 [PD] Commons;
  4. 1914 [PD] Bundesarchiv Bild 146-2008-0278;
  5. [PD] Department of Military Art and Engineering, U.S. Military Academy (West Point)/Commons;
  6. [PD] Department of Military Art and Engineering, U.S. Military Academy (West Point)/Commons;
  7. [PD] Department of Military Art and Engineering, U.S. Military Academy (West Point)/Commons;
  8. 1914, Oehmigke & Riemenschneider [PD] Commons;
  9. 1925 [CC-BY-SA 3.0] Bundesarchiv, Bild 146-2004-0008.
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1 – La “Carica della Brigata Leggera” (o dei Seicento) il 25 ottobre 1854, in una cromolitografia di William Simpson.

È magnifico, ma questa non è guerra; è una follia! Il generale francese Bosquet durante la carica dei Seicento.

Nell’Orlando Furioso Ludovico Ariosto ironizza sui protagonisti classici del poema cavalleresco descrivendo la pazzia del paladino Orlando. Tre secoli dopo la pubblicazione dell’opera di Ariosto, la Follia -più che altro in realtà era incompetenza- sembrò dominare le decisioni delle aristocrazie europee.

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Antefatto

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2 – Napoleone III, in un dipinto di Franz Xaver Winterhalter (1885).

L’Europa di metà Ottocento poteva ancora contare sulla pace stabilita dal Congresso di Vienna del 1815, anche se non mancarono diversi movimenti di ribellione all’interno dei singoli stati (come ad esempio i movimenti del 1848). Nel 1853 tuttavia la lunga pax europea ebbe fine ed il motivo del contendere aveva l’antico sapore di crociate medievali: il titolo onorifico di “protettore dei cristiani in terra santa”. La Russia zarista all’incirca dal Settecento si poteva infatti fregiare di questo nome che di sostanziale aveva ben poco. Nel 1852 Napoleone III, fresco di ascesa al titolo imperiale, volle provare a pacificare il fronte interno ingraziandosi il consenso dei cattolici francesi, pertanto iniziò a fare pressioni sul Sultano ottomano al fine di ottenere l’ambito titolo di “protettore dei cristiani”, a spese della Russia, e ci riuscì. Iniziarono così le schermaglie diplomatiche tra Russia, Impero Ottomano e Francia, e a questo gruppo si unì anche la Gran Bretagna in un tentativo di mediazione.

La missione diplomatica avviata dalle grandi potenze a Istanbul non partiva però con buoni auspici: i russi avevano infatti incaricato come ambasciatore il principe Aleksander Sergeevič Menshikov, uomo colto e ironico ma con ben poco spirito diplomatico unito ad un odio viscerale nei confronti dei turchi, a causa di una ferita all’inguine che gli era costata la perdita dei testicoli; i francesi avevano nominato Charles de La Valette, un fanatico cattolico che odiava tanto gli ottomani mussulmani quanto i russi ortodossi; infine come ambasciatore inglese fu nominato il visconte Stratford Canning de Redcliffe non certo ben disposto verso i russi di cui temeva soprattutto l’espansione ai danni dell’Impero turco. Dopo insulti, offese e minacce tra i vari ambasciatori alla fine il Sultano, ritenendosi protetto dalla Francia e dalla Gran Bretagna, rifiutò l’ultimatum dello Zar. Questo fu il casus belli ma ovviamente altre ragioni portarono di li a poco alle ostilità: la Russia intendeva approfittare della decadenza turca, allora l’Impero Ottomano veniva considerato il “grande malato d’Europa”, per ottenere il tanto desiderato accesso al Mediterraneo; l’Inghilterra voleva scongiurare un ulteriore espansionismo russo e considerava strategico per i propri interessi il tenere in vita l’impero del Sultano; la Francia di Napoleone III ambiva ad un nuovo prestigio internazionale; l’impero ottomano si considerava spalleggiato da francesi e inglesi e voleva porre fine alle ingerenze russe. Questo strano miscuglio di interessi nazionali e incapacità personali dei funzionari di stato portò al conflitto. Nel luglio del 1853 i russi occuparono la Moldavia e la Valacchia (l’odierna Romania) e il malmesso esercito turco ripiegò fino al Danubio e lì si trincerò. Falliti ancora una volta i negoziati diplomatici l’Impero Ottomano alla fine dichiarò guerra alla Russia il 4 Ottobre del 1853.

Battaglia di Sinope

3 – La battaglia di Sinope (1853) in un dipinto di Alexey Bogolyubov.

Battaglia di Sinope

4 – La Battaglia di Sinope da una nave russa, in un dipinto di Alexei Kivshenko.

Mentre a terra il fronte sul Danubio era stabile i russi annientarono undici imbarcazioni turche e attaccarono la città di Sinope, nel Mar Nero, compiendo un massacro. In seguito alla battaglia di Sinope Francia e Gran Bretagna inviarono una flotta nel Mar Nero a protezione delle imbarcazioni turche e qualche mese dopo, il 28 Marzo del 1854, dichiararono formalmente guerra alla Russia. Gli alleati nell’attesa di delineare un preciso piano inviarono due operazioni secondarie nel Baltico e nel Pacifico, per attaccare fortezze russe, e nel luglio del 1854 sbarcarono un esercito a Gallipoli[ref]Durante la prima guerra mondiale gli inglesi tentarono nuovamente uno sbarco a Gallipoli che fallì miseramente.[/ref], sul lato europeo del Bosforo. Da Gallipoli l’esercito alleato mosse verso Varna, in Bulgaria, per rinforzare l’esercito turco impegnato contro i russi. L’Impero Asburgico temendo l’espansione russa a ridosso dei suoi confini minacciò lo Zar di entrare in guerra al fianco degli alleati se non si fosse ritirato dai territori occupati. Lo Zar Nicola I diede dell’ingrato all’imperatore Francesco Giuseppe, che era anche suo parente, ma temendo un intervento austriaco in una situazione che andava complicandosi diede l’ordine alle truppe russe di rientrare nei confini. Le truppe alleate a Varna quindi non spararono un colpo ma furono decimate dal colera a causa delle pessime condizioni igieniche. A questo punto i generali alleati decisero di puntare a Sebastopoli in Crimea, pur di strappare una vittoria che desse prestigio.

La guerra in Crimea

Crimea 1854-1855

5 – Crimea: mappa dell’area tra Sebastopoli (a nord) e Balaklava (a sud) ai tempi dell’assedio di Sebastopoli (1854-1855). Appena a nord di Balaklava, la cosiddetta “valle della morte” dove sono indicate le direzioni di avanzamento della “Brigata Leggera” e della “Brigata Pesante”. Da School Atlas of English History, 1895.

La Crimea abitata dalla popolazione dei Tatari (detta anche Tartari) ospitò nel corso dei secoli colonie genovesi e veneziane; passata nella sfera d’influenza russa nel 1774, fu completamente annessa nel 1783 e per il suo ruolo strategico nel Mar Nero ospitava a Sebastopoli[ref]Tuttora la Federazione Russa ha un’importante base navale a Sebastopoli.[/ref] il principale porto della flotta zarista. L’incapacità umana che ebbe un ruolo nella genesi del conflitto decise a questo punto di entrare direttamente in azione anche durante i combattimenti. Nel settembre del 1854 il comandante supremo delle forze russe altri non era che Aleksander Sergeevič Menshikov, che nonostante l’arretratezza del suo esercito era così convinto di sconfiggere il nemico da allestire un palco per l’aristocrazia cittadina, prima della battaglia sul fiume Alma, distante pochi chilometri da Sebastopoli. Menshikov, e con lui i nobili russi, erano sicuri di assistere ad uno spettacolo migliore del teatro e invece videro il proprio esercito sbaragliato in circa novanta minuti, con conseguente fuga precipitosa verso Sebastopoli e con la città che veniva posta sotto assedio. Il comandante in capo delle forze inglesi era invece Lord FitzRoy James Henry Somerset, primo barone di Raglan, che fu sotto il comando di Wellington a Waterloo dove gli fu amputato il braccio destro. Il problema principale di Raglan era che era rimasto ai tempi di Waterloo: ignorava le rivoluzioni introdotte nell’arte militare, quando parlava del “nemico” non alludeva ai russi ma ai francesi suoi alleati, si teneva a debita distanza dal campo di battaglia e alla sera tornava sulla sua lussuosa imbarcazione ormeggiata nella baia [ref]Anche altri alti ufficiali avevano imbarcazioni ormeggiate nella baia di Sebastopoli.[/ref]. Alle dipendenze di Lord Raglan vi era Lord Lucan, considerato dagli altri ufficiali “invincibilmente stupido” e che era alla guida della cavalleria britannica solo per questioni di censo nobiliare. Lord Lucan aveva inoltre come sottoposto suo cognato Lord Cardigan con cui aveva in comune solo l’arroganza. I due si odiavano reciprocamente e pubblicamente a tal punto che William Howard Russell, corrispondente del Times e uno dei principali testimoni degli eventi in Crimea,[ref]Può essere considerato il primo moderno corrispondente di guerra della storia.[/ref] affermò che chi li aveva messi nello stesso comando era “colpevole di alto tradimento nei confronti dell’esercito”.

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6 – Vista del luogo della battaglia di Balaklava dall’accampamento britannico sopra le colline, sulla sinistra si vede l’ingresso della baia. Litografia a colori del 1855.

Il 25 ottobre 1854 nei pressi di Balaklava i comandanti inglesi avrebbero fornito una delle peggiori prove di stupidità nella storia militare. I monti Jaila, più comunemente detti monti di Crimea, non lontani da Sebastopoli erano separati da un crinale su cui passava una strada selciata che portava direttamente al campo alleato a Balaklava. La strada detta Voronzoff  divideva in due la valle e su entrambi i versanti gli alleati avevano rafforzato le ridotte[ref]Nel gergo militare si tratta di fortificazioni secondarie.[/ref] contro attacchi russi.  Quando gli uomini al comando del generale Liprandi[ref]Menshikov era occupato dall’assedio di Sebastopoli. [/ref]sferrarono l’offensiva, Lord Raglan ignorò l’allarme di Lord Lucan convinto che fosse solo un diversivo. I russi occuparono quattro delle sei ridotte e si impadronirono di sette cannoni inglesi lasciando Lord Raglan scioccato; i russi avanzarono verso Balaklava e la situazione costrinse Lord Cardigan ad interrompere la colazione sul suo yacht e a tornare di corsa dalla sua brigata. Per impedire l’avanzata verso Balaklava, Lord Raglan ordinò alla cavalleria di prendere posizione a sinistra della seconda linea di ridotte. Lord Lucan non seppe come interpretare l’ordine dato che non c’era una seconda linea di ridotte; inoltre spostare la cavalleria dalla posizione in cui si trovava avrebbe sguarnito l’imbocco della Gola verso Balaklava, lasciando soli a difenderla i soldati del 93° Argyle & Sutherland Highlanders. Lucan anziché chiedere maggiori informazioni al suo comandante intimò ai portaordini di rimanere ad assistere all’esecuzione dell’ordine, affinché il biasimo per la disfatta non ricadesse su di lui. Di fronte ad undicimila russi non restarono che cinquecento soldati scozzesi a cui si erano aggiunti un centinaio di invalidi prelevati dalle infermerie e poche decine di turchi fuggiti dalle ridotte. Il colonnello Colin Campbell fu categorico: «Highlander non potete ritirarvi, vi tocca morire lì dove vi trovate».

Robert Gibb, "The Thin Red Line" - 1881

7 – La “sottile linea rossa” formata dai soldati scozzesi alla battaglia di Balaklava, in un dipinto di Robert Gibb (1881).

Quando i russi piombarono sulla Gola si trovarono dinanzi quella che Russell definì «una sottile linea rossa sormontata da una linea di acciaio».[ref]Da allora nota come The Thin Red Line, la “sottile linea rossa”.[/ref]e furono del tutto sorpresi e messi in fuga dalla raffiche scozzesi [ref]I turchi infatti si erano dileguati alla vista della carica della cavalleria russa. [/ref]. L’incompetenza regnava a tal punto a Balaklava che nessuno dei comandanti dei due schieramenti inviò esploratori in ricognizione per individuare il nemico e le sue forze. Lord Raglan, a mezz’ora buona di distanza dai combattimenti, impartì quindi un secondo ordine intimando ai “dragoni” (fanteria montata) di distaccarsi verso Balaklava a sostegno dei turchi. Quando l’ordine giunse al generale Scarlett i turchi si erano già dileguati, fuggendo verso la costa, e quella mossa lo avrebbe portato direttamente a incrociare la strada dei russi: trecento contro quattromila. Scarlett sguainò la spada e ordinò la carica mentre i russi furano talmente sorpresi che il trombettiere ordinò l’alt arrestando la cavalleria e dando così agli inglesi un notevole vantaggio. Completamente circondati dai russi, gli uomini di Scarlett lottarono con ardore al punto da indurre la cavalleria russa a sfaldarsi; il momento era propizio per un attacco da parte dei seicento cavalieri della Brigata Leggera agli ordini di Lord Cardigan, che erano distanti circa mezzo chilometro. Lord Cardigan tuttavia restò immobile. Quando successivamente dovette difendere la sua condotta passiva si limitò a dire che il generale Lucan gli aveva ordinato espressamente di non lasciare la posizione e di limitarsi a difenderla da un attacco dei russi, aggiunse inoltre che l’esercito zarista non aveva attaccato la sua posizione.

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8 – Le forze zariste entrano nella valle di Balaklava, i turchi si ritirano.

Quando i russi iniziarono a fuggire il capitano Morris provò a far ragionare Lord Cardigan chiedendo di inseguire il nemico in rotta ma non ci fu verso. Mentre l’esercito dello Zar si radunava in fondo alla vallata Lord Lucan inviò un rimproverò a suo cognato per non essere intervenuto, avviando una polemica che continuerà negli anni successivi sul Times. Dopo aver visto l’azione di Scarlett, Lord Raglan volle recuperare i sette cannoni e inviò un terzo ordine che fu però trascritto male e che generò confusione in Lord Lucan. Raglan voleva che la cavalleria approfittasse di qualsiasi occasione supportata dalla fanteria che avanzava su due fronti; il messaggio che arrivò a Lucan invece  risultava essere un ordine per la cavalleria di avanzare su due fronti.

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9 – La carica della “brigata leggera” (in rosso, Charge of The Light Brigade) e l’intervento degli Chasseurs d’Afrique francesi (in blu)  in sostegno dei dragoni britannici.

I russi nel frattempo stavano cambiando posto all’artiglieria ma quel movimento sembrò a Raglan un tentativo di portar via i suoi cannoni, il che avrebbe potuto essere esibito come prova della vittoria. Raglan inviò quindi il suo quarto e fatidico ordine: la cavalleria doveva inseguire il nemico impedendo di portare via i cannoni con l’aiuto dell’artiglieria e della cavalleria francese; l’ordine terminava con un laconico «immediatamente». L’ordine malamente trascritto dal generale Airey fu agguantato dal capitano Nolan e portato a Lord Lucan. Nolan, come il suo amico Morris, detestava l’arroganza aristocratica di Lord Lucan che considerava un pavone incapace di alcuna iniziativa. Dinanzi alla domanda di Lucan su quali fossero i cannoni da attaccare, dato che non li vedeva, Nolan anziché indicare le ridotte indicò le truppe zariste in fondo alla valle. Nolan era un brillante ufficiale di cavalleria, benvoluto dai suoi commilitoni, ma probabilmente fu vittima della sua rabbia verso gli incapaci e arroganti aristocratici sotto cui era al comando. Lucan andò quindi di persona da Cardigan e gli ordinò di avanzare con la sua Brigata Leggera verso il fondo della valle, mentre lui lo avrebbe seguito con la Brigata Pesante. Cardigan fece presente a Lucan l’entità delle forze zariste in fondo alla valle ma Lucan rispose «lo so ma Lord Raglan così vuole». Lord Cardigan senza discutere oltre si mise alla testa dei suoi 673 uomini e si incamminò in perfetto ordine da parata in quella che sarebbe diventata la Valle della Morte (5).

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10 – I dragoni della “Brigata Leggera”, o almeno ciò che ne resta, raggiungono l’artiglieria russa in fondo alla “valle della morte”. The Relief of the Light Brigade, dipinto di Richard Caton Woodville, 1897.

Senza minimamente scomporsi la Brigata Leggera avanzò verso la valle sotto il bersaglio del fuoco russo; Lord Cardigan si rifiutò di ordinare la carica e attenendosi strettamente agli ordini avanzò nella valle. Il capitano Nolan, forse in un disperato tentativo di porre rimedio al suo errore, infranse l’etichetta militare e tagliò la strada a Cardigan venendo però colpito e ucciso dai colpi d’artiglieria. Nel mentre Lord Raglan assisteva inorridito a quella follia senza capire perché il suo ordine fosse stato frainteso; Lord Lucan intimò l’alt alla sua Brigata Pesante perché non volle sacrificare inutilmente altri uomini. Il generale francese D’Allarville non rimase impotente di fronte al massacro e con i suoi Chasseurs d’Afrique diede l’assalto ad alcune postazioni russe sul fianco sinistro, neutralizzandole. Ciò che restava della Brigata Leggera portò comunque a termine l’attacco e poi ripiegò arrivando a ricongiungersi con la Brigata Pesante. Al ritorno nelle retrovie Lord Cardigan era infuriato non per l’ordine insensato ma per il gesto di Nolan; mentre si lamentava fu interrotto dal generale Scarlett che gli fece notare di essere passato sopra il cadavere del capitano. Quella manovra suicida era durata in tutto venti minuti ma sarebbe per sempre passata alla storia come la “carica dei Seicento”.

13th Light Dragoon, 1854

11 – Balaklava, 1854: sopravvissuti del 13º reggimento “dragoni” (parte della “brigata leggera”) dopo la carica. La foto è Roger Fenton, il primo reporter di guerra ad utilizzare la fotografia.

Epilogo

La battaglia di Balaklava si concluse con un nulla di fatto e l’assedio a Sebastopoli continuò. Durante l’assedio che provocò enormi sofferenze ad entrambi gli schieramenti, russi e inglesi trovarono anche il tempo per un duello dall’antico sapore aristrocratico: cannone contro cannone in una gara di precisione; per la cronaca vinsero gli inglesi con il loro cannone Jenny.  Pur non venendo coinvolti in battaglia gli alleati persero migliaia di uomini a causa della fame, del colera e del freddo. Nei magazzini alleati vi erano novemila pastrani ma non furono distribuiti alla truppa perché il regolamento prevedeva la consegna di un pastrano ogni tre anni. Florence Nightingale denunciò le pessime condizioni sanitarie e cercò di porvi disperatamente rimedio rivoluzionando il trattamento dei soldati feriti. Nel frattempo il piccolo Regno di Sardegna, con abile calcolo politico di Cavour, si era unito agli alleati e il contingente guidato da La Marmora diede il suo contributo nella Battaglia della Cernaia, nell’agosto del 1855, in cui i russi tentarono per l’ultima volta e inutilmente di rompere l’assedio. Infine il 9 settembre 1855 Sebastopoli si arrese.

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12 – L’assedio di Sebastopoli: gli alleati prendono la città il 9 settembre 1855. Da George Dodd, Pictorial history of the Russian war 1854-5-6, with maps, plans, and wood engravings, 1856.

I contatti diplomatici ripresero e si giunse al Trattato di Parigi che il 30 Marzo del 1856 poneva fine alla guerra: la Russia cedeva all’Impero Ottomano la Bessarabia e smilitarizzava il Mar Nero mentre Francia e Inghilterra si fecero garanti dell’Impero Ottomano. In Italia la guerra di Crimea è spesso a malapena citata per via dell’intervento del Regno di Sardegna ma ebbe conseguenze importanti: era venuto meno l’equilibrio sancito dal Congresso di Vienna del 1815, era crollato il mito della grande Russia che aveva sconfitto Napoleone I, si era allentata la storica alleanza tra Austria e Russia, il Regno di Sardegna si era alleato con la Francia di Napoleone III, che dalla guerra ottenne l’ambito prestigio internazionale, avviando così il processo che porterà alla nascita del Regno d’Italia.

Encyclopedia Britannica ha definito la Guerra di Crimea come «la campagna militare peggio condotta in tutta la storia d’Inghilterra»; il poeta vittoriano Alfred Tennyson (1809-1892) dedicò alla carica dei Seicento una poesia intitolata The Charge of the Light Brigade, che fu anche il titolo di un film del 1968.[ref]Sempre ispirata dalla battaglia di Balaklava era uscito nel 1938 un film dal titolo La carica dei Seicento.[/ref] Ai versi di Tennyson fu ispirato il brano The Trooper della band heavy metal britannica[ref]Più recisamente appartengono alla scuola della cosiddetta “New Wave of British Heavy Metal”, originatesi in Gran Bretagna alla fine degli anni’70.[/ref] Iron Maiden, incluso nell’album Piece Of Mind. Dalla parte russa la Guerra di Crimea ispirò a Lev Tolstoj l’opera Guerra e Pace.

La Crimea successivamente fu il teatro dell’ultima resistenza dell’armata Bianca, del generale Petr Nikolaevic Vrangel, contro l’armata Rossa. Tra l’autunno del 1941 e l’estate del 1942 fu teatro della Battaglia di Crimea tra le truppe dell’Asse e le forze sovietiche con Sebastopoli nuovamente posta sotto assedio. Sempre in Crimea, per la precisione a Jalta nel Febbraio del 1945 si tenne una Conferenza tra Stalin, Churchill e Roosevelt che poneva le basi per il dopoguerra. Al termine del conflitto Stalin ordinò una deportazione di massa ai danni della popolazione tatara, rea secondo il dittatore di aver collaborato con i nazisti. Nel 1954 Chruščëv donò la Crimea alla federazione ucraina in occasione del tricentenario dell’annessione dell’Ucraina alla Russia: si trattava di un omaggio del nuovo leader sovietico alla sua terra. Con la fine dell’Unione Sovietica la Crimea si costituì come repubblica autonoma ma nel 1995 il Parlamento della Crimea riconobbe l’appartenenza all’Ucraina. Nel 2014 a seguito dei rivolgimenti politici in Ucraina, la Crimea è stata di fatto occupata dalla Federazione Russa. [endmark]

forze regolari russe a Perevalne, Crimea.

13 – 2014: la Crimea è di nuovo occupata “manu militari” dalla Russia.
Nella foto: miliziani a Perevalne, Crimea, il 5 marzo (© AndreyKr/Depositphotos).

The Trooper – Iron Maiden (dall’album Piece Of Mind, 1983)

Note

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Bibliografia e fonti

Immagini

  1. 1855, William Simpson: Charge of the light cavalry brigade, 25th Oct. 1854, under Major General the Earl of Cardigan (Library of Congress).
  2. 1855, Franz Xaver Winterhalter (1805-1873): Portrait of Napoleon III, olio su tela [PD] Museo Napoleonico, Roma (Commons).
  3. 1860 Alexey Petrovich Bogolyubov (1824-1896): Синопский бой (la Battaglia di Sinope) [PD] (Commons).
  4. 1888, Alexei Danilovich Kivshenko (1851-1895): Синопский бой (la Battaglia di Sinope) [PD] (Commons).
  5. 1895, F. S. Weller, da Gardiner, Samuel Rawson School Atlas of English History London: Longmans, Green & Co. [PD] Commons.
  6. 1855, W. Simpson, litografo J. Needham litografo: View from the heights above Balaklava, litografia a colori [PD] Londra, Paul & Dominic Colnaghi & Co. (Commons).
  7. 1881, Robert Gibb (1845-1932): The Thin Red Line, olio su tela [PD] National War Museum of Scotland (Commons).
  8. 2009, Rebel Redcoat, basata su Royle, Trevor Crimea: The Great Crimean War, 1854-1856 [PD] (Wikipedia).
  9. 2009, Rebel Redcoat, come sopra [PD] (Wikipedia).
  10. 1879, Richard Caton Woodville: The Relief of the Light Brigade [PD] National Army Museum/National Archives (Commons).
  11. 1854, Roger Fenton (1829-1869) [PD] Library of Congress.
  12. 1856, George Dodd da Pictorial history of the Russian war 1854-5-6: with maps, plans, and wood engravings (Commons).
  13. 2014, © AndreyKr/Depositphotos.