Cinquanta mappe, macchie di terra su un foglio azzurro che si estende idealmente all’infinito, disegnate con colori delicati e grafica dal sapore di altri tempi. Cinquanta storie di isole, dove l’autrice -ci tiene a precisare- mai è andata e mai andrà. Perché sono luoghi irraggiungibili, sperduti lembi di terra emersa in mezzo al mare, microcosmi dove tutto è più amplificato quanto lo spazio risulta limitato: anche, e soprattutto, il nulla. «Queste isole» scrive l’autrice Judith Schalansky, scrittrice e designer cresciuta nella ex-DDR ai tempi della cortina di ferro «diventano così le note a piè di pagina della terraferma, in un certo senso superflue, ma infinitamente più interessanti del poderoso corpus continentale». Storie «misteriose e bizzarre» di marinai, schiavi, esploratori, studiosi di scienze naturali, guardiani di fari; dittatori, uomini solitari, naufraghi, ammutinati, smarriti e dimenticati. Un libro tra cartografia e poesia, tra geografia ed arte, questo Atlante delle isole remote ha vinto il 1º Premio della “Fondazione dell’arte del libro”; dall’autrice di Lo splendore casuale delle meduse
, vincitore nel 2012 del “Premio Stiftung” per il libro tedesco più bello dell’anno.