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(s.m. invariabile, 1976) autocaravan, veicolo permanentemente allestito in modo da permettere il soggiorno degli occupanti. Deriva dall’inglese camper, nome d’agente dal verbo to camp (‘accamparsi’, XVI secolo) a sua volta dal nome camp (‘accampamento’, luogo dove un esercito si stabilisce temporaneamente, o anche spazio per esercitazioni militari), dal latino campus attraverso il francese camp e l’italiano campo.

methodist camp meeting 1819

Un campo metodista, incisione del 1819

Il termine inglese camper era utilizzato sin dal 1630 circa con il significato originario di “soldato” (‘colui che si accampa’), poi dal 1806 fu esteso ad indicare i partecipanti ai camp meeting, i “campi metodisti”, raduni religiosi all’aria aperta tenuti dai protestanti (soprattutto in ambito presbiteriano e metodista) in Gran Bretagna e nelle regioni di frontiera degli Stati Uniti d’America durante il 19° secolo. I camp meeting potevano durare diversi giorni durante i quali, in assenza di strutture ricettive, i partecipanti (i camper) si accampavano nel luogo del raduno.


In tempi più recenti, con la diffusione del campeggio come attività ricreativa, il verbo to camp è passato a significare il dormire all’aperto per piacere (non più per necessità come in passato) e dal 1834 è attestata l’espressione camping out che significa campeggiare o accamparsi. Dalla metà del secolo (1856) il nome camper segue le sorti del verbo to camp passando ad indicare una qualunque persona che dorme all’aperto, in strutture temporanee e per scopo ricreativo: un “campeggiatore” quindi.

Volkswagen Typ-2 camperizzato

Un pulmino Volkswagen Typ-2 T2 nella versione “camperizzata”: fu uno dei veicoli che contribuì maggiormente alla diffusione del camper. (Unsplash)

Sebbene veicoli su ruote più o meno attrezzati per dormire fossero già utilizzati da tempo, ad esempio da mercanti o compagnie circensi come supporto alla propria attività itinerante, fu dopo la seconda guerra mondiale che nacquero gli autoveicoli specificamente allestiti per il turismo, i quali ottennero una grande diffusione negli anni ’60 del ventesimo secolo (grazie anche al successo del Wolkswagen Typ 2 ed alla sua versione “camperizzata” Westfalia). In inglese questi veicoli furono chiamati campervan (letteralmente “furgone campeggiatore”) o più semplicemente camper. Dal 1976 il termine camper, con il significato di autocaravan, è attestato anche in lingua italiana come prestito dall’inglese.

Oggi il termine camper è solitamente utilizzato per le tipologie più recenti con cellula abitativa, mentre il semplice furgone allestito è detto “camper puro”, o “camperizzato”, o “camper furgonato”. Il camper appartiene alla categoria dei cosiddetti “veicoli ricreazionali”.

Derivati

Da camper in italiano derivano anche i termini:

  • camperista: chi possiede o utilizza un camper.
  • camperizzato: aggettivo che si riferisce ad un veicolo allestito internamente a camper (es. ‘auto camperizzata’, ‘furgone camperizzato’), anche temporaneamente, che mantiene però gran parte della carrozzeria esterna di serie. Detto anche di veicolo (solitamente un grosso pick-up) attrezzato con cellula abitativa scarrabile. Utilizzato anche come sostantivo (es. ‘un camperizzato’).

  • camper” in Online Etymology Dictionary, Douglas Harper. Web.
  • camp” in Online Etymology Dictionary, Douglas Harper. Web.
  • camper” in il Sabatini Coletti – Dizionario della Lingua Italiana, in Corriere della Sera. Web.

Foto in alto: Kojiro Inui / Unsplash

macchina azionata a gettone o moneta; abbreviazione dell’inglese coin-operated che significa “azionato a gettone”. Il termine è utilizzato prevalentemente in riferimento ai videogiochi arcade, ma è in realtà applicabile anche a tutti quei giochi elettromeccanici che vengono azionati mediante l’inserimento di gettoni o monete come flipper, pungiball, claw crane e simili. In inglese, il termine coin-op è usato in senso più ampio per tutti i dispositivi automatici coin-operated, quindi anche distributori automatici, telefoni a gettone, juke box, cabine fotografiche, lavanderie,  binocoli panoramici a gettone, eccetera.

Penny Arcade a New Orleans nel 1910

Una penny arcade a New Orleans nel 1910.

Le prime macchine a gettone comparvero nella prima decade del ‘900 negli U.S.A. in concomitanza con la nascita delle penny arcade,[1] le “gallerie dei divertimenti”, antesignane delle sale giochi dove si trovavano giochi meccanici ed attrazioni azionabili con un moneta (il penny, appunto) o gettone; tra queste, le peephole machine[2] con cui era possibile vedere un filmato (solitamente uno spogliarello) attraverso un oculare.[1] I termini arcade e coin-op divennero quasi sinonimi a partire dagli anni ’70 quando il successo dei videogiochi coin operated, detti appunto arcade, fece sì che questi ultimi fossero la stragrande maggioranza delle macchine a gettone presente nelle sale giochi. Sebbene siano comunemente utilizzati come sinonimi, c’è una lieve differenza tra i due termini: coin-op è applicabile a tutte le macchine a gettone ed è più correttamente riferito all’hardware (il cosiddetto “cabinato” da sala giochi), mentre arcade indica il videogioco e può essere esteso al genere videoludico.


  1. [1]Nasaw, David, op. cit.
  2. [2]Era il kinetoscopio inventato da Thomas Edison nel 1888.

IN ALTO: macchina coin-op, foto di Arcadro The Coin Pusher Company su Unsplash

enigma, rompicapo, dilemma.

… qualche disagio provocato dal percepire che il conundrum dei tassi alla lunga non sia forse più l’unico dilemma dello scenario americano.
— Ajassa, G. “La politica monetaria rialzista da ‘probabile’ diventa ‘possibile'” in La Repubblica 06/02/2006 pag. 4

Dall’inglese conundrum, falso latinismo che significa rompicapo, enigma, indovinello, ma anche dilemma, paradosso o situazione di stallo. Il termine inglese conundrum ha tuttavia cambiato diverse volte significato nel corso del tempo: dal 1590 fu un epiteto offensivo, probabilmente con il significato di “pedante”; dal 1600 c.a significava “capriccio” ma dal 1640 diventò uno “scherzo” o “gioco di parole”. Forse slang dell’Università di Oxford nel 17º secolo, l’origine è ignota, ma probabilmente si tratta di parola inventata: il finto-latino era infatti considerato «l’apice dell’umorismo nei circoli eruditi».[1] Il linguista austriaco Leo Spitzer ( 1887 – 1960) ipotizzò che conundrum potesse derivare dal  francese calembour, “gioco di parole”, attraverso la forma calembredaine, “linguaggio strampalato”;[2] mentre per filologo britannico Walter William Skeat (1835 – 1912) l’origine era dal latino conandrum, “cosa che deve essere tentata”.[1] Dal 1745 il termine conundrum indicava più che il classico indovinello, detto in inglese riddle, la “domanda imbarazzante”,[2] il tipico “indovinello anglosassone”[3] ossia un enigma in cui la soluzione è basata sul gioco di parole, «una strana somiglianza tra cose del tutto diverse».[1]

Ad esempio:

What did the ocean say to the beach?
Nothing, it just waved!  

Cos’ha detto l’oceano alla spiaggia?
Niente, l’ha solo salutata!


In questo caso la soluzione all’indovinello è il gioco di parole in cui to wave significa sia “colpire con le onde”, “ondeggiare” che “salutare”.


  1. [1]Douglas Harper, op. cit.
  2. [2]Rossi, G. A. op. cit.
  3. [3]Treccani, op. cit.

Immagine: foto di Emily Morter su Unsplash