Come si mangiava — e come si viveva — in Italia negli anni ’50 e ’60? L’Italia entra nel secondo dopoguerra come un paese diviso, piegato dal conflitto, sottosviluppato e ancora profondamente legato all’agricoltura; per uscirne come un paese in forte crescita economica, moderno e relativamente sviluppato. È in quegli anni che arrivano la televisione, l’automobile per tutti, gli elettrodomestici e le cucine americane; si passa dalle campagne alle città e le abitudini alimentari degli italiano cambiano rapidamente e radicalmente; arrivano l’automobile per tutti e la televisione che porta nelle case le pubblicità dei cibi e degli elettrodomestici insieme alla cronaca e ai fenomeni di costume. Sempre mantenendo un punto di vista preferenziale sulla tavola, questo libro racconta aneddoti e quotidianità di quegli anni di grandi cambiamenti, in un paese che vive nello “scarto” tra la continua ricerca della novità e la voglia di liberarsi di ciò “vecchio” e l’attaccamento ai retaggi della tradizione di cui è difficile liberarsi: sono questi gli anni in cui, dopo una iniziale infatuazione per i cibi pronti si riscopre il gusto delle tradizioni e nasce il concetto di “made in Italy”.  Con una raccolta di ricette tratte dalla stampa dell’epoca.

La capacità dei pavesi di dimenticare la propria storia trova qui un’ulteriore e puntuale conferma.

La zuppa alla pavese è un piatto povero tradizionale, che la leggenda vuole nato all’indomani della battaglia di Pavia del 24 febbraio 1525. Di questa zuppa presente sui menu di rinomati ristoranti da Parigi a New York, a Pavia quasi non si trova traccia, come non si trova traccia della battaglia che pure fu forse l’evento più storicamente importante della storia cittadina, entrambe -zuppa e battaglia- puntualmente ignorate dai pavesi quanto dagli enti preposti alla cultura. Questo libretto, che tenta di sopperire a tale lacuna, è davvero un piatto completo: esso infatti fornisce un quadro storico della battaglia cui la tradizione lega la nascita della ricetta, quindi analizza approfonditamente quest’ultima e -al di là della leggenda- ricerca gli ingredienti probabilmente disponibili in quel contesto, “ripulendola” da tutte le aggiunte e modifiche postume operate dai vari ristoranti, chef e ricettari nel corso sei secoli, riportandola ad un’ipotesi di “ricetta originale”. Questa zuppa viene così codificata in un disciplinare, la “regola della zuppa alla pavese” formulata dal Sodalizio dei Cavalieri della Zuppa alla Pavese e e dell’Alborella, che (pur prevedendo le inevitabili varianti di un “piatto povero”, dove per definizione ci finiva di tutto) se rispettata ci permette di gustare la storica zuppa nella forma più simile a quella che dovette deliziare il re Francesco I nel XVI secolo. Ma il libro non si limita a questo, che già sarebbe un meritevole lavoro, e continua con una panoramica delle varianti apocrife che, come accennavo prima, vengono proposte dai ricettari o dai ristoranti di tutto il mondo. Non poteva mancare poi un capitolo di poesie dedicate alla misconosciuta specialità ed infine un po’ di ricordi, aneddoti che legano alla zuppa ad estimatori del calibro di Gianni Brera e Mario Soldati. Infine, una bella serie di tavole artistiche sulla leggenda ed una nutrita bibliografia. Storia, cucina, cultura: tutti gli ingredienti, insomma, di un piatto semplice ma sostanzioso.

Silvio Dell’Acqua

Edizione in soli 300 esemplari numerati, non disponibile online. Contattare l’editore oppure il negozio LaFeltrinelli di Pavia. Riproduzione della copertina per gentile concessione dell’editore.