(sostantivo maschile) localismo emiliano e in particolare di Ferrara, Reggio Emilia, Modena e Parma per ghiacciolo, dolce freddo da passeggio costituito di acqua con sciroppo aromatico fatta gelare su uno stecco in legno. Deriva dal nome di un produttore locale di ghiaccioli, la ditta “BIF” di Cavriago (Reggio Emilia) fondata nel 1960, così chiamata dale iniziali dei cognomi dei soci (Biada-Iori-Fornaciari[1]); l’acronimo è poi diventato comune per i ghiaccioli di qualunque produttore. A Bologna i ghiaccioli erano invece detti →cof.
La domenica passava il gelataio col carrettino. Io racimolavo cinquanta lire per due gusti nel cono. Oppure il bif al bar della cooperativa. Ma se prendevo il gelato, non potevo concedermi il ghiacciolo.
Zucchero Fornaciari, Il suono della domenica (Mondadori 2013). Pag. 286.
A Reggio Emilia, se volete un ghiacciolo, potete chiedere un «Bif».
Basini, Lugli e Segreto (a cura di), Produrre il mondo… (Laterza, 2013) op. cit.
Non si ricordò nemmeno che mi aveva promesso un ghiacciolo, un bif, per noi ferraresi.
Arnaldo Ninfali Scandalo ’60 — Ritorno a Ferrara (Amazon, 2016) Pag. 118.
I ghiaccioli prodotti dalla ditta BIF potevano avere, sullo stecco in legno, un’iscrizione stampigliata a fuoco che dava diritto a ricevere gratuitamente un altro ghiacciolo:
A spiegare, fu un ghiacciolo BIF che, miracolosamente, era per ben due volte risultato riportare la scritta marchiata a fuoco, con la quale ne avanzavi immediatamente un altro senza pagare…
Francesco Guccini Vacca d’un cane (Feltrinelli, 1994) Pag. 112.
- [1]Basini et al. op. cit.↩
- Basini, Gian Luigi, Giampiero Lugli e Luciano Segreto (a cura di) Produrre il mondo: l’industria reggiana dalla crisi petrolifera alla globalizzazione. Bari: Laterza, 2005. Pag. 419. ISBN 978-8842076476.
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