A C G M R

camera nunziale, per estensione luogo di intimità erotica o anche incontro erotico. In origine il termine si riferiva alla parte della camera da letto dove si trovava appunto il letto, costituita da una nicchia separata dal resto dell’ambiente con tendaggi, balaustre o altro; caduta in disuso quest’usanza nell’età moderna il termine è rimasto come sinonimo di “camera da letto”, con particolare accento sull’intimità. Deriva dallo spagnolo alcoba, a sua volta dall’arabo alqubba, composto di al (articolo determinativo) e qubba, “volta”, “cupola”, “padiglione”, “stanza”, “gabinetto”, dal verbo qabba, “inarcarsi”.

In alto: Alcova di Palazzo Sagredo a Venezia, 1720 c.a. [PD] Commons.


  • alcova” in Pianigiani, Ottorino Vocabolario etimologico della lingua italiana, 1907
  • alcova” in Vocabolario online. Treccani. Web.

 

Questo vecchio legno, quando si alza il vento,
Quando si alza il vento navigherà.
Non siamo nati mica ieri, Capatàz.

Francesco de Gregori, Capatàz (1987)

(scherzoso) caposquadra, sorvegliante, fattore, capoccia, caporale; nell’uso più recente, genericamente capetto o dirigente di basso livello dall’atteggiamento autoritario e intransigente, ma con una sfumatura di ridicolo.

Leader, presidenti, ministri, ex ministri, capataz e capetti si vedono dovunque, ma anche da nessuna parte.

“Una crisi fuori dai palazzi” in Repubblica, 27/8/2019

  Il capataz, che vuol dir capo (il capo conduttore di quel convoglio di carri), gli diede un’occhiata da capo a piedi, e rispose seccamente: – Non ci ho posto.

Edmondo De Amicis, Cuore (1886)

Attestato dal XVII secolo, deriva dalla voce spagnola capataz (pl. capataces, XV secolo), “capo” – probabilmente grazie anche alla dominazione spagnola in Italia – a sua volta dal latino caput, di formazione simile all’italiano capitano ma con suffisso –taz di evoluzione non chiara (forse da –itis). Dallo spagnolo è derivato anche il portoghese capataz di uguale significato.

un capataz, od ispettore, ci condusse nelle numerose sale del pianterreno, ove si fabbricavano le varie specie di tabacco de polvo o tabacco in polvere…

Di Jean-Charles Davillier, Viaggio in Ispagna del barone Carlo Davillier F.lli Treves, (1874) pag. 232

In passato il capataz o caporal in spagnolo e portoghese era  un nero privilegiato, ad esempio un figlio di padre europeo e madre schiava e/o chi si era guadagnato la fiducia dei padroni, per questo designato dai bianchi per comandare sugli altri schiavi, compito spesso svolto con particolare durezza. I capataz erano quindi visti dagli schiavi come traditori dei propri “fratelli neri”.


  • capataz” in Vocabolario online, Treccani. Web.
  • capataz” in Dizionario De Mauro, L’Internazionale. Web.
  • capataz” in Una parola al giorno, 20/11/2020. Web.

In alto: foto di jarmoluk/Pixabay.

colpo di stato; dallo spagnolo e portoghese golpe (colpo), abbreviazione di golpe de estado, a sua volta dal francese coup d’état: nel linguaggio politico, sovvertimento dell’ordine statale da parte di gruppi politici armati, soprattutto militari. Inizialmente utilizzato soprattutto in riferimento ai paesi sudamericani, il termine si è poi affermato come sinonimo di “colpo di stato” in qualunque ambito geopolitico. Es:

Imboscata a Bagdad per eliminare Saddam: ecco il golpe fallito tentato dai fedelissimi

Corriere della Sera, 10 luglio 1992, pag. 13

L’uso del termine spagnolo golpe si è diffuso in molte lingue (è utilizzato anche in inglese) a partire dall’America latina dove tra gli anni ’50 e ’70 del XX secolo si verificarono una lunga serie di colpi di stato, in particolare in Argentina dove tutti i governi furono rovesciati da golpe militari:

  • Cuba, 1952: il 10 marzo il colpo di stato di Fulgencio Batista abbatte il governo del presidente Carlos Prío Socárras.
  • Colombia, 1953: un golpe militare spodesta il governo del conservatore Laureano Gomèz e porta al potere il generale Gustavo Rojas Pinilla.
  • Argentina, 1955: le forze armate, al comando del generale Eduardo Lonardi, rovesciano Juan D. Perón e stabilirono la cosiddetta Revolución Libertadora (foto in alto).
  • Argentina, 1962: il governo di Arturo Frondizi, che aveva vinto le elezioni presidenziali nel ’58, viene rovesciato da un golpe militare e sostituito da José María Guido.
  • Ecuador, 1963: presidente Monroy viene deposto da una giunta militare.
  • Brasile, 1964:  il 31 marzo le forze armate destituiscono il presidente João Goulart.
  • Bolivia, 1965: un colpo di Stato destituisce Estenssoro portando al potere il generale René Barrientos Ortuño durante il cui governo si sviluppò la guerriglia capitanata da Che Guevara.
  • Argentina, 1966: il 28 giugno un nuovo golpe militare porta al potere il Generale Juan Carlos Onganía.
  • Panama, 1968: un colpo di stato militare rimuove il presidente Arnulfo Arias portando al potere Omar Torrijos.
  • Perù, 1968: colpo di stato del generale Juan Velasco Alvarado destituisce il presidente Fernando Belaunde Terry.
  • Bolivia, 1969: colpo di stato militare seguito da contro–golpe rivoluzionario di sinistra guidato da Juan José Torres.
  • Ecuador, 1972: Monroy viene nuovamente deposto da un colpo di stato, questa volta del generale Guillermo Rodríguez Lara.
  • Cile, 1973: l’11 settembre il generale Pinochet, alla guida dell’esercito, prende il potere con un colpo di Stato; il presidente Allende perde la vita durante l’assalto al palazzo presidenziale.
  • Argentina, 1976: il 24 marzo un golpe militare destituisce il governo di Isabel Martínez de Perón (soprannominata Isabelita) portando al governo, dopo alcune giunte militari di breve durata, il dittatore Videla. Nel 1982 la sconfitta contro il Regno Unito nella guerra delle Falkland, iniziata dal dittatore Leopoldo Gualtieri, avrebbe portato alla caduta definitiva del regime militare in Argentina.
  • Bolivia, 1980: colpo di stato del generale Luis García Meza; nell’ottobre 1982 Hernán Siles Zuazo diventerà nuovamente Presidente ristabilendo la democrazia.

Derivati

  • golpista: chi organizza o prende parte a un golpe, utilizzato anche come aggettivo[1] (es. “propositi golpisti”).
  • golpe bianco: colpo di stato realizzato senza ricorrere alla forza.[2] La locuzione nacque nel 1974 quando fu scoperto un presunto colpo di stato liberale e presidenzialista, con l’obbiettivo costringere il Presidente della Repubblica Giovanni Leone a nominare un governo che realizzasse una repubblica semipresidenziale come quella francese di Charles de Gaulle.

Sinonimi

  • colpo di stato;
  • putsch (dal tedesco).

IN ALTO: festeggiamenti per la riuscita del colpo di stato della Revolución Libertadora in Argentina del 1955 (Archivo General de la Nación ).


  1. [1]Cortelazzo–Cardinale, op. cit.
  2. [2]“Bianco (4)” in Castoldi–Salvi Parole per ricordare — Dizionario della memoria collettiva. Bologna: Zanichelli, 2003. Pag. 45. ISBN 88–08–08878–2

animazione, vita notturna giovanile all’interno di una città: prestito dallo spagnolo, si tratta della forma femminile sostantivata dell’aggettivo movido, “movimentato”. Il termine deriva dalla Movida madrileña (lett. “animazione madrilena”), un movimento culturale iconoclasta sviluppatosi spontaneamente a Madrid tra il 1975 e la fine degli anni ’80 (con strascichi fino agli anni ’90). Con la fine del franchismo, caratterizzato tra l’altro dall’istituzionalizzazione di un cattolicesimo bigotto e retrogrado, cessarono sì le repressioni politiche, ma anche quelle morali e culturali: l’alcol, le droghe e la libertà sessuale non erano più un tabù, la marijuana era legale (fino al 1992); i madrileni si riversarono nelle strade riscoprendo il piacere di fare baldoria. Sebbene includesse ogni abuso edonista immaginabile, la movida non si ridusse ad “uscire per bere” (e drogarsi) ma divenne espressione di una libertà di pensiero che travolse la capitale spagnola ispirando numerosi artisti, tra i quali il regista Pedro Almodóvar, la stilista Agata Ruiz De la Prada, l’artista Andy Warhol e numerosi gruppi rock e synthpop (come gli Alaska e Dinarama). Uno dei maggiori sostenitori della movida fu l’ex professore universitario di orientamento socialista Enrique Tierno Galvan, conosciuto affettuosamente come il “viejo profesor”, convinto oppositore del regime ai tempi di Franco che nel 1979 divenne sindaco di Madrid. Fu però solo dopo il 1984 che la politica locale intuì le potenzialità (anche economiche) della movida e se ne appropriò, incentivandola come simbolo di modernità, di democrazia e di una nuova identità cittadina. Esaurito gradualmente il significato politico dalla fine degli anni ’80, la movida è rimasta un’usanza caratteristica della capitale spagnola: nel libro Sólo se vive una vez: esplendor y ruina de la movida madrileña (2013), José Luis Gallero conclude che «ciò che è rimasto è l’abitudine ad uscire per bere e conversare.»

Il termine movida, ancora utilizzato a Madrid per indicare le notti trascorse tra un locale e l’altro, si è esteso alla vita notturna di altre città spagnole e dagli inizi degli anni’90 anche alla lingua italiana, come testimonia il dizionario di neologismi del 1992 Le parole degli anni Novanta (di A. Bencini ed E. Citernesi, Le Monnier), ad indicare, genericamente, la movimentata vita notturna di una città:

Decreto sicurezza, multe e Daspo a chi abusa della movida

Corriere della Sera, 13 giugno 2016 



Foto: Madrid nel 1980 [CC-BY-SA 4.0] Archivio Paolo Monti/European Library of Information and Culture/Commons.

 

(o reguetón nella grafia ispanica) genere musicale da ballo caratterizzato dall’incontro del reggae — in particolare la sua declinazione più minimale, il dancehall giamaicano, e il raggae en español[1] cantato a Panama dagli anni ’70 ma anche di altri stili afro-caraibici,[2] con gli stilemi tipici dell’hip hop di origine statunitense, inclusi i suoni elettronici sincopati e la tecnica oratoria musicale del rapping, con testi però in lingua spagnola o spanglish. Nato a Porto Rico negli anni novanta dapprima come genere underground, il reggaetón ha conosciuto una diffusione pressoché mondiale nella decade successiva, con Gasolina di Daddy Yankee a sancirne nel 2004  l’ingresso nelle hit parade nordamericane ed europee, fino a diventare definitivamente un genere mainstream.

La parola raggaetón altro non è che l’accrescitivo di raggae, formata con l’aggiunta appunto del suffisso –on che in lingua spagnola indica qualcosa di grande (letteralmente ‘grande reggae’[3]) e l’interfisso –t– che ha la sola funzione estetica di interrompere l’accumulo di vocali che si avrebbe altrimenti in sua assenza (in pratica, ‘raggaeón‘ non suonava benissimo).

Il termine raggaetón fu usato per la prima volta nel 1994 dagli artisti Daddy Yankee e DJ Playero, cui è attribuita la paternità, che lo utilizzarono nell’albunm Playero 36 per descrivere il nuovo genere emergente a Puerto Rico che univa i ritmi raggae (il dembow giamaicano) e hip hop con il rap e il cantato in lingua spagnola. La Academia Puertorriqueña de la Lengua Española si è espressa in favore della grafia reguetón, più vicina alle regole ortografiche della lingua spagnola.

Sottogeneri e generi derivati

  • alternative raggaetón: genere nato negli anni 2000 come reazione alla ripetitività del ritmo dembow e degli stereotipi gangsta considerati da alcuni ormai scontati e ritriti; rispetto al raggaeton presenta suoni più complessi e ricercati, maggiori influenze dalle musiche tradizioni afro-caraibiche, dalla world music e anche dal rock en español. I testi, altrettanto crudi, sono però più intellettuali ed impegnati su contenuti sociopolitici e antirazzisti.
  • bachatón: sottogenere nato dall’ibridazione del raggaetón portoricano con le melodie della bachata dominicana.
  • cubatón: sottogenere nato dall’ibridazione del raggaetón portoricano con elementi della musica tradizionale cubana; a differenza del reggaeton i testi trattano per lo più di temi positivi come la gioia di vivere cubana, l’amore, il ballo e la festa. Questo stile ha avuto origine a Cuba alla fine degli anni ’90 ma poi è stato ripreso anche in America latina.
  • raggaecrunk: sottogenere nato dall’ibridazione tra il raggaetón e il crunk, sottogenere del southern hip hop nato a Memphis (Tennessee) e caratterizzato dalla presenza di fischi, beat molto potenti e una forte componente elettrorap.

  1. [1]Il raggae originariamente era solo in lingua inglese, basti pensare a Bob Marley.
  2. [2]come la soca trinidadiana, la bomba e la plena portoricane, la salsa cubana, il mambo e la bachata
  3. [3]Come in italiano, in spagnolo l’accrescitivo può indicare non son solo qualcosa di grande in termini di dimensioni fisiche, ma anche in quelli qualitativi: es. solterón, (scapolone); richazón, (riccone).

Foto in alto: show del gruppo reggaetón argentino Chocolate Remix, impegnato su temi femministi e LGBT, 2013  (foto: Laura Brégoli/Commons CC BY-SA 3.0)