Era questo che volevo vedere. La scorza di bellezza che deve esistere in ogni angolo maltrattato del mondo.
Andrew Blackwell, giornalista e regista cinematografico, ci presenta una insolita guida ai luoghi più inquinati e tossici del pianeta: «da Chernobyl a Kanpur, nell’India disastrata delle discariche industriali illegali e delle concerie tossiche, dall’Amazzonia sfigurata dalle coltivazioni di soia alle miniere di carbone in Cina.» Non sono però le tematiche ecologiche o scientifiche (pure accennate) l’argomento principale di questo libro, ma proprio il turismo, l’attrattiva di questi luoghi. Cosa ci dovrebbe mai trovare un turista nelle discariche di Kanpur? Nel museo sull’industria petrolifera di Fort McMurray, a due passi dalle montagne di zolfo e dalle sabbie bituminose? Nella Zona di Esclusione di Černobyl’? Qualcosa di inafferrabile, la vera “bellezza” dei luoghi, intrinseca, non collegata a ciò che riteniamo giusto o sbagliato, naturale o innaturale. Una bellezza primitiva che si può percepire solo in quei luoghi spogliati proprio da tutto ciò che ci farebbe dire: «è bello».
Un po’ diario di viaggio e un po’ saggio sugli ecosistemi più inquinati del mondo, Benvenuti a Chernobyl è un libro coinvolgente, appassionato ed ironico, un reportage su una «avventura tossica mozzafiato».
Silvio Dell’Acqua
Sul disastro di Černobyl’, il più catastrofico incidente nucleare di tutto il XX secolo, sono stati scritti molti libri. Questo, però, è opera di chi quell’incubo l’ha vissuto in prima persona: il giornalista moldavo Pavel Nică fu inviato in quella che è ormai nota come “la Zona” appena un anno dopo il disastro, nel 1987, a documentare i danni e le operazioni di bonifica per conto del settimanale Literatura si Arta di Chișinău. Giornalista apprezzato, obiettivo ed anticonformista, Pavel Nică era perseguitato dal KGB. I suoi reportage su Černobyl’, non allineati con la propaganda di regime, furono sistematicamente censurati dalle autorità di Mosca prima e da quelle moldave “democratiche” dopo il crollo del regime sovietico. Solo nel 2003 riesce finalmente a raccontare quello che ha visto, pubblicando un piccolo libro in romeno, intitolato Cernobîl. Tragedia secolului (Ecologie, încotro…). Nel 2011 esce finalmente una edizione italiana per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri (Viterbo): Chernobyl la tragedia del XX secolo non è un libro tecnico o scientifico, che descrive il funzionamento del reattore e le meccaniche che hanno portato all’incidente; non è un libro come può essere il The truth about Chernobyl scritto da Grigori Medvedev che era stato vice capo ingegnere al reattore nº 1 della stessa centrale e che collaborò come consulente all’inchiesta sull’accaduto. Il libro di Nică è un libro umano e drammatico sulla mancanza di trasparenza e l’autoritarismo che hanno avvolto il problema del nucleare nell’Unione Sovietica, che sono stati forse la vera causa del disastro e hanno continuato per almeno un ventennio a occultarne le responsabilità e la reale portata. Non è un libro imparziale come gli atti tencico–scientifici di un convegno sul nucleare, è un libro da cui emerge la rabbia verso un regime e un sistema politico–amministrativo che, con la mancata trasparenza, le bugie, la corruzione, si è reso responsabile di tanto dolore. È il libro di un giornalista che, come scrive Riccardo Iacona nella prefazione, «si è messo in gioco interamente, pagando il prezzo più alto possibile, quello della vita». Pavel Nică, infatti, è morto nel 2009 in conseguenza dell’esposizione alle radiazioni sull’area del disastro, ben 23 anni dopo i fatti di Černobyl’.
Silvio Dell’Acqua