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leopardato

leopardato

In dizionario, lessico tessile di Silvio DellʼAcqua

detto di pattern, specialmente su tessuto, che imita (più o meno realisticamente) le macchie del leopardo; è utilizzato sia come aggettivo (es. “abito leopardato”) sia in forma sostantivata (es. “il leopardato”). Il lemma è composto dal sostantivo leopardo, nome comune del felino Panthera pardus di cui il pattern leopardato imita il manto fulvo costellato da macchie (rosette), con il suffisso -ato che in questo caso indica la somiglianza con il referente del sostantivo di base (il leopardo, appunto) come in ambrato, vellutato e simili.

Il leopardato appartiene alla categoria dei motivi cosiddetti animalier, ossia che riproducono il manto di animali (come tigrato, pezzato, zebrato, giraffato, pitonato e simili). È generalmente ottenuto a stampa e nella versione più realistica, il motivo leopardato imita la pelliccia dell’animale ed è costituto da macchie scure irregolari, disposte a rosette su uno sfondo sfumato che sfuma dal rossiccio, al crema, al bianco. Tuttavia, viene anche declinato in versioni meno realistiche, con macchie dalle forme stilizzate e colori fantasiosi.

1 – vestito a classica stampa leopardata “realistica”.

2 – tessuti a stampa leopardata con macchie stilizzate e colori fantasiosi.


Storia

Un vestito leopardato è raffigurato indosso alla principessa Nefertiabet, “la bella d’Oriente”, figlia del faraone Cheope, sulla sua stele funeraria (oggi conservata al Louvre) già 2566 a.C. Il significato del motivo leopardato è molto cambiato con i tempi: inizialmente era indice di fierezza, forza e resistenza: «Penso che le persone sentano una connessione primordiale con le macchie [del leopardo]» scrive Jo Weldon nel suo libro Fierce: The History of Leopard Print (2018). Nel XVIII e XIX secolo era invece simbolo di ricchezza, di agiatezza, quindi di potere economico. Poi, nel XX secolo arrivarono le moderne tecniche di stampa, la produzione di massa e il leopardato entrò nella cultura pop: nel 1947 Christian Dior fu il primo ad utilizzare la stampa leopardata in una propria linea di moda. Il leopardo è considerato, nell’immaginario collettivo, irresistibile e pericoloso, fiero e ribelle, sofisticato e sexy: e queste caratteristiche vengono trasposte alla persona che ne indossa le tipiche “macchie”.

Stele funeraria di Nefertiabet: la principessa è raffigurata con indosso un abito leopardato (2566 a.C.)


Con la diffusione della stampa leopardata nell’abbigliamento a basso costo, verso la fine del XX secolo il motivo divenne abusato e di conseguenza spesso associato ad un gusto pacchiano e sciatto; ma nel XXI secolo è stato rivalutato: indossato da celebrità come l’artista Beyoncé, la ex first lady Michelle Obama, la direttrice di Vogue Anna Wintour (personaggi che nessuno si sognerebbe di definire provinciali), il leopardato si è un po’ affrancato da quella fama di motivo “cafone”. Come scrive la Weldon, infatti, il leopardato è di per sé “neutro”: come per molte altre cose, il significato dipende dall’interpretazione che gli si vuole dare.

 


Immagini

  1. Foto di Adina Voicu da Pixabay
  2. Foto di Ulrike Mai da Pixabay
  3. Einsamer Schütze, Louvre 2006 [CC BY-SA 3.0]