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baldracca

In dizionario di Silvio DellʼAcqua

[bal-dràc-ca] (s.f.) donna di malaffare, di cattivi costumi, prostituta: «quand’eccoti comparire una baldracca, colla quale si vide poi ch’egli avea tenuto qualche commercio carnale […] sucida, ciacca, rancida, la più cenciosa, e la più orsa feminaccia che io vedessi mai.» (dalle lettere familiari di Annibal Caro, 1572–75). Deriva dalla città persiana di Baghdad, nota all’epoca come “Baldac” o “Baldacco”, spesso erroneamente identificata con la dissoluta e maledetta Babilonia, che godeva nel medioevo di fama di luogo di perdizione ed immoralità per antonomasia nel senso più spregiativo del termine. Scriveva il Petrarca nel XIV secolo: «Aspettando ragion mi struggo e fiacco / Ma pur novo soldan veggio per lei / Lo qual farà, non già quand’io vorrei / sol una sede; e quella fia in Baldacco» (Sonetto CVI). Oppure, da una contrada di Firenze detta “Baldracca” (dove oggi si trovano gli Uffizi), quartiere malfamato e degradato così detto da una certa “Osteria della Baldracca” che lì si trovava, una nota bettola frequentata da prostitute e sede di “commerci carnali”, il cui nome era comunque la storpiatura di “Baldacco” (Baghdad) forse incrociato con baracca: entrambe le ipotesi sono avallate dal Vocabolario degli Accademici della Crusca del 1866. Sull’equivoco tra città di Baldacco e l’osteria fiorentina è incentrata questa gustosa discussione con il conte Cesare Ercolano, immaginata da Benedetto Varchi nel celebre Ercolano del 1570 (uno dei più significativi trattati sulla lingua italiana), dove si citano anche i versi del Petrarca:

Varchi: «Dicano quello che vogliono, io non mi arrecherò mai a credere di buon cuore che le disonestà siano concedute in luogo nessuno, e massimamente dicendo il proverbio che l’onestà si conviene, e sta bene infino, per non dire il vocabolo proprio, in Baldracca.»

Conte: «Voi volete dire in Baldacco, non in Baldracca.»

Varchi: «Io vo’ dire in Baldracca, non in Baldacco.»

Conte: «Il Petrarca disse pure Baldacco e non Baldracca.»

Varchi: «Voi m’avete bello e chiarito, il Petrarca intese di Babilonia, e io intendo di un’osteria, o più tosto taverna, anzi bettola di Firenze, dove stavano già delle femmine di mondo in quel modo, che al Frascato. Giudicate ora voi che differenza è da un picciolo e disonesto alberghetto a Babilonia

Conte: «Maggiore che dal giugno al gennaio, ma guardate a non v’ingannare perché io mi ricordo di aver letto in uno scrittore moderno, del quale si fa grande stima,[1] che Baldacco era un luogo disonesto e disonorevole in Firenze, del quale anco il Petrarca faceva menzione nel sonetto: L’avara Babilonia ha colmo il sacco.»

Varchi: «Credete quello che vi piace. Baldracca era, ed è un’osteria in Firenze vicina alla piazza del grano, ma sta ben poco a non essere più, perché l’eccellenza del nostro Duca, essendo ella quasi dirimpetto al suo palazzo, la vuol fare spianare, e murare in tutti quei contorni, edifizii e casamenti, dove si ragunino i cantieri.»

Conte: «Va poi, e fidati tu. Io conosco di mano in mano meglio e più certamente che chi vuole intendere, non che dichiarare, la lingua fiorentina, e spezialmente in cose cotali, bisogna che sia o nato, o stato in Firenze, altramente fa di grandi scappucci; perché quanto sarebbe non solamente folle, ma fello sentimento, se si facesse dire al Petrarca, che la fede, o la sede cristiana, s’avesse un giorno a ridurre tutta quanta in Baldracca!»

Varchi: «Lasciamo Baldacco e Baldracca, che il Burchiello chiama Baldacca, se intese però di questa, e venghiamo a’ poeti latini…»

Da Opere di Benedetto Varchi ora per la prima volta raccolte, Vol. II. Trieste, 1859. Pag. 162. 

  1. [1]Probabilmente il Vellutello: «Baldacco era, in quel tempo, luogo in Firenze, dove stavano le pubbliche meretrici.»

 

Immagine: Giocatori di carte. Wouter Pietersz. Crabeth (II), olio su tela, c.a 1625–1650 (Commons).