Penso che tutti abbiano letto Radici di Alex Haley. Si tratta di un romanzo storico che ripercorre le “avventure” di una famiglia di afroamericani da quando il loro capostipite, Kunta Kinte, fu catturato e reso schiavo da negrieri che catturavano e vendevano nelle Americhe persone (considerate subnormali) da destinare ai lavori forzati nei campi. Penso che tutti coloro che hanno letto questo romanzo abbiano sentito un brivido nella schiena quando, nell’ultima parte della storia, l’autore giunge finalmente alle radici della sua famiglia.

Perché parlo di Radici? Perché il libro di Emanuele Lelli Sud Antico — Diario di una ricerca tra filologia ed etnologia, pur non essendo esattamente un romanzo storico, mi ha fatto sentire gli stessi brividi dietro la schiena che avevo sentito quando ho letto Radici. Anzi, devo dire, che rispetto a quello, il saggio di Lelli mi ha dato qualche emozione in più perché non discute di generiche radici di un popolo qualsiasi a cui non appartengo, ma riscopre le “mie” radici, ovvero del popolo a cui appartengo, spiegando il significato di tradizioni che io stesso ho sentito da piccolo senza aver mai capito da dove esse derivassero. Emanuele Lelli scrive un bellissimo diario di viaggio durante il quale visita paesini sperduti in ogni angolo del Meridione d’Italia interrogando persone sul significato di tradizioni contadine perse nella notte dei tempi. Perché non bisogna mai orinare contro il sole nei campi? Sapevate che è una superstizione che risale addirittura a Pitagora? Sì il famoso matematico che, pur essendo una mente eccelsa, pare fosse estremamente superstizioso. Perché quando si starnutisce si dice “salute”? Perché nel mondo Greco e Latino (si veda Aristotele, Menandro, Teocrito, Cicerone) lo starnuto era ritenuto beneaugurante, aveva, cioè, un valore simbolico molto positivo. Quindi, allo starnuto si faceva seguire l’invocazione della dea Salute (“Salus”). Sapete come è nata la favola di Pinocchio? Sì, proprio il famoso burattino a cui si allungava il naso quando diceva le bugie. È una rivisitazione moderna di una superstizione che già esisteva nel mondo Greco ripresa, poi, in quello latino: pare che i Greci ritenessero che spuntassero delle pustole sul naso di chi era avvezzo alla menzogna quando, mentendo, guardava la Luna. Ci sono, nel saggio di Emanuele Lelli, tantissime altre tradizioni di alcune delle quali io stesso ho memoria. Mi sono state tramandate da mia nonna, come per esempio il famoso “munaciello” (che altro non è che la rivisitazione in chiave “cattolica” del folletto dal berretto rosso tipico della tradizione latina), o da mio padre, che raccontava della antica leggenda sulla possibilità di riconoscere il sesso di un nascituro dalla forma della pancia della madre incinta: pancia a punta, figlia femmina; pancia arrotondata, figlio maschio. Anche questa tradizione deriva da antiche credenze di origine Greche sulla forma dell’uovo delle galline per stabilire il sesso del pulcino. Ma non voglio adesso fare lo “spoiler” del libro. È un libro da leggere e da consigliare a tutti: adulti e ragazzi per capire da dove siamo venuti e da dove derivano molte delle superstizioni che ancora oggi sono tra noi.

Pellegrino Conte

 Era questo che volevo vedere. La scorza di bellezza che deve esistere in ogni angolo maltrattato del mondo. 

Andrew Blackwell, giornalista e regista cinematografico, ci presenta una insolita guida ai luoghi più inquinati e tossici del pianeta: «da Chernobyl a Kanpur, nell’India disastrata delle discariche industriali illegali e delle concerie tossiche, dall’Amazzonia sfigurata dalle coltivazioni di soia alle miniere di carbone in Cina.» Non sono però le tematiche ecologiche o scientifiche (pure accennate) l’argomento principale di questo libro, ma proprio il turismo, l’attrattiva di questi luoghi. Cosa ci dovrebbe mai trovare un turista nelle discariche di Kanpur? Nel museo sull’industria petrolifera di Fort McMurray, a due passi dalle montagne di zolfo e dalle sabbie bituminose? Nella Zona di Esclusione di Černobyl’? Qualcosa di inafferrabile, la vera “bellezza” dei luoghi, intrinseca, non collegata a ciò che riteniamo giusto o sbagliato, naturale o innaturale. Una bellezza primitiva che si può percepire solo in quei luoghi spogliati proprio da tutto ciò che ci farebbe dire: «è bello».
Un po’ diario di viaggio e un po’ saggio sugli ecosistemi più inquinati del mondo, Benvenuti a Chernobyl è un libro coinvolgente, appassionato ed ironico, un reportage su una «avventura tossica mozzafiato».

Silvio Dell’Acqua