Polenta di Civitanova

In Gastronomia di Silvio DellʼAcqua

La pulénda de Citanò (in dialetto maceratese) o pulénda co’ lu “O” (polenta con la “O”) è un piatto povero tipico della tradizione di Civitanova Marche, nella provincia di Macerata. Si tratta di una comune polenta “gialla”, cioè di farina di granoturco, cotta in un paiolo e, una volta pronta, versata sulla spianatóra, l’apposita asse di legno. Tradizionalmente si condisce con appena un filo d’olio di oliva lasciato cadere dal beccuccio dell’ascéllu (utello,[1] oliera) a disegnare una “O” con tanto di ricciolo, come imponevano un tempo le regole della buona calligrafia, da cui il nome scherzoso di pulénda co’ lu “O”. Prima di servire si “sfascia”, ovvero si spande, l’olio sulla polenta con una forchetta e si divide: operazione in genere causa di discordie tra i bambini, che cercavano di accaparrarsi le porzioni con più condimento.

Civitanova Marche

Civitanova Alta e Porto Civitanova

giù-la-piazzaLa “polenta con l’O” è descritta nel romanzo autobiografico Giù la piazza non c’è nessuno di Dolores Prato (1980)[2] in cui narra della propria infanzia vissuta nelle Marche. Intitolato alla polenta di Civitanova è anche un sonetto popolare che scherza invece sulla rivalità tra gli abitanti di Civitanova Alta e i pesciaroli, ovvero gli abitanti di Civitanova Porto, prendendo a pretesto la notabile differenza tra le rispettive parlate: l’usuale desinenza dei vocaboli in “U” dell’entroterra, a Civitanova porto diventa infatti in “O”. Tanto che, dice il sonetto, con quella “O” giù al porto ci condiscono perfino la polenta!

La pulénda de Citanò

Quilli de jó lu Pòrtu, a Ccitanò,
le parole le vutta sinza “U”:
Figurate, le stéca co’ lu “O”[3]!
No, no ghe parla probbjo come nnu’:

Issi dice “margutto”[4], “perninzó”[5];
dice “frico”,[6] “ciammòtto”,[7] penza tu!
Fa li paini, e sgrizza la mbizió[8];
ma rmane pesciaroli o pescatù,

rmane jente che ccóme se presènta
sindi puzza de péscio e dde micragna;
jènde che ppéna e ttira, scì, la cénda!

E per ciurla o per mette su zzizzagna[9],
se dice: Jo a lu Pórtu, la pulénda,
co’ lu “O” la cunnisce e sse la magna!

Civitanova Alta -E. Pighetti/Flickr CC-BY 2.0

2 – Civitanova Alta (E. Pighetti/Flickr)

Porto Civitanova - E. Garbuglia/Flickr CC-BY 2.0

3 – Porto Civitanova (E. Garbuglia/Flickr)

Note

  1. [1]contenitore con beccuccio per versare l’olio di oliva o l’aceto, in terracotta invetriata o, più recentemente, in latta: oliera. V. →utello.
  2. [2]a pagg. 114-116 nell’edizione Einuadi del 1980.
  3. [3]le stéca co’ lu “O”: la pronuncia con la “o”. Stéca da téca, “baccello”, quindi “sbaccellare”, “sgusciare”: in modo figurato (come d’uso nel dialetto) vuole indicare la parlata (da Cavalieri, op. cit.)
  4. [4]margutto: anziché murguttu, “grullo”, “sciocco”.
  5. [5]perninzó: invece di pernizù, “verso l’alto”.
  6. [6]frico: anziché fricu, “bambino”
  7. [7]ciammòtto invece di ciammòttu, “rospo”, in senso figurato “imbecillotto”
  8. [8]sgrizza la mbizió: schizzano ambizione
  9. [9]per ciurla o per mette su zzizzagna: per burla o per provocare

Bibliografia e fonti

Immagini

  1. © 2013, Silvio Dell’Acqua.  2013. Polenta preparata da Ermido Castellani di Gropello Cairoli.
  2. E. Pighetti, 2010 [CC-BY 2.0] Flickr
  3. E. Garbuglia, 2013 [CC-BY 2.0] Flickr
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Silvio DellʼAcqua

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Fondatore, editore e webmaster di Lapůta. Cultore di storia della Croce Rossa Internazionale. Appassionato di ricci.