Pirati, corsari, bucanieri & Co.

In Cultura popolare, Geografia insolita, Storia di Silvio DellʼAcqua

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1 – “Cap’n Slappy” (Mark Summers) e “Ol’ Chumbucket” (John Baur), fondatori del “Talk Like a Pirate Day”.

Lo scrittore e medico francese Alexandre Olivier Exquemelin (1645 – 1707), che era stato imbarcato come chirurgo[1] nella ciurma del corsaro britannico sir Henry Morgan, fu l’autore di uno dei più importanti trattati sulla pirateria del XVII secolo: il libro De Americaensche Zee-Roovers (Amsterdam: Jan Ten Hoorn, 1678).[2] Quando nel 1684 sir Henry Morgan ricevette alcune copie delle due edizioni in lingua inglese querelò entrambi gli editori londinesi per diffamazione:[3] il libro infatti lo definiva pirata, ma lui si riteneva un corsaro! Il tribunale gli dette ragione e gli editori furono condannati a risarcire Morgan con duecento sterline ciascuno e a modificare le edizioni successive. In effetti i termini pirata, corsarobucaniere, filibustiere, sebbene siano spesso utilizzati come sinonimi nel lessico moderno, hanno invece differenti significati nell’ambito della cosiddetta “età d’oro” della pirateria, quella del Mar dei Caraibi tra il 16º e 17º secolo: l’epoca che, dalle opere della narrativa ottocentesca alle più recenti produzioni cinematografiche di ambientazione “piratesca”, più ha lasciato della figura avventurosa del pirata all’immaginario collettivo contemporaneo.

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2 – Mappa dei Caraibi del 1720

Pirati

I pirati erano, e sono, predoni che svolgono l’attività illegale di attaccare e depredare le navi in mare, oppure le città costiere, per solo profitto personale: in pratica sono comuni fuorilegge più o meno organizzati che agiscono per conto proprio. La pirateria è un’attività antica quanto la navigazione[4][5] e tuttora praticata in alcune zone del mondo, soprattutto nell’Oceano Indiano (Golfo di Aden, Stretto di Malacca, singapore) ed intorno al Corno d’Africa, ma che saltuariamente si ripresenta anche lungo le coste del Mediterraneo e del Sudamerica. Per la legge britannica promulgata durante il regno di Enrico VIII (1509 – 1547) era definito “pirata” chiunque compisse un qualsiasi crimine[6] in mare o in un luogo ricadente nella giurisdizione dell’Ammiragliato; quindi anche i porti ed i corsi d’acqua fino al segno di alta marea, linea oltre la quale i rei diventavano competenza dei tribunali civili. I pirati dei Caraibi erano quei marinai che, in cerca di facile guadagno, spinti dalla miseria o ancora sotto costrizione (quando venivano rapiti da altri pirati), si dedicavano alla pirateria ossia a depredare navi mercantili di passaggio ed insediamenti costieri. Erano organizzati in gruppi numerosi e democratici: il capitano veniva eletto a maggioranza e poteva essere destituito, tra i membri dell’equipaggio vigeva l’uguaglianza e tutti avevano diritto ad eguale parte del bottino. Le loro navi erano contraddistinte da una bandiera rossa o nera (→bandiera nera) con un simbolo distintivo del capitano: era il cosiddetto “jolly roger”, oggi comunemente rappresentato con un teschio sovrastante due ossa incrociate ma del quale esistevano in realtà numerose versioni.

Pirate Flag

3 – Il classico teschio con le tibie incrociate è probabilmente il jolly roger più noto, ed era utilizzato ad esempio dal pirata Edward England agli inizi del XVIII secolo. Altri capitani avevano però simboli differenti. (Depositphotos)

Nonostante il fascino misterioso e leggendario che riveste oggi tale figura, non c’era nulla di romantico nei pirati: non erano eroi, non combattevano per nessun “ideale” (a meno che non si voglia considerare tale l’odio personale di “Black Bart” per martinicani e barbadiani[7]), non ne facevano una questione di ribellione all’autorità costituita. Pensavano solo ad arricchirsi, sbronzarsi e il più delle volte non vivevano abbastanza a lungo da godersi le ricchezze accumulate. Secondo lo storico britannico Cordingly[8] «chi trascorreva un po’ di tempo con i pirati rimaneva sconvolto dal loro linguaggio osceno, dalle orgie alcoliche e dalla loro brutalità gratuita.» Siffatti personaggi erano ovviamente oggetto di caccia spietata da parte delle autorità e i tribunali non erano affatto clementi con chi commetteva crimini in mare. A parte casi sporadici di pirati “gentiluomini” come tale Capitano Jennings,[9] «uomo comprensivo e di buon rango»,[10] all’epoca i pirati dei Caraibi erano unanimemente considerati null’altro che feccia da eliminare.

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4 – La cattura di “Barbanera” a Ocracoke Bay nel 1718, da parte del tenente Maynard della marina militare britannica. Dipinto del 1720 di Jean Leon Gerome Ferris.

Nel XVII secolo gli stati che avevano rotte commerciali con i Caraibi iniziarono a prendere serie misure di contrasto alla pirateria che, dopo aver raggiunto il suo apice nel 1720, iniziò così a scemare. Da una parte si era inasprita la repressione velocizzando i processi, offrendo taglie, intensificando i pattugliamenti militari ed impiegando i corsari nella caccia ai pirati; dall’altra Giorgio I di Gran Bretagna aveva promesso un «indulgente perdono» ai pirati che fossero consegnati spontaneamente alle autorità: moltissimi pirati preferirono così approfittare del condono ed arrendersi, mentre gli altri ebbero vita sempre più difficile. Fu proprio quando gli abbordaggi iniziavano a fare meno paura che nell’opinione pubblica la figura del pirata iniziò a perdere la connotazione negativa per ammantarsi sempre più di un’aura leggendaria e romantica. Merito sì del fascino esotico del mare tropicale, ma soprattutto della letteratura ottocentesca che ne fece un antieroe solitario e misterioso, come il Conrad di Lord Byron (Il Corsaro, 1814) o il fuorilegge incompreso che ispira quasi tenerezza, come il “Capitan Uncino” di Barrie.[11] Fu però l’opera comica vittoriana The Pirates of Penzance del 1879[12] a sdoganare l’immagine moderna del pirata gioviale, casinista e un po’ ridicolo che ritroviamo nella saghe di Monkey Island e Pirati dei Caraibi.

Corsari

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5 – Sir Francis Drake (1540 – 1596), uno dei più noti corsari britannici, in un dipinto del 1590 c.a.

Il corsaro era invece il titolare di una “patente di corsa” (o “di marca”) rilasciata da un governo, che gli conferiva lo status di combattente regolare e lo autorizzava a compiere azioni di rappresaglia verso le navi di una nazione nemica allo scopo di danneggiarne il commercio: in pratica qualcosa di analogo alle moderne compagnie militari private, comunemente note come contractor. A differenza dei pirati, che erano fuorilegge, i corsari si muovevano — chi più chi meno — nella legalità e non potevano pertanto essere condannati per pirateria fintanto che rispettavano le regole della guerra di corsa: potevano rapinare solo navi mercantili appartenenti ad una fazione nemica e solo in tempo di guerra, potevano fare prigionieri ma non potevano uccidere al di fuori del combattimento. La nave ed il bottino erano prede legittime di guerra e dovevano essere conferiti ad un apposito tribunale, che metteva all’asta i beni e si occupava di ripartire gli utili. Le navi corsare non esponevano mai il “jolly roger” dei pirati ma battevano bandiera della marina regolare, il cui uso era concesso ed anzi richiesto dalle leggi sulla guerra di corsa. Nonostante le notevoli differenze, già all’epoca la distinzione tra pirata e corsaro non era sempre chiara. Un rapporto di un ministro locale di Port Royal si riferisce ai marinai che saccheggiarono la città dopo il terremoto del 1692 come ad «una compagnia di farabutti dissoluti, che chiamano corsari»[13] anche se si trattava evidentemente di comuni sciacalli. In effetti però i corsari agivano talvolta anche come pirati, saccheggiando al di fuori del proprio mandato legale, e in certe circostanze i pirati venivano più o meno apertamente ingaggiati come corsari contro un paese nemico: era il caso ad esempio dei “corsari mascherati”, i bucanieri di Santo Domingo che venivano segretamente ingaggiati dagli americani contro i francesi.[14] Lo stesso sir Morgan, quello che portò Exquemelin in tribunale per averlo definito pirata,[15] fu al centro di una controversia diplomatica sul proprio status di corsaro. Nonostante le ostilità con la Spagna fossero cessate, nel 1671 il governatore della Giamaica sir Thomas Modyford aveva conferito a Morgan un mandato per la difesa dell’isola che includeva anche la possibilità, se utile ad eliminare eventuali minacce, di «approdare in terra nemica». Morgan interpretò molto liberamente questa possibilità, partendo ed andando a radere al suolo l’intera città di Panama, il più ricco centro coloniale spagnolo. A Madrid non presero bene l’affronto e protestarono vibratamente con le autorità britanniche: per gli spagnoli era un pirata, avendo agito in tempo di pace al di fuori del proprio mandato; per gli inglesi restava un corsaro ma in effetti il governatore della Giamaica non era stato autorizzato a rilasciare patenti di corsa per distruggere città spagnole a piacimento. Le autorità londinesi erano in imbarazzo e presero le distanze da «questo ultimo incidente nelle Americhe» attribuendolo a corsari fuori controllo; per calmare le acque il governatore fu sostituito, Morgan fu arrestato e ricondotto a Londra ma non fu mai imprigionato ed anzi nel 1674 sarebbe tornato in Giamaica come vicegovernatore. Dopo il trattato di Ultrecht del 1713, che segnò la fine delle emissioni di patenti di corsa contro navi francesi e spagnole, i corsari vennero ingaggiati nella caccia ai pirati e licenze per la cattura di questi ultimi furono rilasciate in gran numero anche alle navi mercantili. Con i corsari a dar loro la caccia, l’era dei pirati si avviava alla conclusione.

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6 – Henry Morgan a Porto Bello nel 1668, incisione del XVIII secolo.

Bucanieri

"The Buccaneer was a Picturesque Fellow", H.Pyle, 1905

7 – “The Buccaneer was a Picturesque Fellow”, dipinto di H.Pyle del 1905.

I bucanieri (boucaniers in francese, buccaneers in inglese) erano cacciatori delle Grandi Antille che si occupavano di salare e seccare la carne sulla griglia, per poi rivenderla insieme alle pelli. Di provenienza soprattutto francese[16] erano emigrati o fuggiaschi, esiliati, vagabondi, prostituite e gente che in Europa conduceva una vita disperata. Si stabilirono nell’isola di Hispaniola[17] a partire dalla prima metà del 17º secolo e si mescolarono con gli indigeni antillani arawak dai quali appresero la tecnica del barbacoa, l’essicazione della carne su una graticola, che sarebbe diventato poi il popolare “barbecue”; processo che i francesi chiamavano boucaner (essicare con il fumo) da cui il termine boucanier. I bucanieri conducevano una vita rozza e selvaggia tra le foreste, vestivano con pelli di animali e portavano sempre coltelli da macellaio, durante la caccia bevevano il sangue fresco degli animali appena abbattuti:[18] tuttò ciò dava loro fama e aspetto terrificanti e, come i pirati, erano considerati gentaglia della peggior specie. Davano la caccia principalmente ai cimarrones, buoi inselvatichiti sfuggiti agli spagnoli (→cimarroni), e a quelli che Exquemelin riferisce essere “cinghiali” ma che erano probabilmente capibara autoctoni.[19] Terminato il periodo di caccia e lavorazione si recavano a Tortuga, covo di pirati e filibustieri, per vendere pelli e carne essicata. Qui si davano alla baldoria tra taverne e bordelli, dove si mischiavano con pirati ed ogni genere di debosciati.

Liberi quanto miserabili, quegli ultimi sopravvissuti della loro specie, in un imbastardito incrocio tra pirati e cacciatori, vivevano come se il tempo per loro si fosse fermato.Björn Larsson, La vera storia del pirata Long John Silver, 1993 (romanzo)

L’esercizio intensivo della caccia trasformava le isole in enormi mattatoi, tanto che la riduzione della selvaggina costrinse i bucanieri a trovarsi altre attività. Così i piccoli gruppi di cacciatori iniziarono dapprima ad organizzarsi per compiere scorribande piratesche allo scopo di arrotondare le entrate, per poi costituirsi nella “Fratellanza della Costa”, una organizzazione mercenaria che non disdegnava la pura e semplice pirateria: erano bucanieri gli uomini che accompagnavano Morgan nelle spedizioni corsare e che misero Panama a ferro e fuoco nel 1671. I bucanieri di Hispaniola, essendo cacciatori, erano inoltre molto apprezzati per la loro abilità con il fucile e non faticavano a trovare posto sulle navi pirata e corsare, diventando sempre più gente di mare. Alcuni bucanieri divennero famosi capitani pirata, come l’olandese Roc Brasiliano e Francesco Nau detto l’Olonese; lo stesso corsaro Morgan aveva iniziato la propria “carriera” tra i bucanieri. Col tempo, il termine bucaniere finì per essere diffusamente usato con il significato di “pirata francese” o di corsaro.

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8 – Isola della Tortuga ai tempi della “Fratellanza della costa”, mappa del 17° secolo.

Filibustieri

ll termine filibustiere sembra derivare dall’olandese vrijbuiter, comparso nel XIV secolo e assimilato dall’inglese come flibutor o fleebooter, poi divenuto freebooter con il significato di “libero saccheggiatore”. Ai tempi dei pirati dei Caraibi i filibustieri erano i membri della “filibusta” o “filibusteria”, una aggregazione di pirati e corsari (in questo caso la distinzione tra le due attività era molto sottile) francesi, inglesi ed olandesi che venivano assoldati dai rispettivi governi nella guerra di corsa contro spagnoli e portoghesi. A differenza dei corsari propriamente detti, che solitamente muovevano da basi europee (dovendo conferire il bottino agli appositi tribunali), i filibustieri erano basati invece su alcune isole dei Caraibi: Tortuga, Saint Kitts, Santo Domingo, Providence e soprattutto Port Royal in Giamaica, dove i governatori britannici incoraggiavano bucanieri e pirati a fare porto garantendo loro una sorta di “zona franca” in cambio della protezione. Questa politica si dimostrò efficace: non solo la presenza di navi pesantemente armate scoraggiò qualunque velleità di saccheggio, ma creò un notevole indotto economico. I pirati infatti spendevano nella città enormi quantità di denaro, frutto delle scorrerie a danno di francesi e spagnoli e intorno al 1660 Port Royal era diventata una ricchissima “capitale del vizio”, paragonabile alla Las Vegas nel XX secolo. Lo scrittore barbadiano Charles Leslie così descrive la vita dei pirati nel suo A New and Exact History of Jamaica pubblicato nel 1739:

Vino e donne prosciugavano le loro ricchezze a una tal velocità che, in poco tempo, alcuni si ridussero a mendicare. Spendevano due o tremila pesos spagnoli in una notte; e uno ne diede cinquecento a una prostituta per vederla nuda. Essi solevano comprare una pipa[20] di vino, con la quale bivaccavano per strada, obbligando i passanti a bere. 

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9 – Port Royal, Jamaica, prima del terremoto del 1692.

La coalizione anti–spagnola era però instabile: le espansioni olandesi finirono per scontrarsi con gli interessi inglesi e i due paesi entrarono più volte in conflitto tra loro (guerre anglo–olandesi) alimentando reciproci atti di pirateria. Inoltre, dopo il famoso saccheggio di Panama ad opera di Morgan ed il conseguente incidente diplomatico, l’Inghilterra non poté più appoggiare azioni contro gli spagnoli. Perso il controllo, gli stati che avevano finanziato i filibustieri ora ne prendevano le distanze e dalla fine del 17º secolo li cacciarono come pirati comuni. Il termine filibustiere, frattanto, divenne genericamente sinonimo di bucaniere o pirata e nella lingua italiana, per estensione, assunse il significato di «persona scaltra, affarista senza scrupoli, imbroglione»[21]

Cimarroni

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10 – Un “cimarrón” in una incisione del XVIII secolo.

Erano detti cimarrones in spagnolo, da cui maroonersmaroons in inglese, gli schiavi africani fuggiti e datisi al banditismo. I cimarrónes, dallo spagnolo cimarra (boscaglia), erano in origine gli animali sfuggiti che tornavano allo stato selvatico: cani (dai quali derivò la razza detta “cimarrón uruguayo”), cavalli (dai quali il “mustang”) e gli stessi buoi e suini che nelle Antille contribuirono a creare il fenomeno dei bucanieri (). Il fatto che l’uso del termine fosse stato esteso agli schiavi fuggiaschi rende l’idea di quanto questi fossero considerati dagli spagnoli alla stregua di “bestie” di proprietà. Gli africani che riuscivano a fuggire alla condizione di schiavitù si davano al banditismo per sopravvivere e verso la metà del 16° secolo, a causa del continuo flusso di deportati e l’inevitabile percentuale di fuggiaschi, i cimarrones iniziarono ad essere numerosi e ad organizzarsi diventando socialmente pericolosi. Per tentare di controllare il fenomeno gli spagnoli selezionarono addirittura una razza di grossi cani ad hoc per stanarli, il “Cuban Blutmastiff” (dogo cubano) formato dall’incrocio tra mastini, bulldog e segugi. Alle Antille i cimarrones si mischiarono con gli indios locali, i misito e gli stessi arawak che divennero alleati dei bucanieri. Accomunati ai nativi dall’odio per gli spagnoli, i cimarroni antillani supportarono la spedizione corsara del 1571 di Francis Drake contro Nombre De Dios e alcuni di essi finirono sicuramente tra le fila dei bucanieri, i quali non avevano particolari pregiudizi verso altri emarginati come loro.

Taglialegna

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11 – Il pirata Edward England faceva base a Nassau (Bahamas).

Detti in inglese lumberjacks, i taglialegna erano insediati nelle coste dell’america centrale, soprattutto nella baia di Campeche (sul golfo del Messico) e nell’Honduras. Come i primi bucanieri () avevano la fama di uomini duri e selvaggi, privi di regole sociali. Il capitano Nathaniel Uring li descrive come «una banda di rozzi ed ubriachi alcuni dei quali sono stati pirati, e gran parte marinai; il loro principale divertimento è bere.»[22] Del resto il lavoro era duro e l’ambiente tutt’altro che ospitale; le foreste di mangrovie erano infestate da alligatori, zanzare e parassiti. Gli uomini dormivano su strutture di legno primitive, durante la stagione delle piogge avevano i piedi in acqua da mattina a sera e trasportavano fino agli approdi i tronchi che avevano tagliato durante la stagione secca. Una volta consegnato il carico alle navi provenienti dalla Giamaica potevano passare tre quattro giorni a bordo, bevendo fino a perdere i sensi e sparando cannonate solo per festeggiare. Le condizioni di vita e l’emarginazione spingeva i taglialegna, oltre che all’alcol, ad unirsi ai pirati che spesso trovavano temporaneo rifugio presso di loro. Essendo poi essi stessi in gran parte ex–pirati, era naturale che si dedicassero occasionalmente a depredare mercantili di passaggio o villaggi costieri. Costretti dagli spagnoli ad abbandonare la baia di Campeche, molti lumberjack si spostarono alle Bahamas, in particolare a Nassau, dove formarono una popolosa comunità di pirati e filibustieri ufficiosamente “governata” dal Capitano Jennings. Secondo la General History of Pirates del 1724[23] fecero base a Nassau, tra gli altri, il temibile “Barbanera” (Edward Teach) e l’Edward England citato ne L’isola del tesoro di Stevenson.

Marauder

Traducibile come “predone”,[24] non ha un corrispettivo esatto in italiano ma in inglese e francese marauder è un altro termine per definire i pirati (), soprattutto quelli particolarmente privi di scrupoli.[25] In origine però il termine designava i “pirati di terra”, ossia bande di razziatori che rubavano di notte il raccolto dalle piantagioni. Erano in genere i gruppi meno organizzati, spesso ragazzi spinti dalla fame: il termine marauder comparve in Francia nel XV secolo, sembra ad indicare le bande di orfani che rubavano per sopravvivere. Deriverebbe dalla radice romanza marm- (mormorio), da cui anche l’italiano “marmaglia” che indica una «quantità di gente rumorosa e molesta.»[26]

…& Co.

Queste parti non costituivano gruppi ben definiti ed immutabili, anzi. Il mondo della pirateria dei caraibi era tumultuoso: le comunità di banditi ed assimilabili erano in continua evoluzione sia per il rapido mutare delle condizioni politiche, sia per il continuo ricambio di gente (per la maggior parte disperati) proveniente dall’Europa, dall’Africa e dalle stesse Americhe. Si stringevano e si rompevano alleanze, i corsari diventavano pirati, i bucanieri diventavano corsari e all’occorrenza anche filibustieri, i corsari davano la caccia ai pirati… Questi ruoli si alternavano, si scontravano, si mischiavano e si confondevano in un turbine di politica, illegalità e violenza. D’altronde chi meglio di un pirata, simbolo di anticonformismo per eccellenza, può sfuggire alle stesse definizioni che tentano di classificarlo?

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Note

  1. [1]All’epoca il chirurgo o cerusico era considerato un ruolo inferiore al medico e spesso l’attività operatoria era accomunata a quella dei barbieri.
  2. [2]Pubblicato in italiano con il titolo Bucanieri nei Caraibi. Cronache di un medico pirata (Milano: Effemme, 2005)
  3. [3]Il libro uscì in inglese in due edizioni indipendenti: Bucaniers of America di William Crook e History of Bucaniers del tipografo e libraio Thomas Malthus.
  4. [4]Gli Shardana sono citati come pirati e mercenari nelle “lettere di Amarna”, databili 1350 a.C, tra Rib–Hadda di Biblo e il faraone Akhenaton.
  5. [5]Lo storico romano Cassio Dione Cocceiano (155 — 235) scrive nella Storia romana: «I pirati non navigavano più a piccoli gruppi, ma in grosse schiere, e avevano i loro comandanti, che accrebbero la loro fama. Depredavano e saccheggiavano prima di tutto coloro che navigavano, non lasciandoli in pace neppure d’inverno…»
  6. [6]Nell’ordinamento common law un crime (crimine) è qualunque reato, senza distinzione di gravità.
  7. [7]Bartholomew Roberts detto “Black Bart” attivo tra il 1719 ed il 1722, era talmente infuriato con i governatori di Barbados e Martinica da far scrivere sulla propria bandiera la sigla “A.B.H. A.M.H.” che stava per «A Barbadian Head, A Martinican Head»: una testa di barbadiano, una testa di dominicano. Giovannoli, pag.51 (op. cit.)
  8. [8]Cordingly, p. 54 (op. cit.)
  9. [9]Un capitano britannico di nome Stoen riferì di essere stato abbordato da un pirata di nome Jennings, che si sarebbe limitato a prendere venti galloni di rum, pagandoglielo bene. Cfr. Cordingly, p. 125-126 (op. cit.)
  10. [10]Cordingly, p.157 (op. cit.)
  11. [11]L’antagonista di Peter Pan nel romanzo Peter e Wendy, 1911.
  12. [12]Di Arthur Sullivan, libretto di W. S. Gilbert. Fu trasposta per il grande schermo nella commedia musicale omonima del 1983: I Pirati di Penzance, regia di Wilford Leach.
  13. [13]Cordingly, p. 147 (op. cit.)
  14. [14]Cfr. Spinelli, p.131 (op.cit.)
  15. [15]In realtà non gradiva nemmeno essere considerato “corsaro”. Il presidente di Panama Don Augustín lo definì tale in un carteggio iniziato con la richiesta da parte di Morgan di 350.000 pesos per non radere al suolo Portobello. Al rifiuto di Don Augustín, Morgan rispose seccato: «…dal momento che mi chiamate corsaro, vi scrivo queste poche righe per chiedervi di raggiungermi rapidamente. Vi attendiamo con grande piacere e abbiamo polvere da sparo e palle per una degna accoglienza.» Cfr. Cordingly, pag. 48 (op. cit.)
  16. [16]Ma anche inglesi, irlandesi, scozzesi, olandesi e scandinavi.
  17. [17]L’isola che oggi è divisa tra Haiti e Repubblica Dominicana.
  18. [18]Si nutrivano di sangue per risparmiare la carne, destinata alla vendita.
  19. [19]Spinelli, pag.142 (op. cit.)
  20. [20]La pipa era una unità di misura per il vino. La pipa spagnola equivaleva a 100 galloni imperiali britannici, quella portoghese da 96 a 115 (cfr: Gran Dizionario del Commercio, 1842) mentre quella britannica (pipe o butt) era pari a ½ tun, ossia 126 galloni o 1008 pinte.
  21. [21]Filibustiére“. Vocabolario. Treccani.
  22. [22]Uring, Nathaniel. The Voyages and Travels of Captain Nathaniel Uring, cit. in Cordingly, pag.155 (op. cit.).
  23. [23]A General History of the Robberies and Murders of the most notorious Pyrates, noto come General History of the Pirates, fu un libro pubblicato nel 1724 a firma di tale Capitan Charles Johnson, che si ritiene comunemente essere Daniel Defoe sotto pseudonimo.
  24. [24]Marauder“, WordReference.com
  25. [25]Spinelli, pag.144 (op. cit.)
  26. [26]Marmàglia“. Vocabolario. Treccani.

Bibliografia

Immagini

  1. [CC-BY 3.0] Commons
  2. circa 1720 [PD] Biblioteca Nacional de España/Commons
  3. © reflextions/Depositphotos
  4. “Capture-of-Blackbeard”, Jean Leon Jerome Ferris 1720 [PD] Commons
  5. “Sir Francis Drake”, dipinto di Marcus Garrard The Younger post-1590 c.a, conservato presso l’abazzia di Buckland, nel Devon [PD] Commons
  6. Howard Pyle, 1887 da “Buccaneers and Marooners of the Spanish Main”. Harper’s Magazine [PD] Commons
  7. Howard Pyle, 1905: “The Buccaneer was a Picturesque Fellow” [PD] Delaware Art Museum/Commons.
  8. XVII sec. [PD] Commons
  9. da Masefield, John: On the Spanish Main Or, Some English forays on the Isthmus of Darien. Londra: METHUEN & CO. 1906. [PD] Project Gutenberg/Commons.
  10. XVIII sec. [PD] The New York Public Library/Astor, Lenox and Tilden Foundations/Commons
  11. litografia, XVIII secolo [PD] Commons
  12. Howard Pyle, inizio XX secolo: illustrazione per Howard Pyle’s Book of Pirates: Fiction, Fact & Fancy Concerning the Buccaneers & Marooners of the Spanish Main.
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Silvio DellʼAcqua

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Fondatore, editore e webmaster di Lapůta. Cultore di storia della Croce Rossa Internazionale. Appassionato di ricci.