Il misterioso pifferaio di Hameln

In Città, Folklore, Speciale Halloween di Alessio Lisi

Statua del "pifferaio magico" ad Hameln, in Germania (© buecax/Depositphotos)

1 – Statua del “pifferaio magico” ad Hameln, in Germania

La conosciamo tutti questa fiaba. È la preferita della scrittrice Isabel Allende per via della sua atipicità e per alcune assonanze con la sua vita privata.[1] È una storia di inganno e di vendetta e più che raccontata per augurare la buona notte può essere narrata dinanzi ad un fuoco nella notte di Halloween per incutere paura. È la storia del “Pifferaio magico”, nel mondo nota come “Pied Piper of Hamelin” (Il Pifferaio Variopinto di Hamelin),[2] di cui esistono diverse versioni che fanno riferimento alla stessa leggenda popolare tedesca. Una leggenda — anch’essa — strana perché in questo caso abbiamo un anno preciso e un posto preciso: «Annus Domini 1284» ad Hameln (nota anche come “Hamelin”), Ducato di Braunschweig–Lüneburg situato nella regione della Bassa Sassonia, nel nord della Germania.

Leggenda narra che il borgo medievale di Hameln fu improvvisamente invaso dai topi. Una moltitudine di roditori si era impossessata della città e gli abitanti terrorizzati si rinchiusero nelle proprie dimore. Fu così che apparve tale Hans Bunting che propose di liberare la città dalla piaga in cambio di cento monete d’oro. Il borgomastro e la cittadinanza accettarono l’accordo e Bunting grazie al prodigioso suono emesso dal piffero condusse tutti i topi sul fiume Weser, alle porte della città, dove annegarono. Bunting, che forse è il cognome o forse è il soprannome per il suo vestito con pezze colorate (bunt, “variopinto” in tedesco), tornò quindi per reclamare il suo compenso, ma gli avari cittadini di Hameln si rifiutarono di pagare quanto pattuito.

Kate Greenaway, 1888

2 – Il pifferaio di fronte ai cittadini di Hameln (illustrazione di Kate Greenaway, 1888).

L’amarezza per essere stato truffato mutò in desiderio di vendetta. Hans tornò ad Hameln il 26 giugno del 1284 ma questa volta vestito come un cacciatore (o di rosso, in alcune versioni) e a seguirlo non furono i topi ma i bambini, i figli di Hameln. Centro e trenta tra bambini e ragazzi seguirono il pifferaio fuori dalla città, mentre i loro genitori erano in chiesa, per campi e boschi fino ad una collina dove misteriosamente scomparvero. In due invece si salvarono perché non erano riusciti a tenere il passo degli altri: uno aveva visto tutto ma non poteva raccontarlo in quanto muto, l’altro poteva raccontare che fine avessero fatto gli altri ma non l’aveva visto in quanto cieco.[3] Nessuno seppe mai che fine avessero fatto quei centro trenta innocenti.

Kate Greenaway, 1888

3 – Il pifferaio porta via i bambini (illustrazione di Kate Greenaway, 1888).

E sette secoli dopo non lo sappiamo ancora. Già perché accertare con precisione storica cosa accadde veramente e come sia nata la leggenda è oggi arduo se non impossibile. Non sappiamo se è una storia totalmente inventata a tavolino da qualcuno, se è frutto di pettegolezzi o piuttosto una fusione di diversi aneddoti realmente accaduti in diversi luoghi e momenti in un’unica storia. Ciò che sappiamo è che nel nord europa i lemming, anch’essi piccoli roditori, come i topi hanno cicliche esplosioni demografiche che li inducono ad un’emigrazione di massa poderosa, finché un qualche ostacolo insormontabile come il mare oppure gli stenti li uccidono. Una delle ipotesi avanzate per spiegare la leggenda è che Hameln si sia trovata sulla rotta di una di queste grandi migrazioni di lemming o di altri roditori: essendo queste invasioni un problema ricorrente nelle cittadine medievali, la figura dell’incantatore di topi si era quindi diffusa. Si trattava di un facile guadagno, dato che in realtà gli animali se ne sarebbero andati via da soli, il che potrebbe forse spiegare il successivo rifiuto a pagare il pifferaio. Il dettaglio dei roditori, però, sarebbe una aggiunta di epoca più tarda, del XVI secolo, quando appunto l’Europa fu flagellata da invasioni di ratti ed epidemie di peste.

Il "pifferaio magico" in un bassorilievo di Heinrich Wefing, c.a 1880.

– Il “pifferaio magico” in un bassorilievo di Heinrich Wefing, c.a 1880.

Il "pifferaio magico" in una illustrazione del 1592

5 – Un acquerello del 1592 che riproduce la vetrata del 1300 della chiesa di Hameln: raffigura il “pifferaio variopinto” sulla sinistra, e sulla destra la scenda dei bambini che lo seguono dalla cittadina fino al monte.

Alcuni documenti del XIV e XVII secolo tuttavia descrivono una vetrata della chiesa di Hameln risalente al 1300 c.a, purtroppo andata perduta, che raffigurava il “pifferaio magico” circondato da alcuni bambini. L’aspetto più noir di tutta la vicenda, cioè quello del pifferaio che ammalia i bambini e li porta via con sé, sarebbe avvenuto quindi almeno due secoli prima e la fiaba, come la conosciamo oggi, potrebbe essere effettivamente il risultato della sovrapposizione del ricordo di fatti avvenuti a Hameln in epoche diverse: la migrazione dei ratti e la sparizione dei bambini. Sovrapposizione ispirata forse, secondo un’ipotesi linguistica, dal termine rat che in molti dialetti tedeschi significa sia ratto sia bambino. Resta però il fatto che la natura di questa tragedia rimane oscura. Il medico e filosofo tedesco Jobus Fincelius, vissuto nel XVI secolo, nel De miracolis sui temporis (1556) identifica la figura del pifferaio con il diavolo. Quest’ultimo infatti era spesso associato al flauto anche perché era lo strumento di Fauno, figura della mitologia romana ed in quanto tale demonizzata. Inoltre si riteneva che il potere di “incantare” (da cui non a caso deriva la parola incantesimo) fosse una prerogativa di fattucchieri e stregoni che dal demonio ricevevano le proprie abilità o poteri. Anche per spiegare questo aspetto inquietante non mancano le ipotesi. Quella storico–religiosa ipotizza che la figura del pifferaio sia un riferimento alla “Crociata dei bambini”, ovvero la spedizione di ventimila giovanissimi che nel 1212, partendo da Colonia, si prefissava di liberare il Santo Sepolcro: quasi tutti finirono in mano a gente con pochi scrupoli che li rivendette come schiavi. In effetti, i bambini venivano spesso reclutati da “affabulatori” accompagnati da bande pseudo-militari di suonatori di tamburi. L’ipotesi storico-geografica fa riferimento alla colonizzazione germanica dell’Est Europa: “figli di Hameln” sarebbero stati i cittadini emigrati in quelle terre. Nella versione dei fratelli Grimm i bambini sarebbero finiti a “Siebenbürgen”, che altro non è che l’antico nome tedesco della Transilvania: documentato per la prima volta nel 1296, significa “sette città” e si riferisce appunto alla fondazione di sette comunità di tedeschi nella regione.[4] Non manca infine chi vede nella scomparsa senza traccia dei bambini un riferimento metaforico alla peste che, veicolata proprio dai ratti, falcidiò per secoli le popolazioni europee.

«Saluti da Hameln»

6 – «Saluti da Hameln»: il pifferaio magico in una cartolina del 1902.

La cittadina di Hameln è legata tuttora alla leggenda del pifferaio. In città è presente la Rattenfängerhaus ovvero “Casa del Pifferaio Magico”,[5] una secolare abitazione privata così chiamata per la presenza di una iscrizione con la seguente dicitura:

«Anno 1284 am dage Johannis et Pauli war der 26. juni — Dorch einen piper mit allerley farve bekledet gewesen CXXX kinder verledet binnen Hameln geboren — to calvarie bei den koppen verloren.»
«Nell’anno 1284, il giorno di Giovanni e Paolo il 26 di giugno — Da un pifferaio, vestito di ogni colore, furono sedotti 130 bambini nati ad Hameln e furono persi nel luogo dell’esecuzione vicino alle colline.»

 

Rattenfängerhaus

7 – L’iscrizione sul lato della Rattenfängerhaus, la “casa del pifferaio” ad Hameln (lett. del “cacciatore di topi”).

Rattenfängerhaus

8 – La Rattenfängerhaus (casa del pifferaio) in una fotocromia, c.a 1900: sulla destra la Bungelosenstraße (strada senza tamburi) dove tradizionalmente è proibito suonare.

La Rattenfängerhaus si trova accanto alla Bungelosenstraße, la strada che leggenda vuole seguirono i bambini per uscire dalla città: ancora oggi è proibito[6] suonare musica o danzare in Bungelosenstraße, il cui nome vuol dire appunto “Via senza tamburi”, come espressione del dolore della città per la perdita dei propri figli. Nel 2009, in occasione del 725° anniversario dell’evento, si ebbero ad Hameln diverse iniziative celebrative.[7] Il radicamento della leggenda nella cultura popolare germanica non è visibile solo ad Hameln ma anche nella letteratura: ne esiste una versione dei fratelli Grimm (inclusa nelle Deutsche Sagen, 1816 1818[8]), una di Goethe e una di Brecht. La fiaba ha varcato i confini tedeschi e ne esiste anche una versione vittoriana dell’autore britannico Robert Browning ed una moderna, Il pifferaio magico: danza macabra in undici quadri dello scrittore Michael Ende, l’autore de La Storia Infinita e di Momo. Si contano decine di trasposizioni letterarie e cinematografiche, ed anche parodie umoristriche: nel cortometraggio di animazione It’s the Pied Piper, Charlie Brown (2001), l’ultimo diretto da  Charles M. Schulz, il cane Snoopy diventa il “pifferaio magico” e suona una concertina anziché un flauto. In Il prodigioso Maurice e i suoi geniali roditori (2001) di Terry Pratchett, l’autore della saga di “Mondo Disco“, la faccenda del pifferaio e dei topi sarebbe una truffa organizzata dall’astuto gatto Maurice per guadagnare soldi spostandosi di città in città. In ambito musicale i Jethro Tull, noti per il flauto traverso suonato da Ian Anderson, nell’album Too Old to Rock’ n’ Roll: Too Young to Die! (1976) hanno inciso la canzone Pied Piper il cui tema è la seduzione di giovani ragazze.

Rattenfänger_Glockenspiel

9 – Il “pifferaio magico” con i topi nell’orologio animato (Glockenspiel) del municipio di Hameln.

Pifferaio magico, cartolina del 1930 c.a

10 – Il pifferaio suona un violino, in questa cartolina dei primi del ‘900 ispirata alla fiaba dei Grimm.

The Pied Piper è oggi conosciuto in tutto il mondo ma — sebbene quello di Hameln resti il pifferaio più famoso — si incontrano molte leggende simili in luoghi diversi: sempre in Germania, l’isola di Ummanz sul mar Baltico ha un’antica leggenda secondo la quale gli abitanti avrebbero pagato una enorme somma di denaro ad uno stregone per liberarsi da un’invasione di ratti.[9][10] Questo li avrebbe condotti all’estremo sudoccidentale dell’isola dove sarebbero annegati. Ancora oggi si ritiene che una manciata di terra di questo luogo avrebbe la proprietà di scacciare i topi. Nel 1607 o 1608 un uomo si presentò al consiglio cittadino di  Neustadt-Eberswalde, città tedesca del Brandeburgo, offrendosi di liberare la città e soprattutto il mulino dall’invasione di ratti, dietro compenso. L’uomo sconosciuto mise qualcosa nel mulino, e qualcos’altro in un posto segreto: da allora non ci furono più ratti in città e l’uomo fu pagato secondo gli accordi.[9][11]


Porta di Brandenburg an der Havel nel XVI secolo

11 – Porta di Brandenburg an der Havel nel XVI secolo.

Non sempre però c’entravano i roditori: sempre nel Brandeburgo, si racconta che a Brandenburg an der Havel (città che dà il nome alla famosa porta di Berlino) un giorno arrivò un suonatore di gironda, un cordofono di origine medioevale nel quale le corde sono strofinate da un disco, che grazie alla musica si fece seguire da «uno sciame di bambini». Uscì dalla porta della città in direzione del monte Mariemberg e i bambini non furono mai più visti.[9][12] Nella leggenda di Erfurt, città tedesca della Turingia, non c’era nemmeno il pifferaio: sembra che nel 1257, senza motivo apparente, oltre mille bambini si radunarono spontaneamente. Danzando e cantando lasciarono la città dirigendosi verso Arnstadt dove gli abitanti del posto si presero cura dei bambini in attesa che i genitori — stavolta c’è il “lieto fine” — venissero a riprenderseli.[9][13] La figura del pifferaio esiste però anche nelle tradizioni di altri paesi. Durante la guerra dei trent’anni (1618—1648) la città di Korneuburg in Austria era stata conquistata dagli svedesi nel 1646 e liberata dalle forze imperiali dopo sei mesi di assedio. Tra gli edifici distrutti dalla guerra proliferavano animali infestanti, soprattutto ratti, che devastavano le già esigue riserve di cibo. Si sarebbe allora presentato uno sconosciuto qualificatosi come Hans Mousehole (“buco del topo”, in inglese), cacciatore di topi del sobborgo viennese di Magdalenagrund, offrendosi di risolvere il problema in cambio di una somma in denaro.[9][14]

Magdalenagrund, dipinto di Karl Wenzel Zajicek (1860 — 1923)

12 – Magdalenagrund, il sobborgo di Vienna da cui, secondo una versione austriaca della leggenda, proveniva il “pifferaio magico”: dipinto di Karl Wenzel Zajicek, inizi del ‘900.

Il forestiero portava un «abbigliamento insolito» ed un ampio cappello, ed estratto un piccolo flauto traverso nero dalla borsa iniziò a suonare «melodie tristi». Si diresse verso il Danubio e salì su una barca: topi e ratti, irresistibilmente attratti dalla musica, annegarono nel tentativo di raggiungerlo a nuoto. Quando tornò a riscuotere il proprio compenso, la popolazione lo accusò di stregoneria e lo invitò a lasciare la città senza pretendere nulla, in caso contrario sarebbe stato condotto davanti ad un tribunale. Il pifferaio si ripresentò una mattina alla piazza del mercato, questa volta vestito di rosso con un flauto d’oro, e suonò  facendosi seguire dai bambini, che fece poi salire su una barca «grande e bella» che lo aspettava sul Danubio. Salpò, e non fu mai più visto: anni dopo, gli abitanti di Korneuburg ebbero notizia di centinaia di bambini venduti come schiavi al mercato di Costantinopoli.

"More English Fairy Tales", 1894.

13 – Illustrazione della versione inglese, da More English Fairy Tales, 1894.

La versione inglese invece è ambientata nell’isola di Wight, nel Canale della Manica, dove uno straniero in abiti variopinti avrebbe liberato la cittadina di Newtown (un tempo nota come Francheville) da topi e ratti grazie al proprio flauto facendoli poi annegare nelle acque del porto.[9][15][16] Anche qui non ricevette il compenso pattuito e per vendetta usò lo stesso flauto per portare i bambini nella foresta, da dove non fecero più ritorno. Decisamente più criptica è la storia del cacciatore di Alhede,[9][17] in Danimarca, che anziché suonare il piffero si sedette su una sedia e lesse un libro a voce alta. Topi, ratti, serpenti e parassiti vari si gettarono in un grande fuoco che si accese in mezzo alla brughiera, ma alla fine arrivò un drago che trascinò lo straniero con sé nelle fiamme. Una storia simile a quella di Hameln fa parte della tradizione culturale dei nativi americani della tribù Arikara: narra di un pifferaio che trascinò nelle acque un’umanità gretta e meschina. Anche il persiano Avicenna (980 — 1037), secondo una leggenda siriana, avrebbe liberato la città di Aleppo da una invasione di ratti recitando una formula magica.[9][18] Il re però fu maldestro: nonostante le raccomandazioni dello scienziato, scoppiò a ridere vedendo i ratti in processione, vanificando così l’incantesimo e facendo tornare i roditori in città.

Centro storico di Hameln

14 – Centro storico di Hameln.

Tra tutte queste leggende, l’unica ad avere un minimo riscontro documentale rimane però quella di Hameln: cosa è successo realmente nel 1284? Cosa ne è stato dei centotrenta innocenti? Non lo sappiamo e molto probabilmente non lo sapremo mai. Ma per sicurezza, se mai vi troverete dalle parti di Hameln, vi consigliamo di rispettare il divieto di Bungelosenstraße e di non essere troppo avari: non vorremmo che Hans Bunting avesse dei discendenti permalosi.

Note

  1. [1]Zapata, Celia, Isabel Allende. La Vita Secondo Isabel: Isabel Allende Da La Casa Degli Spiriti a La Figlia Della Fortuna. Milano: Feltrinelli, 2001. Pag. 21.
  2. [2]Il riferimento a poteri magici del piffero è solo nella versione italiana.
  3. [3]Questo dettaglio fu aggiunto dai fratelli Grimm per rendere più inquietante il mistero: i due bambini erano infatti testimoni viventi di quanto accaduto, ma non potevano raccontarlo.
  4. [4]Klausenburg (Cluj), Kronstadt (Brașov), Hermannstadt (Sibiu), Schässburg (Sighişoara), Mediasch (Mediaş), Mühlbach (Sebeş), e Bistritz (Bistrița). Nella zona si parla ancora un dialetto tedesco detto Siebenbürgersächsisch o “lingua sassone transilvana”.
  5. [5]Letteralmente: “casa del cacciatore di topi
  6. [6]Il divieto deriva dalla tradizione ed è quindi una legge non scritta, ma comunque rispettata dagli abitanti.
  7. [7]725 Jahre Rattenfänger von Hameln. Hameln Marketing und Tourismus. Web (cons. 25/10/2015).
  8. [8]Grimm, Jacob, and Wilhelm Grimm Deutsche Sagen, vol. 1. In der Nicolaischen Buchhandlung, 1816
  9. [9]Ashliman, (op. cit.)
  10. [10]Haas, Ulrich. Ruegensche Sagen Und Maerchen. Stettin: Burmeister’s Buchhandlung, 1903. P. 153-154.
  11. [11]J. D. H. Temme, Die Volkssagen der Altmark… Berlin: In der Nicolaischen Buchhandlung, 1839, no. 31, p. 114.
  12. [12] A Kuhn and W. Schwartz, Norddeutsche Sagen, Märchen und Gebräuche… Leipzig: F. A. Brockhaus, 1848. nº 99, pp. 89-90. Gli autori hanno raccolto questa storia da una “fonte orale” a Chemniz (cfr. Ashliman).
  13. [13]J. G. Th. Grässe, Sagenbuch des Preußischen Staats, vol. 1 (Glogau: Verlag von Carl Flemming, 1868), nº 386, p. 336.
  14. [14]Bermann, Moritz, Geschichte der Wiener Stadt und Vorstädte. Vienna: Druck von R. v. Waldheim, 1864. pp. 374-75.
  15. [15]“The Pied Piper” in Joseph Jacobs, More English Fairy Tales London: David Nutt, 1894, pp. 1-6.
  16. [16]Abraham Elder, Tales and Legends of the Isle of Wight (London: Simpkin, Marshall, and Company, 1839), pp. 157-64.
  17. [17]Source: Benjamin Thorpe, Northern Mythology, Comprising the Principal Popular Traditions…, vol. 2. London: Edward Lumley, 1851. p. 219.
  18. [18]Sheykh-Zada, “The Lady’s Twenty–Eighth Story,” The History of the Forty Vezirs; or, The Story of the Forty Morns and Eves, translated by E. J. W. Gibb. London: George Redway, 1886. pp. 300-302.

Bibliografia e fonti

Immagini

  1. © buecax/Depositphotos
  2. Kate Greenaway, 1888 c.a: illustrazione da Browing, Robert The Pied Piper of Hamelin, London: Frederick Warne and Co. 1888 (New York Public Librar/Internet Archive)
  3. ibidem ↑
  4. Heinrich Wefing, 1880 c.a [PD] de.wikipedia
  5. Augustin von Moersperg, c.a 1592. [PD] Commons
  6. 1902 [PD] Litho Gruss aus Hameln, Commons
  7. collezione personale.
  8. Hameln 1890-1905 circa [PD] Detroit Publishing Co./Library of Congress/Commons
  9. A. Hindemith, 2009 [PD] Commons
  10. Oskar Herrfurth, prima del 1934: cartolina pubblicata da Uvachrom, Gesellschaft für Farbenphotographie m.b.H., München – Stuttgart. Serie 242, Nr. 4393 [PD] Commons.
  11. Anonimo, incisione del 1560 [PD] Commons
  12. Karl Wenzel Zajicek (1860 — 1923), inizi del ‘900 [PD] Commons
  13. da More English Fairy Tales, Jacobs, J. New York: G. P. Putnam’s sons , 1894 Pag. 3. [PD] Commons
  14. © prill/Depositphotos
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