Meccanica Quantistica sul campo di calcio

In Meccanica Quantistica, Scienza di Giovanni Melappioni

Definire incomprensibile una disciplina fisica può apparire paradossale, dato che tale scienza dovrebbe spiegare come funziona ogni cosa dell’universo. Eppure la quantistica, pur avendo avuto innumerevoli riprove di solidità teorica e altrettante applicazioni pratiche, rimane ancora un mistero profondo per l’umanità. Nulla, dei principi fondamentali di questa disciplina, può essere infatti descritto nei termini della “fisica classica” o “Newtoniana”.

Facciamo un esempio: in un campetto di calcio uno dei nostri amici pone il pallone a terra e sfida il resto della squadra a indovinare il punto esatto dove essa si fermerà dopo averla calciata; la cosa non è semplice da fare ad occhio nudo, non avendo modo di calcolare tutte le variabili fisiche implicate nell’azione. Se l’esperimento venisse effettuato in laboratorio, calcolando attrito del terreno, dell’aria, forza del calcio e altre variabili si arriverebbe a poter stabilire l’esatto punto di arresto. Se il nostro amico, che da adesso in poi chiameremo Ettore per comodità (e tributo al fisico Majorana), rimpicciolisse al punto da poter tirare un calcio ad un elettrone nessun laboratorio potrebbe affermare, a priori, dove questo si andrebbe a fermare. La particella potrebbe benissimo comparire alle spalle dell’ignaro calciatore, o sparire dalla sua vista per sempre. Esistono solo delle probabilità, più o meno esatte, per descrivere il moto sub-atomico e tutte indifferenti ai calcoli circa la forza, il moto, l’arco del calcio di Ettore. L’esempio è ovviamente un gioco mentale, l’elettrone non è calciabile e nemmeno si “fermerebbe” nel senso comune del termine ma pone i presupposti per introdurre la questione principale: la fisica quantistica descrive fenomeni che non hanno corrispondenza con il “reale” percepito da noi uomini quotidianamente. Nulla è, in alcun modo, descrivibile se non attraverso l’uso di esempi che saranno, nella migliore delle ipotesi, semplici proiezioni mentali di esseri abituati al tridimensionale che l’evoluzione ha portato a percepire velocità limitate e uno spettro elettromagnetico minuscolo.

Rappresentazione di un "corpo nero" come oggetto fisico: una cavità nera con un piccolo foro [CC-BY-SA-3.0]

2 – Rappresentazione di un “corpo nero” come oggetto fisico: una cavità nera con un piccolo foro.

Il primo principio che sconvolse le menti e gli animi degli scienziati è quello che diede anche il nome alla materia: il quanto. Nel 1900 ogni componente della realtà sembrava essere collocato nel giusto spazio, con leggi e proprietà ben descrivibili finché Max Planck non si trovò a ragionare su un problema che attanagliava le società elettriche di tutto il mondo: «Qual è il miglior materiale per la preparazione di luminarie?» Per rispondere a tale quesito, e per far risparmiare quanto più possibile per i materiali illuminanti, Planck, così come molti altri suoi colleghi prima e contemporaneamente a lui, aveva iniziato a lavorare sul Corpo Nero, un oggetto ideale capace di assorbire completamente la luce e che scaldandosi generava energia e oscillazioni in perfetto equilibrio termodinamico. La classificazione di queste oscillazioni costrinse Planck a quello che lui stesso considerò “un atto di profonda disperazione”. In sostanza si accorse che, contrariamente a quanto fino a quel momento quasi tutti i fisici del mondo ritenevano assodato, l’energia non “fluiva” continua come acqua da un rubinetto, nei processi, ma l’unico modo per poterla determinare era considerarla distribuita in “pacchetti indivisibili”, che lui tra lo stupito e lo sconvolto, denominò quanti (dal latino quantum, quantità). Viene da chiedersi il perché di tanto sconvolgimento, in fondo, detto così sembra che io stia affermando che l’acqua di questo ipotetico rubinetto stia uscendo a spruzzi invece che uniforme, una cosa che può tranquillamente capitare senza che nessuno ne rimanga sorpreso. La questione è leggermente più complessa, nel mondo delle energie. Proviamo con un esempio: Ettore sta attraversando la porta, è un bel ragazzo alto e vestito di jeans e maglietta; siamo tutti d’accordo sulla sua “indivisibilità”, giusto? Ok, se voi foste stati Planck, quella notte del 1900, avreste visto Ettore entrare nella stanza… Un pezzo alla volta ma comunque integro nella sua umanità! Immaginiamo, con molta fantasia, la bocca di Ettore salutare, fluttuante, prima di essere raggiunta dal volto, mentre avanza verso di noi. In pratica pacchetti di Ettore che si muovono senza che esso ne abbia a subire le conseguenze di questa apparente mutilazione.

Disintegrazione della persistenza della memoria

3 – “Disintegrazione della persistenza della memoria” di Salvador Dalí (1952-54). L’artista, impressionato dalle nuove frontiere della scienza, (note) reinterpretò la propria celebre opera del 1931 “La persistenza della memoria” scomponendo parte della scena in “pacchetti”. (fair use)

Max Planck nel 1933

4 – Max Planck nel 1933 (Commons)

La risoluzione della distribuzione elettromagnetica dell’energia di cui Planck si stava occupando gli fece stabilire una costante, h (pari a 6,626×10 -34Js), come approssimazione minima, ma inviolabile, delle caratteristiche del mondo microscopico. In pratica la costante di Planck rese energia, impulso e momento angolare (ossia i parametri di definizione delle particelle subatomiche) quantità multiple (riprendendo Ettore a pezzi di poco prima: bocca, mani, piedi ecc. in sequenza) e mai valori finiti (Ettore intero come un qualsiasi essere umano). Non c’è quindi un fluire costante di energia elettromagnetica definito ma una quantità di pacchetti indivisibili che lo compongono. Agli inizi del ‘900 si era certi dell’esistenza dell’atomo, ora era stata aperta la via per la scoperta e la classificazione dei suoi elementi costitutivi. Le particelle componenti gli atomi e il mondo dell’invisibile erano state dotate di un “vestito” attraverso il quale mostrarsi al mondo. La sensazionale scoperta scosse l’universo della fisica fin nelle sue fondamenta e il periodo che seguì i trent’anni successivi alla nascita della quantistica, fu uno dei più incredibili da un punto di vista scientifico. Menti passate alla storia si ritrovarono a dibattere, studiare, confrontarsi e scontrarsi in un clima di grande fermento e di stimoli altissimi. Einstein, Bohr, Lorentz, de Broglie, Planck, Rutherford, Heisenberg, Schrodinger, per citare qualche nome, personalità che fanno rizzare i peli sulle braccia solo a nominarle, tutti impegnati a cercare di capire l’incredibile mondo degli atomi. In pratica, “trovate” le particelle ora si era in grado di descriverne le azioni e se aver scoperto i quanti ebbe dell’incredibile, quelli che divennero i principi della meccanica quantistica lasciano ancora oggi sbalorditi.

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5 – Rappresentazione del dualismo onda-particella

L’introduzione ai principi specifici necessita della rinuncia a qualsiasi tentativo ontologico di comprensione. Sono dei dogmi scientifici su cui soffermarsi cercando una logica è improduttivo. Osserviamo subito il primo aspetto sconcertante: il paradossale rapporto dualistico onda-corpuscolo che contraddistingue le particelle. Gli esperimenti dimostrano che esse sono sia onda di energia che corpo puntiforme dotato di massa. Ettore versione particella in questo momento sarebbe un ologramma a cui si potrebbe stringere la mano, sentendone bene la stretta. Ossia un’immagine (la parte “energia” dell’esempio) ma anche un corpo solido. L’osservazione sperimentale però permette di rilevare solo una delle due forme alla volta, fenomeno questo chiamato Principio di Complementarietà sviluppato da Niels Bohr (1885-1962) e che afferma, in breve, che interagire con le particelle pone fine al loro stato mostrando, all’occasione uno e uno soltanto dei due aspetti.

Werner Heisenberg e Niels Bohr (Fermilab, U.S. Department of Energy)

6 – Werner Heisenberg e Niels Bohr (Fermilab)

Questo ci introduce al secondo principio fondamentale, quello di Indeterminazione di Heisenberg: essendo l’interazione sperimentale in laboratorio “invasiva” la precisione dei valori osservati non sarà mai infinita ma tenderà a diminuire proporzionalmente in uno dei risultati rispetto agli altri: in pratica se volessimo calcolare la posizione di una particella perderemmo informazioni sulla sua quantità di moto e viceversa. Il mondo subatomico ci è precluso nella sua interezza. Torniamo a utilizzare Ettore: gli chiederemo di camminare sopra un asse di legno, poi, bendatici gli occhi andiamo a fare qualche rilevamento: per sapere dove si trova esattamente al tempo X possiamo solo toccarlo, essendo bendati, facendo ciò, però, modificheremo la sua velocità (dovrà rallentare per non cadere giù dall’asse mentre con le mani lo tastiamo) e quindi avremo come dato certo solo la sua posizione. Al contrario se volessimo sapere la sua velocità saremmo costretti a percepire lo spostamento d’aria o il rumore sequenziale dei suoi passi riuscendo a compiere calcoli esatti, con un po’ di attenzione ma trovandoci tra le mani solo una serie di probabili posizioni in cui Ettore si trovava nello spazio di tempo ΔX in cui abbiamo rilevato matematicamente la sua velocità. Con le particelle funziona esattamente così. L’ultimo fenomeno che non possiamo tralasciare è l’entanglement (intreccio) che afferma che lo stato quantico di due sistemi è indissolubilmente legato allo stato di ciascun singolo sistema indipendentemente dalla distanza che intercorre fra essi, e qualunque valore osservabile uno dei due manifesterà l’altro sarà uguale ed opposto. Con un esempio cercherò di essere più chiaro: Ettore e Enrico (il suo corrispondente entangled per questo esempio, in onore di Fermi) sono legati nell’ipotetico sistema denominato “campo da calcio”, in cui essi sono collocati uno per porta e un muro di tre metri a centro campo impedisce loro di guardarsi e parlarsi. Qualunque movimento Ettore compirà, Enrico contemporaneamente lo imiterà in senso opposto, senza nessun tipo di comunicazione diretta (voce, vista, aiuto esterno) e c’è di più: la grandezza del campo da calcio potrebbe aumentare fino alle dimensioni di una galassia senza alcuna influenza sul fenomeno, purché restino validi i parametri del sistema “campo da calcio” a cui li abbiamo associati. Einstein ne fu così raccapricciato che dal momento in cui ne venne a conoscenza tentò di confutarne l’esistenza introducendo il concetto di variabili nascoste, ossia spiegazioni che al momento sfuggivano ai ricercatori costringendoli ad ammettere gli sconcertanti teoremi della meccanica quantistica, (famoso è l’esperimento mentale chiamato EPR dai nomi dei fisici Einstein, Podolski e Rosen). Non riuscirà nell’intento, venendo smentito nella teoria da Bell, negli anni ’60 e dalle prove sperimentali negli ultimi anni del XX secolo. Ad oggi l’entanglement è stato dimostrato in diverse occasioni ed è alla base dei futuri computer quantistici.

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Solvay_conference_1927

7 – I “padri” della meccanica quantisitca: foto di gruppo dei 29 scienziati partecipanti alla V Conferenza di Solvay del 1927 presso l’Institut International de Physique Solvay in Leopold Park. Fu la più alta concentrazione di premi Nobel in un singolo luogo mai verificatasi.
In prima fila (dal basso) da sinistra: Irving Langmuir (Nobel per la chimica 1932), Max Planck (Nobel per la fisica 1918), Marie Skłodowska-Curie (Nobel per la fisica 1903 e per la chimica 1911), Hendrik Antoon Lorentz (Nobel per la fisica 1902), Albert Einstein (Nobel per la fisica 1921), Paul Langevin, Charles-Eugène Guye, Charles Thomson Rees Wilson (Nobel per la fisica 1927), Owen Willans Richardson (Nobel per la fisica 1928).
In seconda fila da sinistra: Peter Debye (Nobel per la chimica 1936), Martin Knudsen, William Lawrence Bragg (Nobel per la fisica 1915), Hans Kramers, Paul A.M. Dirac (Nobel per la fisica 1933), Arthur Compton (Nobel per la fisica nel 1927), Louis de Broglie (Nobel per la fisica (1929), Max Born (Nobel per la fisica 1954), Niels Bohr (Nobel per la fisica 1922).
In terza fila (in alto) da sinistra: Auguste Piccard, Émile Henriot, Paul Ehrenfest, Edouard Herzen, Théophile de Donder, Erwin Schrödinger (Nobel per la fisica 1933), Jules-Émile Verschaffelt, Wolfgang Pauli (Nobel per la fisica 1945), Werner Heisenberg (Nobel per la fisica 1932), Ralph H. Fowler, Léon Brillouin.

Note:

Bibliografia e fonti:

  • Kumar, Manjit. Quantum: da Einstein a Bohr, la teoria dei quanti, una nuova idea della realtà. Milano: Mondadori, 2010.
  • Rossetti, Cesare. Rudimenti di meccanica quantistica. Torino: Levrotto & Bella, 2011.

Immagini

  1. rappresentazione artistica © Silvio Dell’Acqua
  2. Brews ohare, 2012 [CC-BY-SA-3.0] Commons
  3. Salvador Dalí, 1952-1954. Fair use via Wikipaintings
  4. [PD] Smitshonian Library
  5. Maschen, [PD] Commons
  6. [PD] Fermilab
  7. 1927 [PD] Commons