Un colpo di genio: la maschera di V for Vendetta

In Dal mondo di Alessio Lisi

Il web ne è invaso. La maschera di Guy Fawkes, utilizzata dal protagonista di V for Vendetta, continua a imperversare in tutto il mondo occidentale. Come ha giustamente osservato Luigi Bernardi in una prefazione alla traduzione italiana del fumetto:

…è un fenomeno contraddittorio, legato a quello stesso mercato al quale giura di distaccarsi. Ma è un fenomeno con il quale ognuno è chiamato a fare i conti, indipendentemente dalla causa che l’ha originato. Volente o volente, nel rispetto o meno della volontà del suo autore, di un fumetto politico non si possono stabilire i limiti… 
Enrique Dans CC-BY-2.0

Enrique Dans/Commons [CC-BY 2.0]

Al di là dell’attuale moda però una cosa è certa: aver scelto il volto stilizzato di Guy Fawkes per identificare il protagonista è un colpo di genio. Come sono arrivati gli autori Alan Moore e David Lloyd a Guy Fawkes? È lo stesso Moore a spiegarlo, in perfetto umorismo inglese, in un divertente articolo pubblicato sul nº17 di Warrior Magazine in occasione della prima pubblicazione di V for vendetta nel 1983. Alan Moore nel 1975, all’età di 22 anni, inviò ad un concorso per la D.C. Thomson la sceneggiatura di un anomalo terrorista, chiamato “The Doll”, che col volto truccato di bianco lottava contro uno stato totalitario attorno alla fine degli anni ‘80. L’idea fu bocciata e Moore l’archiviò senza tanti complimenti. Nel 1982 Dez Skinn lanciò una nuova rivista, Warrior Magazine per l’appunto, e chiese al disegnatore David Lloyd di creare una nuova serie mystery ambientata negli anni ’30. Lloyd accettò la serie ma pensò di ingaggiare Moore per la sceneggiatura. I due autori iniziarono un intenso scambio epistolare e telefonico ma nel ribollire di idee nessuna prendeva forma in maniera compiuta. Le prime idee erano incentrate su un fumetto d’avventura pulp. Moore propose un personaggio chiamato “Vendetta” che si sarebbe mosso tra i gangster e un mondo anni ’30 per il quale era necessario della «buona e solida ricerca». Stando alle parole di Moore Lloyd era stanco di fare tanta buona e solida ricerca e minacciò di mangiarsi un braccio se gli fosse toccato di disegnare ancora delle auto Dusenberger del 1928. Moore propose così di conservare la traccia dell’avventura pulp ma anziché ambientarla in un passato relativamente vicino la si sarebbe ambientata in vicino futuro. L’idea piacque sia a Skinn sia a Lloyd e almeno il punto del contesto storico fu smarcato. Il passo successivo fu la creazione del personaggio principale e dell’ambientazione. Volendo creare un prodotto tipicamente britannico che si differenziasse da quelli americani, Moore pensò di proseguire nella tradizione dei futuri “distopici” di autori britannici come Orwell e Huxley, rispolverando così la vecchia idea di “The Doll”: un eroe in lotta contro un regime totalitario. Moore stilò una lunga lista di concetti ma senza raggiungere un risultato concreto. In questa confusione creativa Moore abbandonò anche l’idea del nome “Vendetta” per il personaggio per impantanarsi in tanti altri nomi tra cui, dimenticabile a suo dire, “L’Asso dell’Oscurità”. Il nome non era ancora stato scelto ma almeno gli autori avevano concordato quale fosse l’ambientazione da cui partire. Un importante svolta si ebbe quando Dez chiamò i due e li informò che parlando con il suo socio avevano trovato un titolo perfetto per la storia: V for Vendetta. L’idea piacque molto a Moore e Lloyd e da quel nome presero molti spunti per la storia. Rimaneva però un grosso problema: come raffigurare il protagonista? Per quanto si sforzassero i due rimanevano impantanati in cliché da supereroi che non volevano assolutamente adottare. Moore racconta che in una poco comprensibile, per via della pessima grafia, lettera Lloyd scrive:

«Oggetto. La sceneggiatura: mentre scrivevo queste righe, ho avuto un’idea sull’eroe, che è un po’ ridondante ora che abbiamo [parte illeggibile] ma ciò nonostante… stavo pensando, perché non lo ritraiamo come un resuscitato Guy Fawkes completo di una di quelle maschere di cartapesta, con tanto di mantello e cappello a cono? Avrebbe un’aria davvero bizzarra e darebbe a Guy Fawkes l’immagine che si è meritato in tutti questi anni. Non dovremmo bruciare quel tizio ogni 5 Novembre, dovremmo festeggiare il suo tentativo di far saltare in aria il Parlamento

Fu il colpo di genio. Moore pensò che Lloyd fosse meno sano di mente di quel che riteneva e allo stesso tempo che quella fosse l’idea migliore che avesse mai sentito. In effetti è difficile comprendere per chi non è inglese la portata di quella idea: sono tre secoli che in Inghilterra si festeggia il fallito complotto delle polveri e in cui ogni 5 novembre vengono bruciati fantocci coi tratti di Guy Fawkes e sparati fuochi d’artificio per ricordare l’evento (→Guy Fawkes). Nell’irriconoscibile Inghilterra che i due immaginavano l’antieroe sarebbe risorto in una nuova luce, questa volta a differenza della storia reale, positiva. Ovviamente per gli autori le difficoltà non finirono lì. Lloyd propose a Moore di eliminare gli effetti sonori e di non usare mai i balloon con i pensieri; Moore ne era affascinato e allo stesso tempo preoccupato perché non sapeva come caratterizzare i personaggi senza quei balloon. Moore alla fine accettò la sfida e anzi rilanciò che avrebbe eliminato anche qualsiasi didascalia: il fumetto si sarebbe basato interamente su immagini e dialoghi (e monologhi). Anche il resto dell’opera fu ideata grazie ad un intenso scambio di idee dei due autori che si sono così influenzati a vicenda. Il risultato è semplicemente una pietra miliare.

Londra, 5 novembre 2014: manifestanti indossano la maschera di “V for Vendetta” durante la Million Mask March (Anadolu Agency/Getty Images)